2

82 15 2
                                    

Attese la sera prima di recarsi dal padre per ascoltare l'angosciante racconto della triste dipartita di zio Saverio. Fausto, questo il suo nome, risiedeva a Lovero, minuscolo paesino situato a un batter di ciglia da Tovo di Sant'Agata. Poco dopo aver ricevuto la telefonata, Raffaele aveva preso a scongiurare Daria affinché si fermasse un paio d'ore in più, giusto il tempo di venire a conoscenza dei fatti che avevano sconvolto la sua giornata. La giovane lo aveva tranquillizzato; non aveva alcun problema a restare un po' di più con Samantha.

Nel breve tragitto appurò come eventi del genere non fossero all'ordine del giorno, specie in quella piccola porzione dell'alta Valtellina. Un omicidio era qualcosa che avrebbe scosso gli umori locali, talmente abituati alla tranquilla e monotona quotidianità; non si sarebbero potuti capacitare della vicinanza di tale terribile avvenimento con le loro vite. In un Comune di così ridotte dimensioni, dove in pratica anche gli alberi erano conosciuti al pari del pensionato intento a comprare il gratta e vinci giornaliero (e forse qualcuno di più), la popolazione locale avrebbe impiegato del tempo per metabolizzare il tutto.

Ebbe modo, nei pochi minuti passati in auto, di regalare un pensiero a zio Saverio. Tra tutti gli zii era quello con cui aveva intrattenuto i migliori rapporti. Durante l'infanzia lo aveva spesso e volentieri accompagnato al luna park, a prendere il gelato, facendogli compagnia mentre guardava i cartoni animati alla televisione. Con il passare degli anni questo bellissimo rapporto era inevitabilmente scemato, ma non il rispetto nei suoi confronti, che si manifestava nelle rare occasioni in cui avevano modo di incontrarsi, soprattutto durante le cene di famiglia.

Rifletté sul fatto che Saverio non si era mai sposato; il padre lanciava non troppo velate frecciatine in direzione del fratello, riferite a una non precisata passione per le giovani donne e il divertimento e forse proprio questa abitudine sfrenata per la mondanità e un carattere tutto sommato chiuso gli avevano impedito, nel corso degli anni, di incontrare una compagna per la vita.

Oltrepassò il supermercato installato sulla sinistra, dopo l'ingresso nella cittadina, svoltò a destra e la sfarzosa magione comparve di fronte ai suoi occhi. A differenza di Tovo dove, se non possedevi un garage o un box auto, trovare un parcheggio era un'impresa piuttosto ardua - specie se terminavi il lavoro e tornavi a casa a ora tarda - il proprietario aveva fatto erigere una deliziosa Villa con un ampio cortile, che avrebbe dovuto fungere da posteggio per i fratelli e le rispettive famiglie, nelle (un tempo) numerose riunioni di cui Fausto, in quanto primogenito del defunto nonno Cilindro, era l'indiscusso Patriarca.

Accostò di fianco all'enorme cancello e, dopo essersi fatto aprire, parcheggiò. Mentre chiudeva con delicatezza la portiera, si lanciò un'occhiata attorno. Era parecchio che non visitava l'abitazione, nella quale aveva trascorso oltre metà della propria esistenza, ma gli pareva in quel momento così lontana ed estranea.

Prima di bussare alla porta sbuffò, viaggiando con la mente al momento in cui il padre lo avrebbe rimproverato per non essersi fatto più vedere. Raffaele avrebbe risposto che il tempo per alzare la cornetta ce l'aveva pure lui, dopodiché il nervosismo avrebbe preso possesso dei loro animi e l'atmosfera si sarebbe surriscaldata. Non era di certo una persona molto incline all'autocontrollo e questo difetto, che accomunava entrambi, gli aveva causato non pochi grattacapi in gioventù, memore di un paio di violente risse liceali.

Fu il volto di Fausto ad apparire oltre l'ingresso. Solitamente era la domestica, una ragazza peruviana emigrata nel Bel paese in tenera età, a occuparsi della magione, badando a faccende come l'apertura della porta agli ospiti e la seguente accoglienza. Se il famigerato imprenditore si era abbassato a tale (per lui) umile incombenza, voleva dire che la vicenda era molto più seria di quanto Raffaele credesse; l'affascinante colf, il cui aspetto fisico e la tenera età avevano influito sulla sua assunzione (a dispetto del ben più modesto curriculum), si stava occupando della polvere, eliminandola con un impegno e una determinazione a tratti eccessiva.

Per qualche istante il giovane operaio pensò, forse a torto, di essere giunto in un momento inappropriato, interrompendo gli abituali rituali da donnaiolo del padre, il quale non aveva avuto problemi a sedurre la sua gradevole dipendente, affascinandola con il proprio carattere da uomo sicuro e vissuto.

L'inclinazione verso la ricerca di donne giovani e sensuali, una sorta di vizio di famiglia - a giudicare dalle abitudini del fratello minore - era in realtà originata dal vuoto lasciato dall'inaspettata separazione dalla moglie, abbattutasi come un fulmine a ciel sereno sulla sua esistenza. Erano oramai passati dieci anni da quando Angelina gli aveva comunicato la propria decisione di andarsene, imputandogli ogni genere di colpa e vomitando un insulto dopo l'altro, asserendo che tutta la rabbia e l'angoscia che si era tenuta dentro l'aveva fatta letteralmente esplodere.

Oltre ad averla trascurata per buona parte del matrimonio, per via del lavoro e degli amici, tempo in cui si era convinta di essere una serva invece che la sua consorte, erano venute a mancare tutte le esigenze di una donna comune. Raffaele all'epoca era troppo piccolo e non ricordava nulla del giorno in cui la madre aveva formulato, senza imbarazzo, le proprie accuse. Fausto, da uomo morigerato quale tentava di passare, aveva cercato di farla calmare, invano. Angelina aveva preparato le valigie e si era precipitata fuori dall'abitazione.

Raffaele da allora non l'aveva più vista né sentita, sprofondando in un lungo periodo di disperazione. Crescendo però aveva capito che l'improvviso addio non era casuale, ma seguiva a una decisione ponderata della madre, la quale magari per mesi aveva segretamente incontrato il suo amante. Conoscendo il padre e lo scarso amore dimostratole, non si sentiva di biasimarla, ma non riteneva giusto abbandonare il proprio bambino, facendogli mancare per sempre una figura materna.

Come si poteva immaginare, a differenza delle commedie sentimentali, Fausto non aveva fatto la propria comparsa all'ultimo momento, con tanto di disperata corsa in auto in mezzo al traffico impazzito. Si era limitato a versarsi un bicchiere di brandy e a scuotere le spalle. Almeno, questo è ciò che gli avevano raccontato.

Da allora, le incursioni nel variegato mondo delle giovani fanciulle erano iniziate timidamente, mentre in seguito vennero alimentate dal fuoco della solitudine. Disse che non aspettava altro, essendo ben felice che l'ex moglie gli avesse lasciato campo libero. Raffaele, tuttavia, era ben conscio del suo notevole orgoglio e sapeva che stava soffrendo in silenzio e che avrebbe preferito morire piuttosto di confessare che la partenza di Angelina lo aveva gettato nello sconforto più totale.

"Vieni pure." disse Fausto. Raffaele oltrepassò la soglia d'ingresso e, con le mani appoggiate sui fianchi, lanciò fugaci occhiate al corridoio, alle cui pareti erano appesi quadri raffiguranti epiche battaglie tribali svoltesi chissà quanti secoli prima in Africa (continente del quale il padre era innamorato) e fotografie incorniciate in cui il padrone di casa appariva di fianco a personalità di spicco dell'imprenditoria mondiale, tra i cui riconobbe un noto stilista straniero.

Osservò a lungo le mura ove era nato e cresciuto e i cui pavimenti avevano per anni sopportato salti e corse senza sosta. A trent'anni, non poteva fare a meno di notare come l'intera magione, che gli sembrava di vedere per la prima volta, dovesse essere costata una fortuna, in ogni sua parte e minuscolo anfratto. La lungimirante e gloriosa azienda di famiglia, d'altronde, permetteva a tutti i componenti una vita di lusso e agi, resa ancora più evidente dal fatto che, in quella particolare zona della Valtellina, non esisteva concorrenza.

Nel breve tragitto dal corridoio al variopinto e addobbato soggiorno Fausto, il quale marciava alla pari di un dipendente di Motel in procinto di accompagnare il cliente nella stanza prenotata, si voltò in direzione del figlio, celando una punta di rimprovero. Raffaele aggrottò le sopracciglia, non comprendendo il motivo dei minuscoli lampi di rabbia promananti dagli occhi del padre. Dopodiché si guardò i vestiti e apprese il motivo di tanto astio. Aveva da poco terminato di lavorare e, anche se aveva fatto in tempo a passare rapidamente da casa, non si era cambiato gli abiti da lavoro. Svolgendo mansioni da operaio, era all'ordine del giorno ungersi e sporcarsi.

E che fosse diventato operaio, Fausto non gliela aveva mai perdonato.

OmbreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora