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A tarda ora, Mario entrò in un parcheggio con la sua automobile. Fermò il mezzo e lanciò alcune occhiate attorno, senza abbandonare quell'aura di serietà e durezza che lo distinguevano. Ne era sicuro, la sua paranoia era dovuta ai racconti di Raffaele il quale, propinandogli una serie di surreali complotti a sfondo religioso-mistico, si era convinto che i suoi familiari, implicati in qualcosa di misterioso, lo stessero seguendo. Scosse la testa e parcheggiò.

Prima di recarsi in quel luogo era riuscito nell'abitudinario rito di litigare con Sara, la propria moglie, la quale non troppo velatamente aveva preso a rimproverarlo per le continue assenze da casa. Preferisci il tuo dannato lavoro alla famiglia, lo aveva accusato lei, con tanto di lacrime a condire una scena dalla quale aveva preferito uscire facendo finta di nulla, come al solito, senza proferire verbo.

Oramai non poteva più negarlo, c'era qualcosa che non andava nel loro matrimonio. Inizialmente Mario aveva accusato a sua volta la moglie, ritenendola esagerata, ma in fondo sapeva che aveva ragione. Dava sempre troppa importanza al lavoro, per il quale era disposto a sacrificare buona parte della propria vita familiare e, cosa peggiore, si stava perdendo i momenti più importanti della crescita dei propri figli.

Eppure, già qualche anno prima Sara aveva minacciato di abbandonarlo nel caso le cose non fossero cambiate e Mario, terrorizzato da quella spaventosa eventualità, si era impegnato per cercare di risolvere la situazione, sapendo di non poter resistere alla prospettiva di perdere la donna che amava e i suoi due figli. Lei, con il passare del tempo, aveva cominciato a credere che il marito fosse cambiato, deciso a tornare l'uomo che aveva conosciuto. Ma, inevitabilmente, non dovette passare troppo tempo prima che tutto tornasse come una volta.

Ci avrebbe pensato in un altro momento, in quanto aveva un compito importante da portare a termine. Spense il motore e si slacciò la cintura, prima di scendere dall'auto. Poi, si diresse verso il punto in cui aveva fissato l'incontro, nel punto più isolato della parte alta di Sondalo, considerato l'unico luogo nelle vicinanze in cui poteva agire con tranquillità. Nessuno doveva sapere cosa sarebbe avvenuto di lì a poco, specie Fausto Pozzo.

Si inoltrò in un vicolo stretto, muovendosi con prudenza alla stregua di un malvivente in procinto di vendere la propria merce. L'oscurità in cui versava il viottolo impediva all'Ispettore di vedere alcunché. Poi, prese dalla tasca il proprio cellulare e con la scarsa luce del display tentò di creare un minimo di illuminazione. Verso metà del viottolo, si fermò e attese pazientemente. Erano le ventitré in punto e lui sarebbe dovuto arrivare a momenti.

Attese diverso tempo, combattendo con il freddo notturno che sorpassava le difese del suo leggero abbigliamento. Eppure, con il passare dei minuti, nessuno appariva all'orizzonte e iniziò a spazientirsi. Oltre al fatto di non essere armato di troppa pazienza, detestava restare solo al buio in quel luogo così angusto, ma non voleva ammettere di essere spaventato. Guardò nuovamente l'ora e appurò che erano passati quasi venti minuti.

Un rumore improvvisò lo fece sobbalzare.

La luce di una torcia elettrica lo abbagliò, costringendolo a coprirsi il volto con un braccio. Sentì il rumore di passi che avanzavano verso di lui. Nel frattempo, la luce della torcia si abbassò e Mario notò una sagoma fermarsi di fronte a lui e poco, dopo, l'illuminazione lambì il suolo.

"Ispettore, siete voi?" domandò il misterioso personaggio.

Mario abbassò le braccia sui fianchi, serio. "Sei in ritardo."

Il losco figurò finalmente si mostrò, uscendo timidamente allo scoperto. Era un energumeno alto poco meno di due metri, calvo e con barba incolta. Lo sguardo truce, unitamente alla possente muscolatura, avrebbe dovuto intimorire chiunque si fosse parato sul suo cammino, ma non certo Mario, abituato ad avere a che fare con ogni genere di canaglia.

"Mi perdoni, Ispettore, ma ho avuto un contrattempo." si scusò l'uomo, che teneva in mano una cartelletta blu.

"Non importa, Flavio." lasciò correre Mario. "Dunque hai portato ciò che cerco."

"Si, ma non è stato facile ottenere queste informazioni."

L'energumeno porse la cartelletta al Poliziotto, il quale la afferrò con decisione, poi lanciò un'occhiata sospettosa a Flavio, delinquentello locale dedito a piccoli crimini, come furti o ricettazione, ma la qualità che lo distingueva dagli altri malviventi era la sua incredibile capacità di reperire una qualsivoglia informazione, anche la più segreta, quella ritenuta più introvabile.

Mario, dal canto suo, aveva agito con estrema intelligenza. Avendolo pizzicato più volte a delinquere nell'ambito della sua giurisdizione, aveva deciso di assumerlo come informatore, chiedendogli di ricercare oppure informarlo sui più importanti avvenimenti criminosi della zona, dal momento che i furti negli appartamenti erano aumentati esponenzialmente negli ultimi mesi. In cambio, il poliziotto gli aveva promesso di chiudere un occhio su alcuni vizi, avvertendolo però di non tirare troppo la corda.

Mario aprì la cartelletta ed esaminò superficialmente la risma di fogli disposti in essa. A dispetto della sua fisionomia, che poteva farlo apparire come un soggetto poco raccomandabile, Flavio aveva una precisione e un ordine ammirevole, tanto che l'Ispettore si era prodigato più volte di consigliargli di cambiare vita, promettendogli di aiutarlo a trovare un lavoro che rispecchiasse il suo talento. Ma, com'era prevedibile, la vita d'ufficio non faceva per lui. Ciò non toglieva che, per Mario, fosse un'informatore assolutamente fidato.

"Ora posso andare?" domandò Flavio, con tono di voce pacato, alla stregua di un alunno che attende la lettura di un tema da parte del professore. Mario lo fissò serio.

"Posso fidarmi a lasciarti andare? Non farai alcuna sciocchezza?".

L'uomo sorrise. "Suvvia, ispettore. Sono un bravo ragazzo, in fondo."

"Già." affermò sorridendo Mario. "Vai, prima che ci ripensi."

"Grazie, Ispettore. E, se posso darle un consiglio, stia molto attento."

"Per quale motivo?".

"Beh, le informazioni che mi ha chiesto... è roba che scotta. Io non vorrei saperne nulla se fossi in lei."

Detto ciò se ne andò. Poco dopo l'Ispettore chiuse la cartelletta e, dopo la solita occhiata di controllo, abbandonò il vicolo, dirigendosi al parcheggio per recuperare la propria auto. Non avrebbe resistito alla curiosità, nonostante Flavio lo avesse avvertito della pericolosità del materiale che gli aveva consegnato. Eppure, salì sul proprio mezzo, accese la luce e iniziò a sfogliare i vari documenti.

La concentrazione in cui si era immerso accecò la sua capacità di notare qualcuno che lo osservava poco distante.

Sul primo foglio, data per data, erano scritti tutti i nomi dei bambini che Raffaele aveva trovato sul foglietto trovato misteriosamente nella posta. Allora ha ragione, pensò. La famiglia Pozzo, non sapeva come, era riuscita ad insabbiare tutto. E quale poteva essere lo scopo di quelle sparizioni? Il collegamento era ovviamente dato dall'appartenenza dei pargoli alla stessa famiglia, ma non spiegava nulla.

Lo avrebbe scoperto.

Esaminò il resto della documentazione, cercando tra le righe qualsiasi informazione che potesse fargli intuire qualcosa in più di quella intricata vicenda. Poi, qualcosa attirò la sua attenzione. Si trattava dell'ultimo foglio, sul fondo della cartelletta, che apparentemente non aveva alcuna attinenza con il resto delle informazioni che Flavio gli aveva fatto avere. Era l'immagine di una ragazzina bionda.

Raffaele aveva parlato di lei, sostenendo fosse una sorta di spettro che abitava nel suo appartamento allo scopo di proteggerli dalla sua stessa famiglia. Certo, non credeva affatto che si trattasse di un'entità sovrannaturale, ma la somiglianza tra la fanciulla e la descrizione fornitagli dall'amico era innegabile. Il vestito verde, la giovane età, c'era una scheda dettagliata sulla giovane e Mario la lesse dall'iniziò alla fine.

E, l'ultima riga, lo lasciò attonito. Svelava la verità sulla misteriosa ragazza.

Pazzesco, pensò il poliziotto. Dunque lei è...

I suoi pensieri furono interrotti all'istante. Una pallottola scagliata da un'arma poco distante ruppe il vetro frontale dell'auto e colpì Mario in pieno petto. L'Ispettore lasciò cadere i documenti e si accasciò sul sedile. Poco lontano, l'aggressore, accertato di aver compiuto il proprio dovere, abbandonò rapidamente la postazione.

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