Capitolo 27.- Cicatrici

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 La sua mente era in subbuglio. La amava. Poteva amarla? Si poteva permettere di amare qualcuno di così diverso come Calendula, oppure l'avrebbe solo fatta stare ancora male?

Continuava a pensare a lei, ai suoi gemiti soffocati mentre Ksenija la picchiava, al sangue che le scorreva lungo il mento... Aumentò il passo, in preda alla paura: l'aveva lasciata sola.

Cosa gli era saltato in mente? E se fosse stata male? Si bloccò davanti alla porta della sua stanza e si affacciò, aprendola. Era vuota, il letto intatto e faceva freddo, troppo; non le avrebbe permesso di morire congelata in quella celletta, pensò, a costo di obbligarla a dormire nel sul letto. "Il mio letto non è per te.": perchè aveva detto una cosa simile quella mattina? Era assurdo: lui voleva che nessun altro sedesse o dormisse accanto a lui se non lei, eppure...si ostinava a tenerla distante, spaventato che lei potesse andarsene: ma lei non l'avrebbe lasciato, l'aveva trattata male e lei era sempre rimasta...chiuse gli occhi e sentì una nota del profumo di Calendula, una dolce ventata di zucchero filato.

Dove era lei? Un nodo gli serrò la bocca dello stomaco: aveva bisogno di trovarla.

-La tua schiava sta bene.- disse una voce amara alle sue spalle. Si voltò e di trovò davanti a Ksenija, le braccia incrociate sul seno. Si irriigidì, stringendo i pugni per combattere il desiderio di stringerle le mani al collo per quello che aveva fatto.- Volodija è con lei, ma sono sicura che potrai riportarla nel tuo letto e divertirti quanto vuoi.






Matthew la fissò duramente.- Se la tocchi di nuovo con un dito, Ksenija, sappi che sarà l'ultima cosa che farai.

-Sei arrabbiato? Solo perchè la stavo addestrando?- lo afferrò per il polso, irritata.- Non lo vedi da solo? Non si sa difendere! Perchè ti ostini a volere qualcuno che non saprà mai essere quello che tu vuoi?

-Quello non era un addestramento.- sibilò con rabbia, spingendola via.- Quella era gelosia. Tu sei gelosa di Calendula, perchè l'ho preferita a te e la preferirò sempre a te.

Lei arrossì, una reazione inaudita per quella giovane Armata perfetta, fissandolo negli occhi.- Lei è solo uno dei tuoi tanti giocattolini.- sorrise.- Un giorno te ne stancherai e allora capirai che non siete fatti per star insieme, che lei è nulla.

-Sai cosa, Ksenija?-le si avvicinò, rigido, i denti serrati.- Sono stanco che mi diciate cosa provo.- le passò accanto senza guardarla, dandole una spallata.- Che mi diciate cosa posso o non posso fare. Io sono libero e farò esattamente quello che voglio.

-Ti pentirai di averla scelta, Matje.- disse la ragazza irritata, urlandogli contro mentre si allontanava a passo veloce.- Quando capirai che Guerra e Pace non possono coesistere insieme!







-Stai buona.- Volodija le posò uno straccio bagnato sul collo, pulendo il sangue che si era seccato con una piccola smorfia di disgusto.- Quanto sanguini? Sei sporca da fare schifo di nuovo.

-Faccio da sola.- protestò la ragazza, ma quando cercò di sollevare il braccio sentì una fitta di dolore al costato e lo lasciò cadere lungo il fianco, la testa bassa. Lui sorrise.- Fa male?

-No.- mentì lei, distogliendo lo sguardo. La verità era che non aveva un singolo punto del corpo che non gridasse per la violenza che l'aveva appena colpita. Stava malissimo, sentiva in bocca il sapore di ferro del sangue e aveva paura di poter avere qualche grave lesione interna, ma finse di non essere minimamente provata; doveva essere forte, almeno in presenza di Volodija. Poi si sarebbe potuta raggomitolare nel suo lettino tremando e piangendo; magari quella notte sarebbe morta, liberandosi da quell'ennesimo inferno in cui era stata gettata contro la sua volontà.

Prigioniero- Senza aliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora