Capitolo 15.- Impresso nella pelle (parte 1)

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La mattina seguente il cielo era terso e il sole brillava in cielo quando Calendula si svegliò; sembrava una giornata migliore della precedente e la ragazza si concesse di essere ottimista circa le sue possibilità di sopravvivere in quel Mondo fatto di sangue e dolore.

Quando ebbe indossato una vecchia felpa e dei pantaloni neri, uscì dalla sua stanza e cercò di ricordare dove era la Mensa; erano solo le otto, quindi decise di perdere tempo: non voleva affrontare tutti gli Armati ed i Discepoli, come li aveva definiti Matthew, riuniti a colazione. La infastidiva la loro aria di superiorità e il modo in cui la guardavano, come se fosse un animale in mostra allo Zoo.

Milky le zampettava davanti, facendo ondeggiare la coda, voltando di tanto in tanto la testolina verso di lei. Calendula non ricordava che fosse nella sua stanza quando si era addormentata la sera precedente, ma quell'animale aveva la straordinaria capacità di nascondersi nei luoghi più isolati e stretti, a dispetto della sua grossa pancia. 

La ragazza si strinse nelle braccia, controllando la mano ferita; aveva scoperto che le bolle dolorose erano scomparse grazie alla strana pozione di Kahius, ma la pelle restava arrossata ed irritata e si chiese vagamente se esistesse un rimedio per il bruciore costante. D'un trattò, Milky raddrizzò il collo e miagolò, grattando con la zampa contro una porta chiusa. Calendula esitò, poi aprì uno spiraglio: stava guardando una grande sala in penombra, con delle sbarre alle finestre, completamente vuota, fatta eccezione per una figura snella che pareva essere impegnata in un duro allenamento.

Calendula si sporse per vedere meglio, mentre il gatto si accoccolava ai suoi piedi, facendole le fusa. Era una donna. Una donna alta e statuaria, con i capelli corti, molto corti, in un taglio alla militare che lasciava nudo il collo. Aveva addosso la Divisa nera che accomunava tutti gli Armati e la catena del Medaglione le scintillava al collo ogni qual volta si muoveva; il silenzio era rotto dal sibilo di lame che fendevano l'aria e lei si muoveva con grazie e forza, ma Calendula non poteva vedere cosa aveva in mano o cosa faceva, poichè le mostrava solo la schiena.

Quando si voltò verso la porta per prendere qualcosa da terra, Calendula ebbe un brivido: aveva il viso deturpato da profonde cicatrici, irregolari e spesse, non eleganti e quasi naturali come quelle di Beth, ma brutte, crude. Milky soffiò piano, gonfiando la coda ed accucciandosi a terra, rivolta alla misteriosa Armata. La donna sentì ed alzò gli occhi. Erano verdi come due smeraldi e Calendula si sentì gelare: in quelle iridi c'era qualcosa di selvaggio, antico, proibito.

-Chi c'è?- chiese alzandosi e facendo scivolare al suo posto la cintura delle armi. Posò gli occhi sul gatto e le sue pupille si dilatarono, mentre sorrideva, rendendo anche peggiore il suo viso sfigurato. -Avanti, non sono un lupo cattivo!

-Scusi.- Calendula entrò, imporporandosi, spingendo il pesante portone.- Non volevo disturbare.

La donna la guardò e i suoi occhi si illuminarono.- Calendula, vero? L'Umana.

Lei avvampò.- Sì.- la donna si voltò  di nuovo verso il tavolo, posando qualcosa che tintinnò; la ragazza si guardò attorno, studiando la stanza: le finestre erano piccole, sbarrate e oltre a quel tavolo di legno grezzo non c'era nulla se non un cerchio dipinto sul pavimento con il gesso ed alcuni bersagli allineati lungo la parete. Gli altri muri erano completamente ricoperti di armi di ogni sorta, molte delle quali completamente sconosciute alla giovane: lunghe lame nere, falci, fruste srotolate che sfioravano il pavimento, spade corte e coltelli di ogni tipo, oltre ad una varietà di lance e altri strani oggetti senza nome; c'erano dei bauli accanto alle finestre, che lei immaginò contenere altri strumenti di morte. Si sentiva a disagio: gli Armati erano letali e quella stanza era la prova evidente che erano molto pericolosi e preparati.- Si stava allenando?

Prigioniero- Senza aliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora