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Nonostante la voglia di andare al lavoro fosse pari a zero, fece spallucce e si getto a capofitto tra i macchinari, sperando che smanettare tra bulloni e ingranaggi potesse servire a distrarlo dalla questione che dalla sera prima aveva assunto toni drammatici. Qualcuno aveva spaventato Samantha; era davvero troppo. Più tardi scoprì che gli era stata assegnata una mansione esterna e doversi recare fuori paese per aggiustare alcuni guasti in un dormitorio gestito da alcune attempate Monache, gli permise di godersi un poco d'asfalto con il proprio furgoncino, ma anche guidare oramai non gli procurava le stesse sensazioni di un tempo, prima che tutto quel caos stravolgesse la sua vita.

Terminata la commissione, tornò all'edificio base. Mancava poco più di un'ora al termine del turno lavorativo e, nei pochi minuti di pausa che si concedeva, si recò alla toilette ove si lavò le mani, per non lasciare che la propria premura per l'igiene non venisse lenita dai brutti pensieri. Uscì dal bagno e fece per tornare al lavoro, ma la sua attenzione venne attirata da alcune voci provenienti dall'ufficio del direttore. Si avvicinò e cercò di capire cosa stessero dicendo, in quanto il vociare della persona che sedeva di fronte al Capo non gli era nuova. Mario? Pensò Raffaele, cercando di sbirciare tra le tendine, in mezzo alle quali l'immagine di un uomo vestito elegantemente oscurava quella del proprietario della baracca, vestito con un'informale camicia a righe rosa.

Avanzò di un altro passo ma, nonostante le sottili pareti, non riuscì a carpire il senso della loro conversazione. Poco dopo Mario si alzò dalla sedia, stringendo la mano al direttore, con il quale si incamminò versò l'uscio. Raffaele, preso alla sprovvista, si allontanò rapidamente e, nel momento in cui la porta dell'ufficio si aprì, fece finta di trafficare con la fotocopiatrice, della quale non aveva mai avuto realmente bisogno, tanto meno in quel momento.

"Eccolo!" esclamò il Direttore, puntando il dito contro di lui. Il giovane operaio si voltò, fingendo sorpresa.

"Raffaele." disse Mario, togliendosi la giacchetta, probabilmente per la calura regnante nell'edificio. "Devi venire con me."

"Se vuole arrestarmi, Ispettore." ironizzò Raffaele. "Sappia che non parlerò senza il mio avvocato."

"Non fare il buffone. Si tratta di una questione importante."

"Ma il mio turno dura ancora un'ora."

"Ho parlato con l'ispettore Tempo." assicurò il Direttore. "Mi ha spiegato che devi aiutarlo per via dei recenti omicidi."

Raffaele guardò di sbieco l'amico. Nel suo sguardo c'era qualcosa che lasciava trapelare un che di allarmante, che andava ben oltre la semplice richiesta di collaborazione. Difatti, mentre abbandonavano il fabbricato, Mario mantenne quell'aura di mistero e silenzio, quasi fosse su un altro pianeta, a rimuginare su ciò che non gli dava pace.

Passarono di fronte all'abitazione del fu Saverio Pozzo, il cui giardino stava sprofondando nella fatiscenza più totale, dal momento che con tutte quelle morti non si era ancora affrontato il problema della successione, di cui il notaio presto avrebbe accelerato i tempi di esecuzione.

Raffaele lo studiò. Non gli aveva nemmeno dato il tempo di cambiarsi d'abito, costretto a salire in auto con i sudici abiti da operaio, cosa che detestava. Avrebbe voluto interrogarlo, chiedergli spiegazioni, ma già uscendo dal lavoro lo aveva ammonito sul fatto che non potevano parlarne lì, in quanto dovevano appartarsi in un luogo in cui presumibilmente nessuno li avrebbe uditi. Una volta giunti di fronte al commissariato di Tirano, Mario frenò bruscamente, preso da una insolita fretta.

"Sei consapevole che mi stai spaventando, vero?" lo informò Raffaele.

"Trovi?" gli chiese Mario, spegnendo il motore. "Tra poco lo sarai per davvero."

Poco dopo essere entrato nella Centrale di Polizia, Raffaele udì dal corridoio alcuni strani rumori, simili a uno schioppettio. Ora, non sapeva se nell'edificio esistesse una stanza adibita all'esercitazione del tiro a segno, ma quei suoni assomigliavano molti a quelli prodotti dalla sparo di una pistola. Scosse la testa e seguì Mario, diretto chissà dove per scoprire chissà cosa.

Dopo aver superato l'ufficio di Mario, il mistero si infittì. Dove lo stava portando? Si adeguò timidamente al passo dell'amico, il quale gli dava le spalle seguitando a non parlare. Poco dopo raggiunsero una rampa di scale, che dava direttamente al sotterraneo e la scesero, con l'Ispettore che non si premurò nemmeno di accendere la luce, tanto che Raffaele dovette ingegnarsi per riuscire a non capitombolare sopra di lui.

Arrivati in fondo, Mario venne salutato da un collega che indossava uno strano cappello, molto simile a quello di un detective degli anni sessanta, segno che i romanzi polizieschi avevano un potere di influenza maggiore di quanto si pensasse. L'Ispettore ricambiò con un cenno della mano disinteressato e proseguì oltre, fino alla porta di uno stanzino, che aprì per poi invitare Raffaele a entrarvi.

Una volta dentro, il poliziotto chiuse l'uscio e accese una debole luce, regolandone l'intensità, dopodiché tolse la giacchetta, si sedette attorno al tavolo, probabilmente adibito agli interrogatori e si infilò una mano in tasca e ne tirò fuori un pacchetto di sigarette. Ne prese una e la mise tra le labbra, accendendola nervosamente. Raffaele lo osservò, notando quanto tempo stesse impiegando per un'azione così semplice, quasi stesse deliberatamente cercando di perdere tempo.

"Deve essere molto importante la cosa che devi dirmi per aver ripreso un vizio così terribile." notò il giovane operaio, sedendosi di fronte a lui.

"È da molto che ho ripreso." replicò Mario, dopo aver espirato con vigore. "Questo lavoro può essere più stressante di quanto si pensi."

Sul sottofondo di passi echeggiante al di fuori della stanza, forse causato da un poliziotto intento a trascinare un sospettato in uno stanzino per torchiarlo, Mario mise le mani nella tasca della propria giacca mostrando un cd-rom protetto da una custodia trasparente, che appoggiò sul tavolo con un gesto deciso. Poi si alzò, aprì un armadietto e afferrò un PC portatile che mise sulla scrivania. Raffaele osservò in silenzio, aspettando con impazienza di sapere il motivo di tutta quella segretezza.

Mentre l'amico accendeva il computer, Raffaele adocchiò il cd, tentando di capire cosa vi fosse scritto sopra ma, tra il carattere minuscolo e la non troppo perfetta calligrafia, riuscì solo a leggere una parola che sembrava vagamente Tribunale. Prima di poter completare la lettura, Mario prese il dischetto, lo sfilò dalla custodia e lo inserì nel lettore. Lasciò caricare i contenuti, dopodiché girò lo schermo in modo che anche Raffaele potesse vedere.

"Di cosa si tratta?" volle sapere il giovane operaio.

"Questo è un filmato tratto dalle videocamere di sicurezza di Rogerio Pozzo."

"Aveva un impianto di videocamere?".

"Già." disse Mario, seguitando a consumare la propria sigaretta. "E a quanto pare era abbastanza furbo da cancellare le parti che riprendevano le violenze domestiche."

"E questo filmato cos'ha di così importante?".

Mario lo guardò serrando le palpebre. "Sei davvero sicuro di volerlo sapere? Tutto ciò in cui hai sempre creduto potrebbe essere stravolto."

"Sono pronto a correre il rischio." lo rassicurò Raffaele. "Di qualsiasi cosa si tratti, sono pronto."

"Se lo dici tu." disse Mario facendo spallucce.

Poi fece partire il video.

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