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Il colloquio con gli agenti durò poco più di mezz'ora. Appena varcata la soglia, i due uomini notarono la ferita sulla spalla di Raffaele, il quale si era alzato a fatica per accoglierli. Padre Giorgio, da buon padrone di casa, offrì da bere ai due detective, i quali declinarono gentilmente, prendendo poi a chiedere delucidazioni a colui che aveva effettuato la chiamata alla Centrale. Raffaele si premurò di spiegare ogni cosa entrando nei minimi dettagli, senza trascurare nessun particolare che se omesso, sarebbe certamente potuto essere usato contro di lui.

I poliziotti, aspettandosi di trovarsi di fronte a una versione dei fatti carente e lacunosa, presero a torchiare il loro vero e unico sospettato. Ma il giovane operaio, mostrando una lucidità invidiabile, resistette all'attacco e la storia raccontata non fece acqua da nessuna parte. Raccontò che si era recato al parco per parlare con lo zio, in quanto voleva saperne di più sugli omicidi che stavano decimando la sua famiglia, per difendere i suoi cari da quella minaccia, non specificando però che il pericolo era rappresentato dalla famiglia stessa. Aggiunse che Mario stava conducendo l'indagine, finendo vittima dell'orrore che aveva infestato l'Alta Valle.

Uno dei poliziotti, il più anziano, lanciò una provocazione, chiedendo chi fosse il colpevole, dando per scontato che Raffaele lo sapesse. Quest'ultimo, pur essendo a conoscenza della risposta, dovette mentire per la prima volta durante la deposizione, in quanto non aveva alcuna prova che testimoniasse la colpevolezza della propria famiglia e, oltre al fatto che era meglio evitare l'accusa di calunnia, bisognava fare in modo di non attirare ulteriormente l'attenzione su di sé, specie dopo il mancato omicidio, tentato ma fortunatamente non andato a buon fine.

Suo padre aveva tentato di farlo uccidere, si disse il giovane, distraendosi qualche istante dalle domande dei poliziotti. Incredibile. Chi era dunque l'uomo che, con alti e bassi, l'aveva cresciuto, gli aveva dato un tetto sopra la testa? Alla fine gli agenti, forse delusi, dovettero accontentarsi e tenere per buono ciò che aveva udito quella notte. Era evidente che cercavano un colpevole, in quanto le indagini sicuramente brancolavano nel buio.

Giorgio era rimasto in piedi a braccia conserte, ascoltando in silenzio. Tuttavia, quando gli agenti iniziarono a torchiare Raffaele, benché non ne avesse bisogno, intervenne in suo soccorso. Pesò le parole con grande decisione, lasciando di stucco i due detective che non seppero che replicare. Certo, il fatto che si trovassero di fronte a un uomo di Chiesa forse li rese più mansueti e Raffaele pensò che averlo vicino in quel momento fosse una vera e propria benedizione. Quando l'agente più giovane mise via il taccuino, con un gesto deciso, i due se ne andarono, ancora sospettosi ma senza alcuna prova che inchiodasse il loro principale sospettato.

"Direi che è andata bene." osservò Giorgio, seguendo con lo sguardo la volante che si allontanava dalla via.

"Più che bene." disse Raffaele, toccandosi la ferita. "Meglio di quanto pensassi."

"Oramai siamo una squadra."

"Già. Squadra che vince non si cambia." disse l'altro sorridendo. Poi si alzò. "Ora è meglio che ne torni a casa."

"Allora a domani."

"Troviamoci all'incrocio."

"Perfetto. Prendiamo la mia auto. È l'ideale per una gita fuori porta in montagna."

"Molto bene."

"Ora vai a riposare." gli consigliò il prete. "La ferita non è così grave, ma qualche ora di sonno ti farò bene."

"Grazie ancora." disse Raffaele, stringendo la mano a Giorgio.

"Dovere."

Poi si congedarono e il giovane operaio raggiunse la propria abitazione. Com'era prevedibile, Lucrezia era ancora in piedi nonostante la tarda ora. Raffaele nascondeva la ferita alla spalla sotto la felpa, in quanto non voleva che la lacerazione fosse la prima cosa che vedesse. Si sarebbe preoccupata, agitandosi senza controllo. Tuttavia, con molta calma, le raccontò ogni cosa. Ovviamente la narrazione la sconvolse a tal punto che rischiò di scoppiare in lacrime. Aveva un buon rapporto con Luca, forse uno dei pochi membri della famiglia che si salvava, provando un forte senso di compassione per uomo che, pur succube di una moglie aguzzina, aveva dedicato la vita cercando di garantire un futuro ai suoi figli.

"Non meritava questa fine." affermò Lucrezia, con la voce strozzata per il pianto.

"Lo so bene."

"Dunque alla fine era lui il misterioso messaggero."

"Già." confermò Raffaele. "Ha dimostrato un gran coraggio. Sapeva a cosa andava incontro, ma ciò non lo ha fermato."

"Incredibile." si disse la donna. "Ero in mezzo a tresche diaboliche, orribili segreti e non mi sono mai accorta di nulla. Com'è possibile?".

"Benché malvagi, i nostri cari parenti sono anche molto furbi. Non hanno lasciato tracce, agendo sempre con discrezione."

"Mi sembra tutto così assurdo..."

"Domani andrò con Padre Giorgio nel luogo che Luca ci ha indicato." la informò Raffaele. "Ma non sarà una gita di piacere."

"E se vi seguissero?" domandò Lucrezia. "Dopo ciò che è successo stasera non è così improbabile."

"Hai ragione, ma che possiamo fare? Non abbiamo alternative."

Poco dopo Lucrezia andò a dormire. Raffaele, tutt'altro che disposto a imitarla, prese il suo Pc, con il quale ultimamente era entrato in confidenza. Non poteva certo definirsi un esperto di computer, ma inizia a prendere una certa dimestichezza con l'attrezzo. Domani avrebbe avuto il giorno libero e, nonostante le poche ore di sonno che si poteva godere a causa della missione con Giorgio, non poteva coricarsi prima di essersi tolto un dubbio che lo tormentava. Aveva posto una domanda a Luca, il quale era morto prima di potere rispondere.

La ragazzina bionda.

Scrisse il nome e il cognome della giovane. Non poteva scordarlo. Maria. Maria Pozzo. Com'era prevedibile, sulla pagina web comparve una sfilza di link, riferiti a varie Maria Pozzo su svariati social network. Doveva restringere la ricerca. Digitò Maria Pozzo sparizione, ma a parte il suggerimento del motore ricerca che mutava la parola in spartizione, forse riferendosi a una presunta eredità, della fanciulla che cercava non c'era traccia. Passò una buona ora spulciando le varie pagine trovate, senza successo.

Pazzesco, si disse.

Nessuna delle omonime trovate abitava o aveva abitato in Valtellina. Come temeva, tutto era stato insabbiato. Era come se non fosse mai esistita. Com'era possibile? Benché fosse oramai conscio dell'esistenza del sovrannaturale, era ancora propenso a ricercare risposte che qualcuno poteva definire razionali.

Era stato informato sul fatto che Moloch, per consentire la continuità delle offerte al suo altare, insabbiasse ogni cosa riferita al sacrificio, proteggendo così gli adepti dalla furia delle comunità locali. Ogni venticinque anni, aveva appurato, non v'era alcuna traccia dei sacrifici e di coloro che ne erano stati vittime. Pensò agli articoli di giornale risalenti all'800, che tuttavia parlavano di rapimenti e sparizioni, trascrivendo pure i nomi dei bambini spariti.

Perché invece di Maria Pozzo non c'era traccia? L'unica spiegazione che Raffaele riuscì a darsi era che all'epoca non c'erano forti mezzi di comunicazione come internet, di conseguenza risalire a informazioni sensibili o personali era più laborioso. Negli ultimi decenni, invece, sul Web si poteva trovare tutto su chiunque, quindi c'era necessità di cancellare ogni traccia. L'idea di un idolo pagano intento a cancellare una sorta di cronologia virtuale con informazioni annesse era poco credibile e difatti trovò assurda la propria ipotesi. Dunque, avrebbe dovuto tenersi il dubbio.

Ma per quanto tempo?

Luca, prima di spirare, aveva detto che quella notte a Raffaele era stato fatto qualcosa. Ma cosa? Riguardava il fatto che non ricordava assolutamente nulla di Maria? Consapevole di non poter andare oltre, andò a coricarsi. Cercò l'ombra sul muro, nel cerchio di luce soffusa creato dall'abat-jour.

"Chi sei?" chiese sottovoce Raffaele, ma non vi fu nessuna riposta. Nessuna ombra apparve, come era accaduto qualche sera prima. Magari era nella stanza di Samantha, per proteggerla da vicino. Eppure, sapeva che si trovava in quella casa, ne percepiva i benefici influssi. Con questo pensiero, si addormentò.

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