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Seppur controvoglia, mantenne la promessa fatta poche ore prima a Mario, che lo invitava a prendersi un caffè con lui. Ciò non poteva che destare molto sospetto, in quanto l'amico non era solito a ritagliarsi piccoli momenti di svago, dunque Raffaele pensò a qualcosa di grave o comunque di una certa importanza.

Presto lo avrebbe scoperto.

Arrestò il veicolo nel parcheggio del bar e Mario già lo aspettava all'interno. Con un cenno della mano, dietro il vetro, lo invitò a raggiungerlo. Raffaele entrò nel locale e strinse la mano all'Ispettore, il quale si alzò in piedi nel compiere un gesto più adatto all'adempimento di un compito istituzionale che alla celebrazione di una lunga e bella amicizia. Si sedettero entrambi e il giovane operaio lo scrutò, cercando di leggerne le intenzioni. Per quanto ne sapeva, quell'invito poteva benissimo essere uno specchietto per le allodole.

"Cosa mi racconti?" chiese Mario. Raffaele recensì quella domanda come una trappola volta a carpire informazioni e per questo motivo sarebbe stato al suo gioco.

"Non sono in grado di reggere un interrogatorio." rispose il giovane operaio. "Ho troppi pensieri, dunque dimmi cosa vuoi sapere e te lo dirò."

Il Poliziotto aggrottò un sopracciglio. "Cosa ti fa credere che ti abbia chiamato per questo motivo?".

"Ti conosco da una vita, Mario. Hai da sempre il pallino per l'investigazione e anche se cerchi di mascherarla in una banale domanda, con me campi male."

Mario accennò a un tentativo di replica, ma poi sorrise e scosse la testa. "E va bene, mi hai scoperto. Non ti ho chiesto di venire qui solo per prendere un caffè."

"E per quale motivo? Fammi indovinare... sei ancora convinto che io stia ficcando il naso nel caso Pozzo."

Mario si avvicinò. "Ed è così?".

Raffaele si trovò dunque di fronte alla sua maggiore preoccupazione. Conoscendo l'abilità di Mario nel torchiare i suoi indiziati – e al liceo ne aveva avuto la prova - poteva ritenersi fortunato di uscire da quell'incontro senza rivelare i sogni strani, le visioni e la personale violazione di domicilio in casa del padre. Immaginava infatti la predica sui doveri civici che gli avrebbe propinato nella speranza di farlo sentire in colpa per quelle che considerava azioni sconsiderate non più adatte a un uomo della sua età.

"No." mentì il giovane operaio. "Ho già Samantha di cui occuparmi e non ho tempo per pensare ad altre questioni."

Il Poliziotto si appoggiò un dito sotto il mento e osservò il proprio amico, il quale avrebbe voluto trovarsi in un'altra dimensione, in cui non avrebbe dovuto sopportare quella tortura psicologica. Era lampante come Mario avesse capito perfettamente che il caso della famiglia Pozzo non era stato messo da parte da colui il quale si ingegnava per trovare un modo di sviare il discorso. E, riflettendo, lo trovò.

"Lucrezia è a casa mia." lo informò Raffaele. Mario abbozzò un sorriso, intuendo le intenzioni dell'amico, volte a deviare l'attenzione su altri lidi. Tuttavia, scelse di non proseguire nei propri intenti e resse il gioco.

"Che è successo?".

"A quanto pare a suo marito piace alzare le mani. E molto spesso, da quanto ho avuto modo di capire."

Quell'affermazione catturò d'improvviso l'attenzione di Mario. "Stai parlando di un caso di violenza domestica?".

Raffaele annuì tristemente. "È scappata da casa e ha bussato alla mia porta la notte scorsa, con il volto gonfio di lividi. E anche altre parti del corpo non sono state risparmiate."

"E immagino che lei non voglia denunciarlo."

"Proprio così. Dice di avere paura di lui."

"Normale. Mi capita spesso di lavorare su casi del genere che, purtroppo finiscono in modo tragico. Quella stessa paura che induce queste povere donne a non farla pagare a quei mostri che si sono sposati finisce inevitabilmente per essere una scelta fatale."

"Forse per Lucrezia sarà diverso." sperò Raffaele. " È venuta a nascondersi da me e questa mossa può essere significativa. Prima o poi si allontanerà da lui."

"Può essere." confermò Mario, riflettendo. "Vuoi che me ne occupi? Posso parlare io con Lucrezia e convincerla a denunciare le violenze."

"Ottima idea. Per ora la sua presenza a casa mia è un segreto e quindi, anche se Rogerio la stesse cercando, dovrebbe essere al sicuro. Puoi venire con me e persuaderla a denunciarlo finalmente."

"Se è zuccona la metà di quanto lo sei tu, la vedo molto dura."

"Hai ragione."

"Dimmi la verità... lei ti piace?".

Raffaele deglutì. "Chi?".

"Sai benissimo chi. Lucrezia."

Il giovane operaio, colto alla sprovvista dall'inattesa domanda, si mise sulla difensiva. "Che stai dicendo?! Lei è sposata e io sono suo nipote..."

"Nipote acquisito." lo corresse Mario.

"È lo stesso. E comunque, come ti salta in mente una cosa del genere?".

"Beh, non serve essere un detective per vedere che ogni volta che parli di lei ti si illuminano gli occhi."

Non avendo argomenti validi per replicare, Raffaele benedì lo squillo del cellulare. "Devo rispondere, sai com'è... ma guarda, è Lucrezia." poi accettò la chiamata. Mario rimase in silenzio, pazientemente. "Ciao Lucrezia, va tutto bene?".

Subito dopo il giovane operaio si alzò in piedi di scatto, rischiando di far cadere la sedia. Mario lesse nel suo volto il puro terrore. "Stai dicendo sul serio? Non fare nulla, rimani in casa e aspettami. Sto arrivando!".

Detto ciò chiuse la chiamata, appoggio una banconota sul tavolo e fece per andarsene. Mario lo imitò. "Dove stai andando?".

" È a casa mia." gli disse Raffaele accelerando il passo.

"Chi?" volle sapere Mario, correndogli dietro.

"Rogerio. Ha scoperto che Lucrezia è a casa mia e la sta terrorizzando per convincerla ad aprire la porta."

"Vengo con te!".

"Muoviamoci. Non c'è tempo da perdere."

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