Sixty five.

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Federico quella notte era riuscito a conciliare il sonno, come non faceva da un po' di tempo a quella parte, come non faceva da quando non dormiva più stringendo il corpo del più grande al suo.
Il giorno precedente era stato per il più piccolo tanto duro, aveva definitivamente chiuso con quello che considerava il grande amore della sua vita, questo gli aveva detto delle cose che mai, neppure nei suoi peggiori incubi, aveva immaginato potesse dirgli Benjamin, Benjamin, lo stesso ragazzo con cui aveva condiviso alcuni dei suoi momenti migliori, a cui aveva detto regalato il suo cuore, lo stesso ragazzo a cui aveva detto ti amo e per la prima volta lo aveva sentito davvero, anche se era stato costretto a dirgli il contrario solo per poterlo allontanare, per evitare di soffrire.
Quel giorno stesso, però, Federico aveva incontrato la sua possibilità di essere di nuovo felice, di dimenticare il moro, di ricominciare tutto da capo, Federico aveva incontrato la sua possibilità di rinascere e questa possibilità aveva un nome, si chiamava Justin, quando però lo guardava, nonostante lo conoscesse da mezza giornata, non poteva fare a meno di chiedersi se lo stesse solo prendendo in giro, l'aveva baciato senza sapere poco e niente di lui, lo aveva invitato nella sua stanza del motel e aveva passato la notte con lui, eppure non aveva fatto altro che pensare a Benjamin.
Federico stava solo illudendo Justin?

I caotici rumori provenienti dalla strada, poco distante dal motel, svegliarono il ragazzo dai capelli biondi, assorto in un pacifico sonno, che strinse gli occhi e mugolò qualcosa privo di senso, prima che i suoi occhi azzurri, e anche assonnati, si aprissero e mettessero a fuoco la stanza dove si trovava, per un momento si ritrovò a sperare di vedere le familiari tende viola della stanza di Benjamin, le stesse che piacevano tanto al ragazzo, e di trovare il corpo atletico del più grande stretto al suo per infondergli calore nonostante la primavera avesse fatto alzare le temperature, per un momento, Federico, si ritrovò a sperare che quella che era stata la sua vita, seppur per un breve periodo, fosse tornato a prenderlo e quei giorni fossero stati solo un brutto sogno.
-"Buongiorno, dolcezza." Sussurrò una voce al fianco del minore, prima che questo si sporgesse in avanti per lasciargli un bacio sulla guancia.
Quella voce però non era di Benjamin.
Federico sorrise debolmente e si voltò verso il ragazzo.
-"Buongiorno a te, Justin." Rispose con la voce ancora impastata di sonno.
-"Io ti chiamo dolcezza e tu mi chiami solo Justin?" Chiese il castano e finse di mettere su un broncio che fece sorridere il minore. "Non è giusto così!" Aggiunse usando un finto tono offeso.
Il più piccolo si lasciò andare ad una breve risata e, con il palmo della mano, accarezzò la guancia liscia del ragazzo.
-"Sei adorabile." Disse e gli sorride ampiamente. "Sei davvero adorabile." Aggiunse e si sporse in avanti per lasciargli un bacio sulla punta del naso.
-"E questo dovrebbe essere un modo per farti perdonare?" Chiese Justin e inarcò un sopracciglio.
-"Proviamo così." Sussurrò il biondo, gli circondò i fianchi con le braccia e lo attirò a lui per baciarlo.

-"Questo è un buon modo per farti perdonare." Disse Justin, dopo aver interrotto il loro bacio. "Ti dispiace se vado a fare una doccia?" Gli chiese e si mise a sedere al centro del letto.
Il biondo scosse la testa, mentre lo guardava dal basso.
-"Non mi dispiace ma prima voglio chiederti scusa." Rispose.
-"Per cosa?"
-"Ti ho fatto venire qui, ti ho fatto credere che tra di noi sarebbe successo qualcosa e poi mi sono tirato indietro all'ultimo momento." Spiegò Federico e abbassò lo sguardo sulle lenzuola lilla. "Mi dispiace davvero tanto." Borbottò.
Il castano gli mise due dita sotto al mento, gli alzò il viso e gli sorrise.
-"Va tutto bene, Federico, quando ti sentirai pronto succederà." Gli disse. "E ora vado a fare una doccia!" Esclamò e balzò giù dal letto, facendo ridere il minore.

Federico, di malavoglia, si era appena alzato dal letto quando qualcuno bussò freneticamente alla porta della sua stanza, quasi come se volesse buttarla giù, e il più piccolo aggrottò la fronte.
-"Arrivo, arrivo!" Esclamò il minore notando l'insistenza di chi stava all'altro lato della porta e si diresse, a passi veloci, verso la porta. "Eccomi!" Aggiunse e aprì la porta.
Se solo non si fosse retto alla porta, Federico, sarebbe crollato sul pavimento freddo della sua stanza del motel, la bocca spalancata e gli occhi sgranati, il suo viso aveva perso ogni colore e dentro di lui si stava svolgendo una guerra tra il sorridere e saltargli addosso o urlargli contro le cose peggiori che poteva pensare prima di chiudere la porta e non riaprirla mai più.
-"Ciao, fiorellino."
Quello fu per il minore il colpo di grazia, dentro di lui qualcosa scattò e lui lasciò che tutta la sua ira esplodesse.
-"Fiorellino?!" Urlò Federico. "Hai ancora il coraggio di chiamarmi fiorellino, Benjamin?!"
-"Non urlare, per favore..." Sussurrò il moro, pur sapendo che era dalla parte del torto, e abbassò il capo incapace di reggere lo sguardo colmo di rabbia dell'altro. "L- lascia che ti spieghi..." Balbettò.
-"Che cosa devi spiegarmi Benjamin, che cosa?!
Che mi hai accusato di tradirti?!" Continuò ad urlare il più piccolo. "Vuoi spiegarmi perché sei uno stronzo?!"
-"Federico, chiudi per un momento quella bocca e ascoltami!" Urlò Benjamin, sorprendendo l'altro. "So che è stata Vanessa a dirti, o meglio consigliarmi, di lasciarmi e che ti ha detto tante cose brutte su di me ma ti giuro che non sono vero, o almeno non sono come le racconta lei." Disse.
-"Vuoi dirmi che non stai facendo un patto con il signor Lee, perché davvero potrebbe rovinarti, e che questo accordo prevede il mio licenziamento?" Chiese il biondo.
-"È quello che voleva il signor Lee ma io non ho accettato, non accetterai mai." Rispose il più grande. "Fin dal primo incontro ho ribadito questa condizione e lui, pian piano, sembra che lo stia accettando anche grazie ad Alexander." Gli spiegò.
-"Ecco, parliamo di Alexander." Replicò Federico e incrociò le braccia al petto. "È bravo a letto?
Vi divertite?"
-"Io e lui non stiamo insieme, anzi." Rispose il moro. "Io e lui ci conosciamo dalle elementari, è come una sorta di cugino per me, in questo ultimo periodo ci siamo allontanati perché lui si era trasferito ad Atlanta ma ora stiamo recuperando i rapporti, anche grazie al signor Lee." Raccontò il ragazzo.
Il più piccolo voleva replicare, fargli pesare le sue bugie ma non ci riuscì, le spiegazioni del moro avevano perfettamente senso e in cuor suo sapeva che il ragazzo stava dicendo la verità.
-"Perché mi hai tenuto all'oscuro di tutto, allora?" Chiese e lasciò cadere le sue braccia sui suoi fianchi.
-"Perché non volevo che tu ti sentissi responsabile per i problemi in azienda, che non prendessi decisioni affrettate.
Volevo proteggerti." Disse Benjamin e gli prese il viso tra le mani. "Io ti amo, Federico, e mi dispiace per quello che ti ho detto ieri ma ero furioso, non riuscivo a capire perché mi avessi lasciato.
Io ti amo e dico sul serio, non voglio vivere neppure un giorno separato da te.
Ti amo, fiorellino." Concluse e prima che l'altro potesse replicare, fece unire le loro labbra.
Com'era giusto che fosse.

Terminal || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora