Eleven.

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La serata precedente, per i due giovani, si era rivelata un vero e proprio successo, nonostante nessuno dei due avesse prestato troppa attenzione al film che stavano vedendo non si erano annoiati neppure per un minuto, tutti coloro con cui condividevano la sala erano scomparsi, anche il grande schermo era scomparso, ed erano rimasti solo loro con le loro chiacchiere e i loro sorrisi che si stavano dedicando anche se inconsapevolmente.
Una volta fuori dalla grande sala cinematografica, Benjamin e Federico decisero di continuare quella loro serata che era iniziata tanto bene, nella speranza che continuasse nello stesso modo, e si recarono verso un pub poco distante dal cinema, qui persero delle ore a parlare del più e del meno, niente discorsi importanti, nessuno dei due era lì per pensare a quanto difficile e malvagio potesse essere il mondo in cui vivevano, volevano solo divertirsi, parlarono di loro e finirono per dimenticarsi tutto, non c'era più il Benjamin ricco imprenditore a capo di una grossa azienda, non c'era neanche il Federico segretario in prova del ricco imprenditore, c'erano solo Benjamin e Federico, due ragazzi che avevano scoperto di stare bene l'uno in compagnia dell'altro e volevano donarsi il piacere di stare insieme, volevano concedersi l'opportunità di conoscersi meglio, passando del tempo insieme dove tutto ciò di cui si doveva parlare erano solo loro, erano loro i protagonisti.

Quella Domenica era particolarmente soleggiata, per un momento i cittadini newyorkesi sembrarono dimenticare che fosse ancora gennaio e quindi pieno inverno, tra le strade tanti erano i volti sorridenti che si aggiravano, quella città sembrava non dormire mai e con il suo ritmo continuo travolgeva chiunque, turisti e nuovi arrivati compresi.
Federico, sveglio solo da poche ore è abbastanza annoiato, se ne stava seduto sul letto, dove le coperte verdi penzolavano un po' da ogni lato, e continuava a cambiare canale, nulla sembrava stimolare il suo interesse, mentre continuava a sbadigliare annoiato.
-"Che noia." Sbuffò Federico e lanciò una rapida occhiata all'orologio appeso alla sua destra. "Sono solo le quattro, che cosa farò per il resto della giornata?!" Si chiese e sperò che qualcuno gli desse una risposta.
Così accadde.
La suoneria del più piccolo, la classica marimba già impostata, si diffuse nella stanza tinta di bianco e verde e il ragazzo, con fare annoiato, prese il suo iPhone, lasciato poco prima sul mobile accanto al letto, senza prestare troppa attenzione a chi lo stesse chiamando trascinò il dito sulla cornetta verde e si portò l'apparecchio all'orecchio.
-"Pronto?" La sua voce apparve poco chiara perché interrotta dall'ennesimo sbadiglio.
-"A quanto pare ti stai divertendo molto in questa soleggiata domenica." Disse la voce all'altro capo del telefono. "E poi è questo il modo di rispondere al tuo capo, Rossi?" Continuò.
Il minore sobbalzò e si sistemò nel grande letto, dimenticando che il ragazzo all'altro capo del telefono non poteva vederlo.
-"Benjamin!" Esclamò.
-"Proprio io." Rispose il moro mentre continuava a camminare e a sorridere. "Ti disturbo?" Chiese.
-"No, certo che no!" Si affrettò a rispondere il più piccolo. "È successo qualcosa?
Problemi al lavoro?" Continuò a chiedere.
-"È domenica, il lavoro è l'ultimo dei miei problemi." Replicò Benjamin. "Qualcosa però è successo, a casa mi annoiavo quindi sono venuto a fare una passeggiata a Central park e ho pensato che con te sarebbe stato più divertente." Continuò a parlare il giovane, senza che l'altro gli chiedesse alcunché.
Il biondo lottò contro se stesso per reprimere un sorriso e non gli dispiacque uscirne perdente.
-"Benjamin mi stai chiedendo di fare una passeggiata con te?" Chiese raggiante.
-"Se ne hai voglia, ovviamente."
-"Certo, certo che ne ho voglia!" Esclamò Federico ma subito dopo il suo sguardo ricadde sui suoi abiti. "C'è un problema però..." Sussurrò.
-"Che cosa c'è?"
-"Sono vestito malissimo e impiegherei molto tempo a cambiarmi, non voglio farti aspettare quindi non so come preferisci..." Il più piccolo ormai stava blaterando senza alcuna sosta e venne interrotto solo dalla risata cristallina dell'altro.
-"Prima cosa, non ti ho mai visto vestito bene." Replicò Benjamin ancora sorridente. "Seconda cosa, non andiamo mica sulla luna, è solo una passeggiata al parco e di sicuro c'è gente vestita peggio di te.
Ti aspetto tra quindici minuti all'ingresso, non fare tardi."

Federico, mentre lottava con i suoi capelli che gli ricadevano davanti agli occhi, aveva corso il più possibile tra quelle strade che per lui erano ancora sconosciute, per raggiungere nel minore tempo possibile il parco dove il moro lo aspettava, nonostante le tante indicazioni ricevute però per lui non era stato tanto semplice raggiungere il luogo dell'incontro, aveva un pessimo senso dell'orientamento e solo per pura fortuna, e grazie ad un signore che si era offerto di accompagnarlo essendo diretto lì, riuscì a raggiungere central park ma capì che tutti i suoi sforzi erano stati ripagati quando vide Benjamin, bello come il sole nel suo skinny jeans dal colore blu, ad attenderlo fuori dall'ingresso.
-"Benjamin!" Esclamò Federico e si sbracciò affinché l'altro lo vedesse.
Il moro, dopo averlo visto, sorrise e spintonò dei passanti per raggiungerlo.
-"Sei stato puntuale, complimenti." Gli disse. "Non me l'aspettavo, devo ammetterlo." Aggiunse e finse un'espressione fiera.
-"Sono una continua sorpresa." Replicò il più piccolo, imitando l'espressione dell'altro, prima di sorridergli.
-"Bella maglia." Disse Benjamin gettando un'occhiata divertita all'abbigliamento dell'altro.
Le guance del biondo si tinsero di rosso e il suo sguardo ricadde sulla sua felpa grigia di spongebob.
-"Beh, non dobbiamo mica andare sulla luna, no?" Fece spallucce il minore.
Il più grande scosse la testa e sospirò.
-"Entriamo, mister sorpresa."

Il verde circondava i due ragazzi e Federico si sentì libero e leggero, come non si sentiva da tanto tempo, in quella situazione, i raggi del sole ricadevano su di loro e illuminava i loro occhi felici.
I due giovani continuavano a parlare e a sorridersi mentre percorrevano quello che, secondo Federico, sembrava un paradiso.
-"Che ne dici di sederci?" Propose Federico e indicò una panchina in ferro poco distante da loro.
-"Certo." Annuì il moro e si avvicinò alla panchina, seguito dall'altro. "Federico posso farti una domanda?" Chiese.
-"Sì." Rispose il più piccolo e si sistemò meglio sulla panchina.
-"È da un po' che me lo chiedevo, non c'è scritto neppure sul tuo curriculum." Iniziò a parlare Benjamin. "Dove vivi?" Chiese.
-"In un motel sulla quattordicesima strada."
-"In un motel?" Ripeté incredulo il più grande. "Perché vivi in un motel?" Chiese.
-"Beh, quando sono arrivato qui non sapevo che cosa sarebbe successo." Rispose Federico, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. "Non sapevo se a lavoro mi sarebbe andata bene, affittare una casa era una cosa che non potevo permettermi, ancor di più se sarei dovuto ripartire il giorno dopo.
Tutt'ora non so che cosa mi accadrà in questa città, prendere una casa sarebbe come stabilirmi per sempre qui e non credo di potermelo permettere." Continuò.
Il moro ascoltò attentamente le parole dell'altro e si prese qualche istante per riflettere, prima di rispondere.
-"Tu vuoi restare a New York?" Gli chiese.
-"Questo dipende da te." Rispose ironico il più piccolo. "Se mi terrai a lavoro o meno." Aggiunse sorridente.
-"Ora non pensare al lavoro." Replicò Benjamin. "Tu vuoi restare qui a New York?" Chiese.
Federico si perse nei grandi occhi dell'altro, osservò attentamente ogni sua sfumatura, dal verde all'azzurro e dall'azzurro al verde, le sfumature più belle, proprio come Benjamin.
-"Tu vuoi che io resti?"
-"Io voglio che tu resti." Rispose Benjamin. "Perché non voglio perderti ora che ti ho trovato."

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