Fifty five.

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-"I- io..." Balbettò e abbassò lo sguardo, pronto a scoppiare a piangere.
Un sorriso soddisfatto si stampò sul volto del moro che gli accarezzò i capelli.
-"Sapevo che non potevi farlo, tu non vuoi lasciarmi."
Federico con un gesto brusco gli scostò la mano e fece incrociare i loro occhi.
-"Io non voglio stare con te." Disse. "Tra di noi è finita."
Gli occhi di Benjamin era fissi sul minore, stava scrutando attentamente il suo volto per capire se quello fosse tutto uno scherzo, uno scherzo di pessimo gusto, o meno ma il volto di Federico sembrava impassibile, non trasmetteva alcun tipo di emozione; Benjamin si ritrovò a indietreggiare, anche se temeva le gambe potessero tradirlo da un momento all'altro, boccheggiò più volte prima di portarsi una mano alla gola e sfiorarla nervosamente, nonostante la finestra fosse aperta, al moro, sembrava come se tutta l'aria della stanza fosse stata risucchiando e lui pensava di poter morire da un momento all'altro, il viso del ragazzo era diventato terribilmente pallido, gli occhi, ancora iniettati di sangue, erano l'unica fonte di colore sul volto del ragazzo, che al minore ricordava terribilmente il colore delle sue lenzuola e ciò non faceva altro che preoccuparlo, nonostante non volesse darlo a vedere.
Il moro tossì più volte, forse nella sciocca speranza che tale gesto potesse permettergli di tornare a respirare correttamente, e si lasciò cadere sul morbido divano color panna, che in quel momento rappresentava il suo unico modo per non crollare sul pavimento sotto gli occhi della persona che amava, quando il retro delle sue ginocchia toccò il bordo fresco di questo.
Fuori da quella stanza di uno squallido motel da quattro soldi la gente di New York stava svolgendo le loro normali attività giornaliere, inconsapevoli di ciò che a soli pochi passi da loro stava succedendo, il sole illuminava quella giornata di inizio primavera, una leggera aria fresca smuoveva i primi fiorellini, dai colori allegri, che si intravedevano tra le aiuole e i prati che stavano tornando al loro verde originario, a Benjamin sarebbe piaciuto essere come quella gente, felice nella loro inconsapevolezza, o come quei fiori che tornavano alla vita grazie alla primavera, in quel momento però, si sentiva più come la natura in inverno, morta.

-"B- Benjamin..." Balbettò Federico, decisamente spaventato dalla reazione del suo ex fidanzato. "Benjamin." Lo chiamò nuovamente, questa volta con un po' più di sicurezza nella voce, mentre si avvicinava al maggiore.
Il moro, perso tra i suoi pensieri e la sua voglia di gridare per potersi liberare di quel peso enorme che aveva sul petto e che gli impediva di respirare correttamente o pensare lucidamente, se ne stava seduto su quello stesso divano su cui tante volte lui e Federico avevano passato delle serate insieme a sorridersi e dirsi quanto tenessero l'uno all'altro, la testa tra le mani e i capelli disordinati che andavano in ogni direzione, la camicia, la stessa del giorno precedente, era del tutto spiegazzata e per quanto fosse un dettaglio futile, per Federico fu un vero e proprio pugno in pieno viso, era la prova di come il moro si sentisse in quel momento e lui ne era il responsabile.
-"Ti prego dimmi qualcosa." Lo supplicò il ragazzo dai capelli biondi e si inginocchiò davanti a lui. "Qualsiasi cosa..."
Il moro, che apparentemente si era ripreso dallo stato di trance in cui si trovava, alzò il viso e i suoi occhi furono un fulmine a ciel sereno per il minore, che cadde seduto sul pavimento in legno, il rosso che li circondava era reso ancora più evidente dalle lacrime che li velavano, il labbro tremante ma i pugni ben serrati, l'unico punto di forza in quel quadro di tristezza.
-"Non credi di aver già detto abbastanza tu?" Rispose in un sussurro, la voce gli moriva in gola ogni qualvolta tentava di urlare, di urlare contro Federico. "Io non ho nulla da aggiungere." Aggiunse.
Il più piccolo stette qualche secondo a guardarlo in silenzio, a cercare di capire quanto ferito fosse a causa sua e per quanto quella situazione potesse essere dolorosa, sapeva di aver agito per il meglio, per la felicità di entrambi, Vanessa aveva ragione.
-"Mi dispiace..." Sussurrò e abbassò il capo, incapace di guardare ancora l'altro.
Benjamin si lasciò scappare una breve risata amara, scosse il capo lentamente prima di alzarsi e recarsi verso la porta.
-"Nonostante tutto voglio ancora la tua felicità, quindi rispetto, anche se non accetto, la tua decisione." Disse e raggiunse la porta, nel vedere quella lastra metallica sentì un dolore lancinante al petto, sapeva che se fosse uscito da quella porta non sarebbe mai più rientrato. "Ci vediamo domani a lavoro, oggi puoi restare a casa." Aggiunse e abbassò la maniglia color oro.
-"Benjamin, fermati, aspetta un momento." Lo chiamò il biondo e si tirò su. "L'avrei fatto più tardi ma dato che sei qui te lo dico ora.
Mi licenzio." Continuò mentre nervosamente giocherellava con le sue stesse mani incrociate e si mordeva il labbro inferiore.
-"E, pur di non vedermi, me l'avresti comunicato con una mail o tramite un piccione viaggiatore?" Chiese retorico il più grande, lo sguardo impenetrabile e l'espressione seria come non mai.
-"Benjamin, ti prego..."
-"Comunque sia rifiuto le tue dimissioni."
Federico alzò la testa di scatto e corrugò la fronte.
-"Che cosa?" Chiese confuso e sorpreso.
-"Non accetto le tue dimissioni." Disse il moro. "Sei ancora il mio segretario, lavori ancora per me." Aggiunse.
-"Io non voglio però." Replicò il più grande. "Mi sono licenziato, non lavoro più per te!" Esclamò.
-"Per quanto riguarda la nostra relazione, ho lasciato decidere te." Iniziò a parlare Benjamin e prese un respiro profondo. "In azienda però decido ancora io e tu resti a lavorare, come hai sempre fatto." Concluse.
-"Non credi sarà impossibile per noi lavorare insieme dopo ciò che è successo tra di noi?" Chiese il biondo, nella speranza di far ragionare l'altro. "Sarebbe anche poco produttivo per l'azienda se il suo capo perdesse tempo a litigare con il suo assistente." Aggiunse.
-"Quello che tu hai fatto succedere tra di noi." Lo corresse il più grande. "Non ti hanno mai detto che vita professionale e vita privata vanno separate?" Chiese.
-"E tu credi di poterlo fare?" Lo provocò Federico e incrociò le braccia al petto. "Prima non mi sembra che tu sia riuscito a separarle, data la tua dichiarazione davanti a tutti i tuoi dipendenti." Commentò.
-"Prima credevo di poter condividere tutto con te." Replicò il moro. "E so quanto bisogno hai di questo lavoro, altrimenti dovrai tornare ad Orlando e so com'era la vita che conducevi lì." Concluse.
-"Quindi lo fai per me?" Chiese il più piccolo. "O lo fai per poteri, in seguito, licenziare tu stesso?"
-"Forse, chissà.
È una decisione che prenderò il seguito ma spetta solo a me deciderlo." Rispose Benjamin e fece spallucce, fingendo disinteresse. "Ci vediamo domani a lavoro, signor Rossi." Aggiunse e andò via.

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