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Recuperare Samantha a scuola era il momento che di gran lunga preferiva. Per lui, rimasto vedovo due anni prima, la felicità era simboleggiata dalla sagoma della figlioletta che abbandonava la quarta elementare in fretta e furia per cingerlo in un soffocante abbraccio. E a quell'abbraccio Raffaele non si era mai sottratto e mai lo avrebbe fatto, anche se con il passare degli anni sarebbe stata lei stessa a mostrarsi sfuggevole.

Se la caricò sulle spalle, cullandola fino all'auto, poi si accomodò al volante e lanciò un'occhiata colma di orgoglio alla figlia che sistemava la propria cintura di sicurezza. Nulla di che, si diceva, ma un gesto così spontaneo poteva risollevare le sorti di una giornata storta. Raffaele aveva da poco compiuto trent'anni e i primi segnali del tempo che scorreva senza sosta iniziavano a incidere sul fisico e sulla pelle, ma l'aspetto di giovane ragazzo non l'aveva ancora abbandonato e con tutta probabilità lo avrebbe accompagnato per diversi lustri.

Aprì il finestrino per lasciare entrare un po' d'aria primaverile, che giocosamente gli scompigliò la chioma tendente al castano chiaro, non intonata al profondo azzurro dell'iride. Samantha invece aveva i capelli lunghi e scuri, gli occhi color nocciola e un sorriso furbo dipinto sulle labbra. Quando i loro sguardi si incrociavano, il pensiero di Raffaele tornava a colei che l'aveva lasciato solo con la sua ormai unica ragione di vita.

Raggiunsero casa in pochi istanti, in quanto Tovo di Sant'Agata non era che un piccolo paese immerso tra i monti della Valtellina, attraversabile da una parte all'altra in un baleno. Sulla porta, una leggera pioggerellina scese da un cielo divenuto plumbeo. Raffaele chiuse l'auto e aprì rapidamente l''ingresso, mentre Samantha si copriva il capo con la cartella che, a giudicare dalla mole di libri infilata al suo interno, doveva essere parecchio pesante.

Una volta entrata nell'appartamento la bambina si precipitò a razzo sul divano-letto sito in soggiorno, arraffò il telecomando e iniziò il consueto e ossessivo zapping. Raffaele nel frattempo appoggiò sul tavolo di cucina le pesanti borse della spesa, infastidito per non essere stato aiutato. Forse da buon genitore avrebbe voluto imporle la disciplina inerente alla collaborazione domestica, ma l'impeccabile comportamento di Samantha in ogni altra situazione lo convinse a fare finta di nulla.

Disponeva di poco meno di due ore per preparare e consumare il pranzo, dopodiché sarebbe dovuto tornare al lavoro, affidando la figlioletta alle affettuose cure di Daria, la ragazza del vicinato che sempre più spesso si prendeva cura di lei. Frequentava il quinto anno al liceo e, nonostante la giovane età, Raffaele si fidava ciecamente di lei. 

L'aveva tranquillizzata sul fatto che non ci fossero problemi nel caso avesse sentito il bisogno di studiare mentre la sua assistita guardava la televisione o consumava la merenda pomeridiana. Conosceva da una vita i genitori della sua baby sitter, la quale aveva provato fin da subito un grande affetto per Samantha. Daria era per lei una sorta di sorella maggiore, in grado di compensare la figura femminile che mancava da tempo nella loro famiglia.

Preparò al volo un veloce piatto di pasta al sugo e richiamò Samantha, invitandola ad accomodarsi a tavola dopo essersi lavata le mani. Con la dipartita di Lucia era gravato su di lui l'onere di impartirle una sana educazione, proseguendo un sentiero tracciato abilmente anni prima. Vuoi per modestia o un senso di inadeguatezza, credeva di non essere all'altezza di un ruolo così difficile come quello paterno, ma osservando la moglie nell'atto pratico di insegnare le buone maniere, aveva preso qualche utile appunto mentale.

A dire il vero, il suo compito era molto circoscritto, in quanto Lucia aveva fatto un eccellente lavoro con la piccola la quale, nonostante l'evidente vivacità, era umile e obbediente. Dunque, Raffaele aveva appurato la semplicità dell'approccio diretto a insegnarle ad affrontare ogni fase della sua rapida crescita.

Per tutta la durata del pranzo, Raffaele si era concentrato nell'ascolto della telecronaca giornaliera da parte di Samantha, la quale si premurò di raccontargli per filo e per segno ogni istante della propria mattinata scolastica, con una precisione a tratti maniacale, che ricordava molto da vicino il carattere della madre la quale, nella vita, era stata una perfezionista. Tutto sommato considerava un bene tale caratteristica, definendosi come una persona un po' troppo incline alle distrazioni e di conseguenza, se Samantha si mostrava precisa nei modi di fare, non poteva fare altro che ringraziare il cielo per averle trasmesso quella peculiare qualità.

Un'altra dote che riscontrava con particolare orgoglio era l'assenza di qualsivoglia malignità nella figlia, la quale riusciva sempre a pronunciare una buona parola per tutti, senza mai lanciarsi in commenti riprovevoli o antipatici. Anche in tal caso, era più che evidente l'impronta di Lucia, la quale aveva avuto il pregio di essere riuscita con successo a trasmetterle una serie di importanti valori che da solo non sarebbe mai riuscito ad inculcarle. Almeno, non nel modo in cui avrebbe voluto.

"Durante l'intervallo la maestra ci ha portato in cortile..."

La piccola proseguiva imperterrita la narrazione, parlando a raffica con una velocità degna da guinness dei primati. Il padre, di tanto in tanto, era costretto a interromperla per intimarla quanto meno a consumare il piatto di pasta, prossimo al raffreddamento. Quasi si sentiva in colpa nel fermarla, ma se non lo avesse fatto, Samantha avrebbe parlato senza sosta.

Un'altra chiara similitudine con il carattere materno, pensava. Anche lei una grande chiacchierona.

Dopo essere riuscito nella non semplice impresa di far sì che Samantha si nutrisse, il giovane operaio sparecchiò, con la spontanea collaborazione della piccola, la quale tuttavia rifiutò la noiosa incombenza relativa al lavaggio delle stoviglie. Raffaele non replicò e la mandò in bagno a lavarsi i denti, poi avrebbe potuto rilassarsi con un po' di televisione, chiarendo che all'arrivo di Daria avrebbe dovuto iniziare i compiti, senza fare discussioni. L'importanza delle regole era essenziale e nel ruolo di papà ne era ben conscio, soprattutto ogni volta che la sua mente balzava a parecchi anni addietro, ai ricordi di un'infanzia caratterizzata da un'eccessiva vivacità. Ricordava bene quanto fosse stato difficile gestirlo, di conseguenza non voleva avere lo stesso problema. Ma il rischio non sembrava sussistere; era una bimba molto obbediente.

Prima di terminare la pulizia dell'ultima stoviglia, il telefono squillò. Samantha, concentrata sulla visione di un cartone animato giapponese la cui trama parlava di strane e goffe rane aliene, fece per alzarsi e andare a rispondere, ma il padre la fermò con un gesto della mano.

"Non preoccuparti, tesoro. Vado io." le disse sfilandosi i guanti e lanciandoli nel lavabo. "Sarà qualche venditore."

Senza alcuna fretta, quasi non gli importasse di lasciare cadere la chiamata, si avvicinò all'apparecchio e lo sollevò. "Pronto?".

Non ricevette risposta. Sgranò gli occhi, udendo in sottofondo il respiro affannato del proprio interlocutore. Togliendosi dalla testa che potesse trattarsi di un banale scherzo, volle andare a fondo nel tentativo di capire chi lo avesse contattato. "Ma chi parla?".

"Raffaele...", sibilò una voce dall'altro capo. Il suo nome era stato pronunciato con tono opaco e flebile, tanto che sulle prime il giovane uomo non si capì di chi si trattasse. Attese pazientemente, ma il silenzio era tornato a dominare una conversazione che, fino a quel momento, non era mai iniziata.

"Papà? Sei tu?" volle sapere Raffaele, facendo leva sui propri sospetti e, dopo l'iniziale esitazione, il misterioso personaggio decise di svelarsi.

"Si, sono io...".

"Che ti succede? Ti stai comportando in modo strano. È successo qualcosa?".

"È meglio che ne parliamo a voce. Non è il caso di discuterne al telefono, credimi..."

"Va bene. Ma almeno accennami alla faccenda di cui vuoi parlarmi. Mi stai facendo preoccupare."

L'uomo all'altro capo centellinava maniacalmente le parole, quasi temesse che una terza persona potesse essere all'ascolto, intercettando la loro chiamata. Dal canto suo, Raffaele iniziava a spazientirsi. "Per favore, parla! È qualcosa che ti riguarda?" gli domandò, temendo di essere in procinto di venire a conoscenza di un suo grave problema di salute.

"No, è per tuo zio Saverio. Lui..."

"Zio Saverio? Che gli è accaduto?".

"Lui... è morto."

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