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Tornò il sereno e dopo diversi giorni Raffaele riuscì a trascorrere una mattinata lavorativa senza pensieri annosi. Terminò il proprio turno e si concesse una capatina al bagno in cui ebbe modo di pulirsi volto e mani meticolosamente. Poi decise di prendere un caffè alla macchinetta e di consumarlo all'aperto, superando un paio di colleghi intenti a sollevare nuvolette di fumo con affannati e veloci tiri di sigaretta.

Amava passare la propria pausa scherzando con loro, ma quella mattina preferì respirare aria pulita a pieni polmoni per conto suo, lontano dal poco salubre edificio dove passava circa otto ore al giorno. Per qualche istante non fece caso alla propria tuta grigia da lavoro sporta e unta e si concentrò solamente su pensieri positivi, come Samantha. Dopo la notte trascorsa fuori casa, era stata portata a scuola dai genitori dell'amica e quindi era quasi un giorno che non la vedeva.

Trovava incredibile quanto lo facesse soffrire quella breve lontananza.

La pace venne interrotta dal tremendo suono delle sirene spiegate di un'ambulanza, che sfrecciò di fronte al fabbricato a velocità sostenuta, seguita a ruota da due volanti della polizia. Raffaele strinse il bicchierino di plastica. Come ogni genitore, ogni volta che assisteva a tale scena temeva subito il peggio, immaginando che una tremenda sciagura si fosse abbattuta su un familiare stretto; o un figlio. Scacciò ogni timore constatando che la scuola di Samantha si trovava dalla parte opposta, dunque non aveva alcun motivo per allarmarsi.

Avanzò di qualche passo verso la strada principale del paese, imitato da un paio di colleghi, mentre un vociare concitato sopraggiunse laddove l'ambulanza si era fermata, dove i volontari vennero attorniati da una folla di curiosi. Al contempo, dall'azienda una moltitudine di operai accorsero per capire cosa fosse accaduto, ma la distanza dal luogo del misfatto era troppa per comprenderne la natura.

Raffaele sgranò gli occhi. Poté escludere un incidente stradale, dal momento che non vi erano automobili accartocciate, senza contare che un tremendo impatto sarebbe stato impossibile da non udire.

Non riuscendo a trattenere la propria curiosità, gettò in un cestino il contenitore del caffè e avanzò a passo spedito verso la scena del crimine, deciso a saperne di più. Giunto alle spalle della colossale fila di paesani accalcati sui bordi della strada, provò a sbirciare alzandosi sulle punte ma i paramedici accovacciati al suolo coprivano la visuale. Accanto a loro era appoggiata una barella, segno che qualcuno non si era sentito bene o qualcosa di peggio.

"Che è successo?" domandò Raffaele a un ometto sulla sessantina, che conosceva di vista in quanto possedeva una panetteria in paese.

"Hanno ritrovato un cadavere." rispose l'uomo, a braccia incrociate. "Credo stiano cercando di identificarlo."

"Un cadavere..." disse tra sé Raffaele, senza staccare le pupille dalle schiene dei paramedici, intenti a trasportare la salma all'obitorio. Ne osservò l'abbigliamento e appurò che si trattava di un uomo. I pantaloni e la camicia bianca non furono però sufficienti per capire di chi si trattasse, in quanto il volto era nascosto dalle gambe di un paramedico che trafficava con il cellulare.

"Che gli è successo?" chiese al panettiere.

"È stato assassinato." affermò il negoziante, confermando la teoria del proprio interlocutore.

"Assassinato?".

"Già. Ora sono due."

Due.

Era incredibile come quel semplice numero fosse riapparso poche ore dopo il confuso sogno della notte precedente. Raffaele pensò che si trattasse di una coincidenza, escludendo a priori la possibilità che la parola pronunciata dalla ragazza bionda costituisse una sorta di profezia, ipotesi tanto assurda quando generica in quanto quel numero poteva significare un mucchio di cose.

Anche un duplice omicidio, rifletté, tornando con la mente alla recente dipartita di zio Saverio.

Prima che potesse anche solo pensare a un collegamento tra gli eventi, colui che oscurava il viso della salma si allontanò e si avvicinò all'ambulanza, con l'intento probabile di prendere il sacco con cui avrebbero caricato il corpo nel vano del mezzo.

Seppur con difficoltà a causa della calca di persone che ostruivano la visuale, Raffaele poté riconoscere la povera vittima.

"Ma quello è..." esclamò, non riuscendo a credere ai propri occhi. "Zio Demetrio!".

Le grida improvvise del giovane operaio attirarono su di sé le attenzioni dei presenti. Preso da foga improvvisa si fece largo tra la folla, spintonando e ignorando le lamentele, fino a giungere a pochi centimetri dalla barella, ove venne bloccato con decisione da due agenti di polizia.

"Dove crede di andare lei?" gli domandò un poliziotto con un chiaro accento meridionale, cacciandolo indietro con una manata sul petto.

"Quello è mio zio! Devo vedere... devo vedere..."

"Come si chiama?" chiese il collega poco distante.

"Raffaele Pozzo."

Gli agenti parlottarono tra loro a bassa voce, messi sull'attenti dall'importanza del cognome, talmente significativo da trovare rispetto e timore in chiunque lo udisse. Dopo una breve discussione lo lasciarono passare, senza peraltro chiedergli i documenti, non avendo motivi per indurli a credere che si stesse spacciando per un membro di un'influente famiglia. Forse, se gli avesse detto che era un semplice operaio, non avrebbero creduto all'esistenza di un legame con il ramo dei Pozzo, tuttavia con la disamina dei documenti ogni dubbio sarebbe stato dissolto.

La cerniera del sacco era stata chiusa, coprendo l'intera sagoma del defunto, cessando così di turbare gli attoniti spettatori, i quali seguitavano a osservare. Raffaele fece cenno ai paramedici di limitarsi ad appoggiare la barella sulla pavimentazione del vano, poi li invitò a riaprire la sacca. Una donna sulla sessantina, probabilmente una volontaria esperta, cercò con lo sguardo l'assenso dei poliziotti poco distanti. Colui che aveva bloccato con irruenza il giovane uomo in tuta da lavoro annuì e l'anziana donna acconsentì al suo desiderio.

Raffaele osservò il corpo. Credette di averlo scrutato troppo rapidamente e forse la distanza poteva averlo indotto in errore sull'identità – circostanza quanto mai sperata- del defunto. Invece, quel che rimaneva di Demetrio era proprio sotto di lui, con gli occhi aperti in un temibile sguardo d'orrore e i vestiti lacerati da numerosi tagli che gli ricordavano quelli che il padre gli raccontò fossero stati ritrovati su Saverio, morto in maniera altrettanto violenta.

Alle sue spalle, i paesani mugolavano, tessendo intricate teorie sulla dipartita di un altro membro della famiglia Pozzo, della quale parecchi imprenditori locali non avevano mai ammesso una malsana gelosia ed ecco presentatasi l'occasione di gettare fango sulla loro reputazione.

Due morti in pochi giorni, pensò Raffaele. C'è un segreto terribile attorno a questi decessi.

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