Thirty one.

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Federico si sentiva protetto, amato, dalle tante attenzioni che il più grande gli riservava e sapeva, lo sapeva con certezza, che quel comportamento era riservato solo a lui, nonostante non ne avesse la certezza, dentro di lui sapeva che Benjamin non si era mai comportato in quel modo con nessuno, nessuno per lui era mai stato abbastanza per meritare quel genere di comportamento, prima di quel momento tutte le persone che erano state nella vita del moro si erano rivelate essere solo di passaggio e lui non aveva mai cercato di fare nulla per trattenerle invece con Federico era diverso, Benjamin sentiva che per lui doveva lottare e questo lo invogliava a comportarsi in quel modo tanto speciale e tutto ciò non faceva altro che far sentire lusingato il più piccolo, a lui sarebbe piaciuto ricambiare in qualche modo, dargli le stesse attenzioni, ma l'altro sosteneva che era lui tra i due a fare di più e la convinzione con cui lo diceva finiva per fare credere anche a Federico che quella fosse la realtà.
Benjamin riusciva a convincere a Federico di tutto e, il biondo, non faceva nulla per impedirglielo.

La cena dei due ragazzi si era svolta in modo abbastanza tranquillo, durante il viaggio il più piccolo aveva rinunciato a fare domande all'altro su quale fosse la loro destinazione, aveva capito che era abbastanza inutile saperlo dato che lui conosceva ben pochi posti di quella città tanto grande e piena di vita, e una volta giunti al luogo scelto dal maggiore, Federico, si era ritrovato soddisfatto di non aver insistito, il posto era assolutamente perfetto e lui aveva più volte ringraziato Benjamin per tutto ciò che faceva per lui, si era stretto a lui e aveva lasciato che la serata fosse indimenticabile; ogni portata era stata scelta nei minimi dettagli da Benjamin, che aveva già progettato, e le tante carezze di queste avevano fatto dimenticare a Federico quanto difficile fosse stata la sua vita prima di conoscerlo, il ragazzo si sentiva fortunato, infinitamente fortunato ad avere Benjamin al suo fianco e non aveva alcuna attenzione di lasciarlo andare tanto presto.

Dopo la serata tanto bella e rilassante del giorno precedente, i due ragazzi, furono costretti a tornare alla loro solita routine quotidiana, Benjamin si era assentato per ben due giorni dall'azienda senza dare alcuna spiegazione ed era tanto il lavoro che aveva da fare, aveva bisogno anche di Federico al suo fianco e questo non aveva perso tempo nel fare tutto ciò che gli era possibile.
Quel lunedì mattina, a differenza del giorno precedente, era abbastanza nuvoloso e i colori della città erano coperti dal grigio pallore del cielo.
-"Benjamin sei sicuro di non aver dimenticato nulla?" Chiese Federico mentre chiudeva la portiera della macchina del maggiore.
Il moro alzò gli occhi al cielo e fece lo stesso.
-"No, Federico." Rispose. "Non ho dimenticato niente, per la centesima volta." Aggiunse e sospirò.
-"Eppure io ho la sensazione che sia così." Replicò il più piccolo e lo affiancò.
-"Mh, forse hai ragione." Disse Benjamin e lo spinse verso la macchina. "Ho dimenticato questo." Aggiunse e in men che non si dica le loro labbra si ritrovarono unite in un nuovo, magico e profondo bacio.

-"Quindi a lavoro per ora nessuno saprà di noi?" Chiese Federico mentre si dirigevano all'ingresso dell'azienda.
-"Preferisco così." Replicò il moro. "Tutti si aspettano che io sia mio padre e, almeno per ora, non voglio dargli motivi per spettegolare e per lavorare di meno.
Spero non ti sia offeso, piccolino." Continuò e rivolse un'occhiata colma d'affetto al minore.
-"Tranquillo, Ben." Rispose il più piccolo. "Anch'io preferisco, per ora, mantenere il segreto.
Ancora non sappiamo bene che cosa c'è tra di noi e se venisse a saperlo qualcuno finirebbe sicuramente male." Aggiunse.
-"Allora siamo d'accordo che a lavoro non dovranno esserci gesti d'affetto?" Chiese Benjamin. "O almeno non più di quelli che sono abituati a vedere." Precisò.
-"D'accordo."

Federico continuava a parlottare con Benjamin, che era di qualche passo dietro di lui, quando preso dalla distrazione andò a sbattere contro qualcosa, o meglio, qualcuno.
-"Attento a dove cammini nanetto!" Esclamò una voce che trasudava rabbia.
Lo sguardo cristallino del più piccolo si alzò e andò ad incontrare quello rabbioso di chi aveva appena parlato.
-"Evan." Disse e sbuffò annoiato. "Buongiorno anche a te." Aggiunse e indietreggiò di qualche passo.
-"Era un buongiorno prima che tu arrivassi." Rispose il ragazzo e incrociò le braccia al petto. "Che cosa ci fai qui?
Speravo che Benjamin ti avesse licenziato." Aggiunse.
-"Mi dispiace per te ma sono ancora qui."
-"Perché non te ne vai allora?!" Esclamò il ragazzo dai capelli ricci e aprì le braccia in modo teatrale. "Qui non servi a niente e a nessuno, sei solo d'intralcio anche a Benjamin.
Nessuno qui vuole più vederti!" Continuò.
Benjamin, che fino a quel momento era stato in silenzio ad osservare i due e di cui Evan aveva ignorato la presenza, si affiancò a loro e si schiarì la voce.
-"Se non ti va di vederlo, quella è la porta, Evan." Disse Benjamin e indicò l'ingresso poco distante da loro. "Nessuno ti costringe a restare qui e forse quello che mi è d'intralcio sei proprio tu." Continuò con tono serio.
-"Ma Benjamin, stavamo solo scherzando." Mentì Evan.
-"Johnson la volta scorsa ti ho detto che ti tenevo d'occhio e non mentivo.
Ti ho osservato in questi giorni e devo ammettere che sono rimasto deluso." Parlò il moro. "Sei licenziato, Evan." Disse e assottigliò gli occhi.
Un coro generale di sorpresa si innalzò tra i lavoratori che si trovavano lì mentre il volto di Evan perse ogni colore.
-"B- Benjamin..." Balbettò il ragazzo ma il maggiore gli impedì di proseguire.
-"Buona fortuna per il futuro, Evan." Disse prima di voltarsi. "E ricorda che sono il signor Mascolo." Aggiunse e si allontanò verso le scale.
-"Vieni Federico."

Federico stava attentamente osservando il viso dell'altro, nel tentativo di capire se fosse arrabbiato o meno, osservava i suoi occhi e sperava che si voltasse a guardarlo.
-"Grazie, Benjamin." Disse Federico, per interrompere quel silenzio, e si appoggiò alla parete dell'ascensore.
Lo sguardo del moro saettò sul minore e aggrottò la fronte.
-"Per cosa?" Chiese.
-"Per aver licenziato Evan, per avermi difeso." Spiegò il più piccolo e inclinò la testa da un lato.
-"Evan meritava quel licenziamento." Rispose Benjamin. "Tu invece non meritavi quel trattamento." Aggiunse e si avvicinò a lui.
-"Benjamin." Lo chiamò il biondo. "Credi che io sia solo d'intralcio?" Chiese.
Il più grande, per tutta risposta, si piazzò davanti a lui e gli accarezzò la guancia, prima di cingergli i fianchi con entrambe le braccia e di attirarlo al suo corpo per far unire le loro labbra.
Federico sorrise a quel contatto, sorrise nel sentire ancora una volta le labbra carnose di Benjamin sulle sue, allacciò le braccia dietro al collo del maggiore e lasciò che questo lo prendesse di peso e lo appoggiasse alla parete dell'ascensore; quel loro bacio, secondo dopo secondo, diventava sempre più profondo e i due si ritrovavano ad essere sempre più vicini, le mani del minore vagavano tra i capelli del moro, disordinandoglieli, mentre Benjamin lo stringeva a lui e gli faceva sistemare meglio le gambe sul suo bacino, continuava a mordicchiargli il labbro inferiore e si beava del suono dei mugolii dell'altro.
-"B- Benjamin..." Balbettò Federico affannato, interrompendo quel contatto. "Non avevi detto che a lavoro non dovevano esserci gesti d'affetto?" Chiese sorridente e gli toccò la punta del naso con il dito.
-"Ora non stiamo lavorando." Si limitò a rispondere Benjamin prima di far unire nuovamente le loro labbra.

Terminal || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora