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Nonostante l'insistenza, Lucrezia non riuscì a convincere Raffaele dal desistere dai suoi propositi. I due trascorsero alcune ore per sistemare ogni particolare, di modo che nulla potesse andar storto. Il giovane operaio, d'altro canto, non negava che la sua idea potesse rasentare la stupidità, ma sosteneva fosse meglio correre un piccolo rischio piuttosto che stare fermi ad aspettare. Difatti stava impazzendo in quei giorni costretto a rimanere fermo, senza uno straccio di indizio per proseguire le indagini. Alla fine Lucrezia accettò, seppur malvolentieri, di aiutarlo. Uscirono di casa la sera dopo, in seguito alla cena, con Samantha lasciata insieme a Daria. E a Maria.

Una volta saliti in macchina, nessuno dei due parlò per lungo tempo. Raffaele, per la prima volta in tante settimane, iniziò a pensare che la propria mente versasse in condizioni precarie e, se quella storia non fosse finita, sarebbe peggiorato. Cercò invano di distrarsi raccontando a Lucrezia del proprio lavoro, la quale si finse interessata, con la mente altrove.

"Te lo chiedo ancora" - affermò la donna, rompendo il silenzio. "Sei proprio certo di volerlo fare?".

"Sicuro o meno, oramai non possiamo più tornare indietro."

"Certo che puoi. Ti bastare fare una dannata telefonata e cancellare tutto!".

Raffaele rimase basito da quel tono , ma poteva capirla. "Sai che non posso farlo."

La donna sospirò, rassegnata. "Sei un testone, lo sai?".

Poco dopo raggiunsero Tirano, da tempo meta abitudinaria. Raffaele ripensò alla missione che gli era stata affidata e a ciò che implicava. Non si sentiva all'altezza, ma qualcuno pensava il contrario, altrimenti non avrebbe riposto fiducia in lui; tuttavia doveva dimostrare di essere la persona giusta per un tale compito, per sé stesso e per la sua famiglia. Poi, guardò la donna che sedeva al suo fianco, colei di cui si era invaghito da qualche tempo. Lucrezia gli stava sempre vicino, nonostante i rischi e, a costo di illudersi si chiedeva cosa potesse significare tutto ciò.

Parcheggiarono e percorsero a piedi un centinaio di metri prima di avvicinarsi a un vecchio stabile, che doveva contenere non più di dieci appartamenti. Il portone era aperto e alla portineria non c'era nessuno. Salirono le scale fino al terzo piano, per poi fermarsi di fronte all'ingresso.

"Raffaele..." sibilò Lucrezia.

"Lo so, vuoi chiedermi ancora se sono sicuro."

"Tanto so che sarebbe inutile."

Il giovane operaio sorrise. "Finalmente stai imparando a conoscermi."

Detto ciò suonò il campanello e, pochi secondi dopo, il padrone di casa aprì. Samuele Proietti, conosciuto per essere stato il primo sospettato della morte di Saverio Pozzo, era apparso di fronte a loro.

"Entrate." tagliò corto l'ometto, con il consueto sguardo crucciato. Raffaele e Lucrezia accolsero l'invito, nonostante Proietti non apparisse molto felice di vederli. I due seguirono Samuele, il quale indossava una specie di pigiama a quadratini che lo rendeva simile a un personaggio uscito da un film di animazione. Vennero condotti fino alla cucina, dove Samuele aprì il frigorifero e prese una birra, senza premurarsi di chiedere a suoi ospiti se volessero qualcosa, omettendo le buone maniere.

"Due Pozzo in casa mia." commentò Proietti, sorseggiando la sua birra e sedendosi alla tavolata "Se non vi avessi visti qui non ci crederei."

"Sono qui solo per parlare." lo tranquillizzò Raffaele, accomodandosi a sua volta.

"Al telefono sei stato molto vago."

"Allora sarò chiaro. Mi occorre il tuo aiuto."

L'ometto, burbero per natura, lo fissò pensoso. "Già averti fatto entrare in casa mia è qualcosa che va contro i miei principi. Per quale motivo dovrei abbassare ad aiutarti."

"Io non c'entro nulla con il resto della mia famiglia." protestò Raffaele, facendosi serio.

"Ma davvero?".

"Loro non sono delle persone. Sono mostri."

"Mmm... non saprei. Quando mi hanno accusato di omicidio c'eravate anche voi, vero? Dietro quel vetro ad ascoltare il mio interrogatorio."

"E cosa pretendevi?" intervenne Lucrezia, in tono autoritario. "Era morto un nostro parente, avevamo il diritto di sapere chi fosse stato a eliminarlo!".

Samuele la osservò, sorpreso dal modo di fare deciso. "E va bene. Che cosa vi serve?".

"Sappiamo che un tempo lavoravi per il governo, nello spionaggio." affermò Raffaele.

"Vero. E allora?".

"Ecco... ci serve il tuo aiuto per spiare mio padre, Fausto Pozzo."

"E per quale motivo vi interessa spiarlo?".

Raffaele guardò Lucrezia, cercando un aiuto, ma la donna fece spallucce. "Mi dispiace, questo non possiamo dirtelo."

"Quindi dovrei fidarmi solo della vostra parola?" domandò con tono tranquillo Proietti, finendo di trangugiare la propria bibita.

"Fidati. Meglio sai, meglio è."

"Anche lei signora non vuole dirmi nulla?".

"Nulla più di quanto è già stato detto."

Per la prima volta, Samuele sorrise e tornò a rivolgersi a Raffaele "Mi piace la tua donna. Determinata e autoritaria."

I due si guardarono, senza celare il proprio imbarazzo. Il giovane operaio, a tal fine, tornò al succo del discorso. "Allora, che ne dici?".

L'uomo rifletté qualche istante, poi scosse la testa. "Non posso."

"Non puoi? E perché?!".

"Quello che mi chiedete è rischioso. Non voglio finire nei guai. Mi sono rifatto una vita e non voglio avere ancora guai con la giustizia."

In quel momento, Raffaele provò un forte senso di rabbia. Avrebbe voluto alzarsi e picchiare quell'insulso ometto che si rifiutava di dare loro aiuto, ma sapeva che doveva trattenersi, se voleva avere una speranza; volente o nolente, aveva bisogno di lui. Cosa poteva volere un uomo come Proietti, al quale non interessava nulla di niente e di nessuno? Di qualunque cosa si trattasse, doveva offrirgliela su un piatto d'argento.

"Pensa a quello che potresti ottenere, aiutandoci."

"Sentiamo, cosa ci potrei guadagnare?".

"L'unica cosa che ti interessa davvero. La vendetta."

Proietti lo guardò incuriosito, imitata da Lucrezia, interessata a vedere dove Raffaele stesse andando a parare. "Mio padre ti ha sempre trattato male, ti ha umiliato e per un errore ti ha cacciato, senza possibilità di appello. La sua azienda è in crisi, forse lo avrai saputo."

"Certo che si. E non sai quando mi abbia dato piacere questa notizia."

"E non vorresti dargli il colpo di grazia?".

"Il colpo di grazia..." biascicò Proietti. appoggiando i gomiti sul tavolo. Sembrava sull'orlo del convincimento; mancava poco.

"Sicuro?" rincarò la dose Raffaele. "Vuoi vederlo cadere a terra definitivamente?".

A quel punto fu un gioco da ragazzi concordare il piano con il quale avrebbero spiato la famiglia Pozzo e Samuele avrebbe contribuito volentieri. Abbandonarono l'abitazione con le idee chiare e la certezza che quel piccolo delinquentello era dalla loro parte.

"Sei stato bravo a manipolarlo." osservò Lucrezia, uscendo dallo stabile.

"Non mi è piaciuto, ma ho dovuto farlo."

"Potremmo finire nei guai, lo sai?".

"Non succederà. Ma se non te la senti, puoi farti da parte." le disse Raffaele e Lucrezia, sentendosi offesa da tali parole lo superò accelerando il passo.

Una volta saliti in auto, Raffaele sospirò, rasserenato. "Ora non resta che fare quell'ultima chiamata."

"Resto dell'idea che sia una pessima idea."

Il giovane operaio le sorrise, poi sfrecciò verso casa.

OmbreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora