Four.

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Benjamin Brian Mascolo, un nome noto a tanti ma in quanti lo conoscevano davvero?
Quanti lo avevano davvero visto e non si erano fermati alle foto che qualche giornale, alla sola ricerca di notizie che potessero fruttargli più vendite, aveva pubblicato di lui?
Benjamin era un ragazzo poco più che ventenne, a capo di una grande azienda che gli fruttava non pochi guadagni, viveva la sua vita tra il lavoro è una vita di cui, il pubblico, non sapeva nulla se non ciò che lui decideva di condividere ma nessuno aveva la certezza che quella fosse la realtà, all'apparenza sembrava un ragazzo che dalla vita aveva ricevuto tutto ma qualcuno si era mai fermato a chiedergli che cosa significasse per lui avere tutto?
La grande azienda di cui era a capo, era stata per lui un'eredità non richiesta, qualcosa che sapeva non gli avrebbe portato alcun vantaggio, e i tanti lussi che poteva permettersi per lui non rappresentavano la felicità, ma quando gli era stata affidata aveva deciso di prendertene cura al meglio, di mettere anima e cuore e, dopo vari anni, era finito per lasciarlo tra quelle stanze ben curate e per lui non aveva più nulla, quell'azienda lo aveva costretto a crescere in fretta e della vita che conduceva prima gli restavano solo lontani ricordi.
Benjamin non era più il ragazzo di qualche anno prima, era cresciuto ed era cambiato, come il mondo gli chiedeva.

Gli occhi azzurri di Federico si aprirono a fatica quella mattina, incontrarono il sole che sorgeva esitante tra i grattacieli di New York e un piccolo sorriso comparve sul suo viso stanco, i ricordi del giorno precedente riaffiorarono nella sua mente invasa da pensieri.
Se avesse dovuto scegliere un aggettivo per descrivere il suo arrivo nella grande mela, il giovane dai capelli biondi, avrebbe scelto 'affollato', ovunque andasse trovava decine e decine di persone che gli rendevano impossibile rilassarsi anche solo per un secondo, soprattutto per lui che aveva sempre odiato i posti affollati.
Il suo incontro con Benjamin invece era stato strano, un giovane della sua stessa età, vestito di tutto punto, che era andato a prenderlo con una limousine solo per dirgli che poteva rispedirlo da dove era venuto in pochi istanti, lo stesso ragazzo che gli aveva detto che da solo poteva cambiare il mondo e che credeva in lui prima di metterlo nuovamente alla prova, trovava interessante il modo di fare del moro ma sapeva di dover stare molto attento, in fondo era vera, poteva spedirlo da dove era venuto con una sola parola e lui sarebbe ritornato alla sua vecchia vita.
Il giorno precedente per lui era stato abbastanza intenso, il suo nuovo capo gli aveva affibbiato un suo collaboratore affinché questo gli facesse conoscere ogni centimetro, e uso, di quella impresa e si era rivelata essere più grande di quanto il giovane pensasse, a fine serata le sue gambe gli chiedevano pietà ma si sentiva soddisfatto, stava dando una vera svolta alla sua vita e sapeva che ne valeva la pena.

Il traffico devastante di New York aveva colto impreparato il giovane Federico che mai avrebbe creduto potesse esserci tanta gente in una strada e non credeva neanche che una strada potesse essere tanto grande, quella mattina il giovane aveva deciso di recarsi a lavoro senza alcun tipo di mezzo di trasporto, voleva bearsi di quelle meraviglie che quella città aveva da offrigli e solo uno squillo trillante del suo cellulare riuscì a fargli capire quanto madornale fosse stato quell'errore.
-"Pronto?" La voce di Federico sembrava poco interessata alla conversazione, neppure si era preso la briga di leggere il nome di chi lo stesse chiamando, mentre guardava incantato i grattacieli che si innalzavano davanti a lui.
-"Rossi dove cazzo sei?!" Urlò la voce dall'altro capo del telefono.
Federico sobbalzò per lo spavento, non riuscì a trattenere un piccolo grido di spavento, e il caffè che stringeva tra le mani cadde sull'asfalto grigio.
-"B- Benjamin..." Balbettò il biondo e iniziò a giocherellare nervosamente con la cintura del suo cappotto nero. "S- sono per strada, p- perché?" Chiese esitante.
-"E hai anche il coraggio di chiedermi il perché?!" Urlò Benjamin. "Dovevi essere qui cinque minuti fa, qualsiasi cosa tu stia facendo ti voglio qui tra tre minuti o puoi ritenerti licenziato!" Continuò ad urlare il ragazzo e, il minore, poté giurare di averlo sentito sbattere la mano sulla scrivania.
-"M- mi dispiace..." Continuò a balbettare il più piccolo e iniziò a camminare ritmicamente tra le strade affollate. "Sarò lì tra pochi minuti, mi dispiace tantissimo Benjamin, tantissimo!" Si scusò e pregò affinché l'altro decidesse di perdonarlo.
Il moro, dall'altro capo del telefono, sospirò.
-"Per te sono il signor Mascolo." Fu tutto ciò che disse prima di chiudere la telefonata.

Il cappotto che copriva il busto del minore era diventato decisamente di troppo, la corsa che il ragazzo aveva dovuto fare per arrivare al suo luogo di lavoro aveva decisamente alzato la sua temperatura corporea, il suo volto era tinto di una sfumatura intensa di rosso, l'aria sembrava non voler raggiungere i suoi polmoni e il giovane temette davvero di poter stramazzare al suolo da un momento all'altro, proprio sul bel tappeto rosso che decorava l'ingresso all'edificio di proprietà di Benjamin.
-"Alla buon ora!"
Una voce che lui aveva imparato a conoscere riecheggiò nella grande sala d'ingresso, non troppo affollata rispetto al giorno precedente, e tutti i presenti si voltarono a guardarlo, i tacchetti delle sue scarpe stringate nere risuonavano leggeri sul pavimento rivestito, Federico alzò la testa, ancora in preda all'affanno, per guardarlo e fu felice di notare che la sua espressione non era furiosa quanto invece immaginava.
-"M- mi dispiace tanto..." Si scusò nuovamente Federico e cercò di mostrarsi al meglio, nonostante la corsa appena fatta continuasse ad avere i suoi effetti su di lui. "Non volevo tardare, stavo guardando la città e io... e io non ho fatto caso all'orario.
Mi dispiace tantissimo, le giuro che non accadrà mai più, glielo giuro!" Continuò a scusarsi mentre gesticolava nervosamente con le mani sudate.
L'attenzione di tutti i presenti era rivolta su loro due e, Federico, avrebbe giurato che qualcuno stava ridendo, stava ridendo di lui e della sua goffaggine, la sua vita in quel posto non sarebbe stata affatto facile.
-"Devo ripeterti che questo mondo non ha bisogno delle tue scuse ma delle azioni che compi?" Disse Benjamin e inarcò un sopracciglio. "E bevi un po' d'acqua, non voglio un cadavere all'ingresso della mia azienda.
Ti aspetto tra cinque minuti nel mio ufficio." Aggiunse prima di girare i tacchi e andare via.

Federico aveva faticato per non perdersi tra quella moltitudine di stanze, nonostante il giorno precedente avesse visitato quel posto da cima a fondo ancora non ricordava dove fossero disposte le stanze e neanche dove fosse l'ufficio del moro.
Una volta trovata la grande porta che, il giorno precedente, tanto lo aveva colpito, con mano esitante bussò e attese che l'altro gli concedesse il permesso di entrare.
-"Entra Federico."
La voce di Benjamin risuonò più calma di quanto poco prima non fosse e il minore rimase sorpreso nel sentirsi chiamare.
-"Buongiorno." Fu tutto ciò che Federico riuscì a dire una volta entrato nella stanza, stringeva al petto, ancora coperto dal cappotto, una cartellina che il maggiore gli aveva dato prima che andasse via il giorno prima.
-"Accomodati." Gli disse il moro e indicò, con una mano, il divano in pelle, il giovane annuì e fece come gli era stato detto. "Il tuo inizio lavorativo è stato pessimo, lascia che te lo dica." Aggiunse e si alzò per raggiungerlo.
Il più piccolo, dispiaciuto, abbassò la testa e sospirò.
-"Mi dispiace..." Si ritrovò a sussurrare per l'ennesima volta in pochi minuti.
-"Alza la testa e non scusarti." Ordinò Benjamin e si posizionò davanti a lui. "Ora però avrai la tua occasione di rimediare, dovrai stare attento però." Aggiunse e si sedette sul tavolino davanti al ragazzo.
-"Che cosa posso fare?" Chiese il biondo e alzò il viso per guardare l'altro. "Sono disposto a tutto."
Un sorriso divertito si stampò sul volto del più grande che avvicinò, pericolosamente, il suo viso a quello dell'altro che si ritrovò ad arrossire e ad indietreggiare.
-"Proprio quello che volevo sentirti dire." Disse senza mai smettere di sorridere. "Andremo in città, ho alcune commissioni da compiere e mi serve il tuo aiuto, magari riuscirò anche a mostrarti queste bellezze che tu tanto vuoi vedere.
Devi dare il meglio di te, preparati biondino."

Terminal || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora