Capitolo 24.- Un vento freddo dal mare

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Le onde si infrangevano sulla battigia. Spirava un vento tagliente, che portava spruzzi di acqua salata fino al viso di Calendula; da quando era arrivata in America e si era installata in quella città, non aveva mai visto anima viva passeggiare sulla spiaggia. Sulle prime si era chiesta perché, dato che l'accesso non era proibito: una scaletta di metallo scivolosa e coperta di alghe conduceva alla caletta, che si estendeva per poco meno di un chilometro, fino agli scogli su cui era stato costruito il faro. Ora, mentre camminava con Kevin, le scarpe in mano, l'acqua che le lambiva, gelida, i piedi nudi e la pelle delle gambe, capiva perché nessuno amasse quel posto.

Era semplicemente triste e abbandonato, desolante: non c'era nulla di romantico, neppure con la luna alta nel cielo che illuminava i detriti sparsi qua e là, portata dalla risacca. Era ventoso, freddo, umido, la sabbia era strana, pesante, piena di conchiglie e sassi rotti che le ferivano i piedi e c'era un terribile odore di pesce andato a male. Sembrava il posto peggiore dell'intera città, ed era molto difficile scegliere cosa era peggio in quell'inferno formato metropoli.

Kevin, tuttavia, era a suo agio. Camminava tranquillo, con aria serena, un sorriso sornione, indifferente al vento e al gelo, forse perhè indossava una giacca di pelle calda e pesante. Calendula, invece, avvolta nei suoi abiti leggeri, tremava. Oltretutto, aveva la stranissima sensazione di essere osservata. Scrutava le dense tenebre alle sue spalle, gli anfratti bui della roccia sulla destra e il mare che si gonfiava a sinistra. Sentiva mille occhi che la scrutavano, famelici, ma era sola, con Kevin.

-Dove stiamo andando?- chiese alla fine, quando il porto fu alle loro spalle.- Sembra un posto brutto, senza offesa.

Lui non parve offeso, ma colpito.- Brutto? Questo è un posto fantastico!- protestò.- Ti divertirai un mondo, vedrai.

-Devo andare a casa Kevin.- disse debolmente.- Abbiamo scuola domani e io devo studiare!

Lui agitò una mano.- Questo sarà più divertente e poi ti ho già detto che ti riaccompagnerò, se lo vorrai ancora.- additò la forma oscura del faro, stagliata contro il cielo. La sua luce si proiettava sul mare, illuminandone uno stretto tratto agitato, ruotando lentamente.- Sai che è stato costruito prima della città?

-Mmm.- Calendula batteva i denti.- Al momento non sono troppo colpita.

Kevin si zittì.- Ti manca la tua famiglia?- Sussultò. Kevin non si era mai interessato alla sua vita e lei non era certa di volere che lo facesse: qualcosa in lui la metteva in allarme e sin da bambina si era sempre fidata delle sensazioni a pelle, viscerali, che provava. Soprattutto, però, non le andava di parlare di loro. -A volte. Qui è diverso.- disse vagamente.- Non è semplice come immaginavo, è...un mondo nuovo.

-Forse sei sempre stata troppo ingenua, non credi? Ti sei gettata a testa bassa in un'avventura ed ora te ne sei pentita?

-No.- disse lei guardandolo con gli occhi stretti dalla diffidenza.- Semplicemente, non è come mi aspettavo.

Lui scrollò le spalle muscolose. Poi alzò l'angolo della bocca.- Scusa, mi si è slacciata una scarpa.- si chinò.- C'è una panchina poco più avanti, se vuoi sederti.

Calendula avanzò di pochi passi al buio, chiedendosi per quanto ancora avrebbe dovuto camminare, quando le vide. Si voltò di scatto verso la roccia immobilizzandosi, il cuore in gola. Delle ombre si muovevano, avvicinandosi al punto in cui si trovava lei: erano figure umane quelle? Alte, magre, braccia lunghe, cappucci calati sul viso... fece per chiamare Kevin con un urlo- lo preferiva infinitamente a quelle mostruose ombre sconosciute- quando sentì una corda attorno alla vita, che le immobilizzava le braccia. Rimase senza fiato.

-Cosa stai facendo?- sussurrò sentendo il suo respiro sul collo, il suo corpo forte contro il suo.- Lasciami andare, Kevin!

Lui strinse la corda con un nodo, facendola sussultare per il dolore.- Shht. Sarà tutto finito molto presto.- alla luce della luna Calendula vide una siringa scintillare e iniziò a dimenarsi, ma era inutile. Kevin era il triplo di lei, che era sfinita, intirizzita, impaurita.

Le ombre che la circondavano erano improvvisamente nitide: non sembravano persone, eppure non potevano essere animali;  li fissavano, attorniandoli, creando un cerchio attorno a loro...Kevin non le notava, oppure non era preoccupato. Le scostò una ciocca di capelli dal collo per cercare la vena, con un sorrisetto divertito. Calendula chiuse gli occhi, cercando di liberarsi senza risultati, urlando, ma sapeva che nessuno la poteva sentire, non in quel posto isolato e dimenticato: Kevin le poteva fare quello che voleva.

-Sarà tutto finito prima dell'alba, mia piccola Umana.


ANGOLO DELL'AUTORE.

Kevin ci rivela il suo vero volto: chi è in realtà? Perché vuole Calendula? 

Prigioniero- Senza aliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora