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Quando iniziò la propria personale corsa contro il tempo, Raffaele notò come la città si fosse improvvisamente svuotata, come colpita da un incantesimo non benevolo, capace di addormentare i paesani nel momento dell'aggressione. Chiunque avrebbe trovato molto strano che nessuno avesse sentito nulla, nonostante grida e strepitii avessero urtato le mura domestiche per diverso tempo. Sviò il pensiero, avvolto in questioni più importanti.

Scattò e svoltò l'angolo.

Attraversò il cortile e suonò ripetutamente il citofono, nella speranza che Giorgio aprisse il più presto possibile. Il dito batteva e ribatteva contro il pulsante, a un ritmo forsennato. Raffaele pensò che quel gesto lo avrebbe fatto impazzire se fosse stato costretto a ripeterlo ancora a lungo, ma fortunatamente poco l'uscio si schiuse.

"Che succede, Raffaele?" domandò Giorgio, allarmato dal comportamento dell'amico.

"Fammi entrare." gli ingiunse il giovane operaio, rifilandogli una lieve spallata ed entrando nell'appartamento. "Devi venire con me... io-io..."

"Calmati! Prendi un respiro e spiegami che ti prende."

"L'hanno rapita! Hanno rapito mia figlia. E mi hanno rubato il telefono, così non ho potuto chiamare la polizia!".

"Alla fine è successo...." bisbigliò tra sé e sé Giorgio, il quale prese il cellulare.

"Che stai facendo?".

"Chiamo la polizia."

"Fai in fretta però." gli intimò Raffaele. "Poi andremo nella tenuta della mia famiglia. Sicuramente l'hanno portata lassù,"

"Faccio subito." cercò di tranquillizzarlo il Parroco. Tuttavia, nessuno rispose.

"Come sospettavo." sentenziò il giovane operaio, in trepidazione.

"Riproviamo."

Chiamarono svariate volte, ma l'esito fu sempre il medesimo.

"Non capisco." disse il Prete guardando il display. "Perché non rispondono?".

"Non abbiamo più tempo." esclamò Raffaele. "Andiamo direttamente da loro. Anche se temo che non li troveremo."

Salirono in auto e partirono alla volta di Grosotto, alla la più vicina Centrale di Polizia. Parcheggiarono sul ciglio della strada, anch'essa deserta. Uno gelido e fastidioso vento accompagnò la loro discesa dal mezzo e la successiva corsa verso l'ingresso ma Raffaele, senza perdere tempo, corse in direzione della porta che, come previsto, era chiusa.

"Non ci posso credere..." esclamò, prendendo poi a controllare le finestre, ma l'esito fu il medesimo.

"C'è qualcosa che non va..." azzardò Giorgio, provando anch'esso a scuotere l'uscio, senza successo.

"La Valle è desolata..."

"Mi sembra tutto chiaro ora."

"In che senso? Spiegati."

"È stato lui." sentenziò Giorgio, lanciando uno sguardo serio all'amico. "Ha bisogno del sacrificio e per questo motivo ha dato ai suoi adepti il tempo necessario per rapire Samantha ed evitare problemi."

"Facendo sparire tutti gli abitanti dell'Alta Valle?" commentò Raffaele non senza una vena d'ironia.

"Non li ha fatti sparire. Una volta che il sacrificio sarà compiuto, sarà come nulla fosse mai accaduto."

"Non capisco... sembra così assurdo."

"Gli abitanti sono ancora dove erano, nelle loro abitazioni, ma la forza di quell'entità li ha come resi invisibili."

"In pratica è come se non potessimo vederci a vicenda." osservò Raffaele.

Il Parroco annuì. "Moloch ha preso in ostaggio la nostra cittadina."

"Dobbiamo fare in fretta."

"Cosa hai in mente?".

"Maria, mia sorella, è l'entità che fino a ora ha sempre protetto Samantha, ma è costretta tra le mura del mio appartamento, a causa dell'incantesimo prodotto da uno strano simbolo."

Giorgio rifletté. "Un simbolo..."

"Mio padre l'ha fatto dipingere sulla porta di casa e ciò impedisce a Maria di uscire. Facciamo così. Io vado a cercare Samantha, tu vai a casa mia e prova a liberarla."

"Non posso assicurarti di riuscire."

"Sei la mia unica speranza, Giorgio."

Il Prete osservò l'amico e lesse nei suoi occhi tutto il dolore che stava provando. "E va bene. Vai."

"Grazie..." affermò Raffaele. "Spero solo non sia troppo tardi."

"Credo di no. Un sacrificio di questo genere richiede una lunga preparazione."

"Lo spero davvero."

"In soffitta dovrei avere qualche libro che può fare al caso nostro."

"Ti scongiuro, fai tutto quello che ti è possibile." lo supplicò nuovamente il giovane operai.

"Vai da tua figlia." gli intimò l'altro. "Corri."

"Dimenticavo. Mi serve la tua automobile. Mi hanno tagliato le gomme."

L'uomo gli lanciò le chiavi e Raffaele le afferrò al volo. Uscì di casa, salì sull'automobile e inserì rapidamente le chiavi nel quadro, ma per la fretta il mezzo si spense. Imprecò, poi accese nuovamente il motore e partì.

Giorgio saettò subito nella sua mansarda, accese la luce, constatando come la lampadina stesse per bruciare. Poi frugò tra gli scaffali impolverati e gettò a terra un numero imprecisato di volumi, ritenendo di non avere tempo per l'ordine. Dalla brutta esperienza vissuta anni prima in Africa aveva accumulato un buon numero di tomi che trattavano l'annosa questione dei sacrifici umani, ma sperava non dovessero mai servirgli. Ora, invece, tutto tornava. Ne prese alcuni e tornò al piano inferiore.

Raffale, nel frattempo, imboccò la prima salita, superando un uomo a cavallo. Lo conosceva, era solito a percorre quella strada. Cercò di convincersi di avere ancora molto tempo, come Giorgio gli aveva detto, che la cerimonia fosse solo ai preparativi. Tuttavia aveva perso tempo prezioso nel tentare di cancellare il simbolo dalla porta e nel cercare invano la polizia e questo il suo caro padre lo sapeva. Samantha era in loro balia e il terrore che lo pervase rese ancora più difficile guidare senza far tremare le mani sul volante. Sembrava un ossimoro, ma doveva restare lucido se voleva avere una speranza.

Non doveva cedere alla paura. Nemmeno alla rabbia.

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