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L'indomani pomeriggio, trascorso lentamente il turno lavorativo dopo una notte quasi insonne in cui aveva passato il tempo a spremersi il cervello nella speranza di dare una risposta a tutti gli interrogativi che lo attanagliavano, Raffaele si recò al bar cittadino, dopo essersi accuratamente cambiato gli abiti da lavoro con delle vesti non unte e sporche di grasso dei macchinari che gli facevano compagnia ogni giorno, tra rumori assordanti e manovre ripetitive.

Il rito del giornale e del caffè gli apparteneva da tempo e rappresentava quel momento della giornata in cui non pensava a nulla fuorché a leggere le interessanti o meno notizie stampate sui fogli di carta appoggiati sul tavolo. Samantha era ancora a scuola e sarebbe andata a prenderla di lì a due ore, quindi aveva tutto il tempo per rilassarsi e sciogliere la mente dai brutti pensieri. Scelse di soggiornare nel tavolino appena fuori al locale, approfittando della bella giornata primaverile che stava scacciando gli ultimi rimasugli di un lungo inverno.

Jacopo, il barista, gli portò il caffè approfittandone per scambiare due rapide parole. Raffaele lo conosceva da parecchi anni, ricordandolo come colui che gentilmente gli teneva sempre da parte qualche giornaletto e che confezionava ogni mattina delle brioches perfette, senza mai lesinare sulla quantità degli ingredienti. Una volta rimasto solo, il giovane operaio riprese la lettura del quotidiano, approfittando della tranquillità che avvolgeva la spazio esterno del locale, dato che il resto della clientela aveva scelto di accomodarsi tra le quattro mura.

Poco dopo, nel parcheggio del bar, un auto si fermò. Raffaele fece spallucce e alzò il giornale fino a coprire il proprio volto, immergendosi nella lettura di una notizia locale, per cui due sposini avevano rischiato di lasciarci le penne a causa di un'intossicazione da monossido di carbonio. Il giovane sorrise amaramente. Dubitava che si trattasse del tentato omicidio da parte del misterioso killer, tenendo conto che i due malcapitati quasi sicuramente non avevano nulla a che fare con la famiglia Pozzo, anche se non poteva escluderlo totalmente.

Sto diventando complottista, pensò.

Il rumore di una portiera che si chiudeva lo destò dai suoi pensieri. Ben presto a esso si sostituì il suono provocato da scarpe con il tacco, infrangendo la sacralità del silenzio in cui si era immerso Raffaele, il quale sbuffò e seguì con la coda dell'occhio gli spostamenti della donna che avanzò tra le aiuole che disegnavano uno stretto passaggio verso la porta del locale. A quel punto Raffaele voltò completamente il capo verso di lei, abbassando il giornale e, dopo pochi istanti, si accorse di conoscerla molto bene.

"Lucrezia!" esclamò l'operaio, prima che la donna sparisse all'interno del locale. Quest'ultima si voltò di scatto e, riconosciuto l'interlocutore, tornò sui propri passi.

"Raffaele..." disse Lucrezia con voce flebile."Non ti avevo visto."

"Se è per questo nemmeno io. Sei qui per una pausa?"

"Beh, si... pensavo di bermi un caffè e approfittare della bella giornata."

"Aspetti qualcuno?" le domandò Raffaele.

"No, sono qui da sola."

"Allora puoi sederti con me se ti va."

La donna esitò qualche istante, si lanciò qualche occhiata attorno, dopodiché annuì e accettò l'invito. Il giovane lasciò che si sedesse, scrutandola a fondo. Indossava un paio di occhiali da sole scuri, aveva i capelli raccolti e il volto cupo. L'aveva sorpreso non poco il suo atteggiamento refrattario di poco prima, quasi non volesse affatto la sua compagnia. Avevano sempre avuto un rapporto più di amicizia che di parentela vera e propria. Forse il fatto di avere pochi anni di differenza e l'assenza di un legame di sangue tra i due aveva scolpito un legame del tutto differente rispetto a quello con le altre zie.

Pensò che magari era stato Rogerio a inibirle di parlare con lui, per via dei vecchi rancori che ancora galleggiavano in superficie, ma non si trattava solo di questo. Lucrezia sembrava intimorita, spaventata. Si toccava i capelli e un lieve tremore avvolgeva le sue braccia. Raffaele dolcemente le prese la mano, guardandola attraverso le lenti scure e spesse.

"Lucrezia, che ti succede?".

La vaghezza e l'aura di mistero che veleggiava attorno a Lucrezia non venne sminuita e quanto mai scontata risposta. "Nulla, davvero. Sto benissimo. Cosa dovrei avere?".

A giudicare dai movimenti tremolanti e dai sorrisi forzati qualcosa doveva esserci, pensava Raffaele, e in un modo o nell'altro l'avrebbe scoperto. Quei pensieri gli fecero tornare alla mente gli istanti trascorsi a casa di Sonia dove, dopo i tentativi di farle aprire la bocca, il tutto si era concluso nella maniera più tragica. Lungi dal pensare che anche Lucrezia, alla termine della conversazione, avrebbe optato per togliersi la vita magari gettandosi sotto un auto di fronte ai suoi occhi – il che lo avrebbe certamente portato a essere accusato di istigazione al suicidio – considerava arduo un esito del genere.

"Non capisco davvero perché tutte le donne della famiglia Pozzo vogliano mentirmi." affermò spazientito Raffaele. "Posso capire il risentimento da parte della maggior parte della parentela, ma tu che motivi hai di nascondermi la verità?"

"Io- io. È meglio che me ne vada." esclamò la donna, la quale fece per alzarsi ma venne bloccata immediatamente da Raffaele, cercando di non forzare troppo la presa.

"Aspetta, ti prego." la supplicò quest'ultimo. "Parliamone con calma."

La donna rifletté qualche istante, poi tornò a sedersi, seppur controvoglia. "Non ho molto da dire in realtà."

"Senti, Sonia stava per rivelarmi qualcosa di importante e se ciò l'ha portata al suicidio vuol dire che si tratta di qualcosa di grosso. E se anche tu se a conoscenza dei motivi per cui la nostra famiglia si sta estinguendo lentamente, ti prego di raccontarmi ogni cosa."

Lucrezia lo scrutò pensosa. Raffaele non sapeva più cosa inventarsi per convincerla. "Fidati di me."

Quelle semplice parole riuscirono apparentemente a sfondare il portone che la donna aveva sbarrato. La moglie di Rogerio Pozzo sospirò. "Tutto quello che posso dirti è che qualche sera fa mio marito ha chiamato tuo padre. Sono stati al telefono parecchio tempo, anche se all'inizio i toni della conversazione erano tranquilli, per cui mi sono allontanata dal salotto."

"Poi che è successo?".

"Decisi di tornare in sala per chiedergli se aveva bisogno di qualcosa ma, sulla soglia della porta, ho sentito qualcosa che mi ha allarmato."

Raffaele sollevò il mento. Ci siamo. "Per cui sei rimasta nascosta ad ascoltare ciò che si stavano dicendo."

"Proprio così." confermò la donna, la quale non aveva ancora tolto gli occhiali da sole. Nel frattempo il barista giunse per raccogliere la sua ordinazione, dopodiché li lasciò nuovamente soli.

"Di cosa stavano parlando?" volle sapere Raffaele, sporgendosi verso di lei.

"Di ombre." rispose Lucrezia, abbassando il tono della voce. "Parlavano di qualcosa riguardante le ombre, ma non sono riuscita a capire cosa intendessero di preciso."

Le ombre, rifletté Raffaele. Gira e rigira è questo l'ago della bilancia.

OmbreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora