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Pochi istanti più tardi il suo corpo, a lungo paralizzato, riprese a muoversi. Aprì gli occhi, senza ricordare nulla di quanto successo poco prima. Si ritrovò sdraiato di schiena, sul proprio divano, che riconobbe dal colorito giallo puntellato di fiori. Eppure non si trovava nel proprio appartamento; vicino a sé non c'era Lucrezia o Vincenzo. Si alzò, intontito, quasi avesse dormito parecchie ore.

"Dove diavolo sono finito?" si domandò Raffaele, guardandosi attorno. Si era ritrovato in un luogo buio e angusto, reso ancora più inospitale dal vento freddo che penetrava nelle ossa. Osservando la struttura in cui sembrava intrappolato, pareva un grosso cubo in cui era stato posto da una mano invisibile. Cos'era quel luogo? Era forse la sua mente?

Analizzò la situazione, ma non aveva idea di come agire. Prima di potersi spaventare e farsi prendere dal panico, fece un respiro. Poco dopo, i suoi occhi parvero abituarsi all'oscurità che lo aveva accolto.Guardò di fronte a sé. Una densa coltre di fumo grigiastro, perfettamente rettangolare, che si muoveva all'interno e sui lati senza però spostarsi dal perimetro in cui era costretto. Raffaele vi si avvicinò incuriosito, pensando si trattasse di una sorta di barriera, forse proprio quella che qualcuno aveva eretto nella sua mente e che ora costituiva l'ostacolo che lo divideva dai suoi agognati ricordi, creata da un potente e sconosciuto incantesimo.

Senza pensarci troppo, fece la prima cosa che il suo cervello gli suggerì, senza tenere conto delle conseguenze. Gli andò incontro con decisione, quasi prendendo la rincorsa, deciso a passarsi attraverso. Il suo avventato piano subì una brusca decelerata nel momento in cui la coltre di fumo si ingrossò, respingendolo indietro bruscamente. Raffaele volò a terra, sbattendo la spalla.

Si appoggiò una mano su di essa, cercando di soffocare il forte dolore che solo alcuni minuti di agonia lenirono. Quando si rialzò, fissò quel misterioso rettangolo, stupido dalla potenza che emanava. Nel momento in cui aveva cercato di superarla, la cosa si era adoperata per difendersi dall'invasione, segno che colui che l'aveva creata si era impegnato per renderla impenetrabile.

Si avvicinò lentamente a essa, memore che avventarvisi senza riflettere avrebbe potuto rivelarsi fatale. Ne studiò la superficie, composta da uno strano e denso fumo, che a ogni movimento parve emettere uno strano rumore, del tutto simile a quello creato da un coro di voci stridule e strazianti. Raffaele, che aveva avvicinato un orecchio per ascoltare meglio, lo ritrasse immediatamente, rabbrividendo. Poi, avvicinò un braccio alla coltre, con gesti lenti e controllati. Mise una mano al suo interno e inizialmente tutto parve nella norma.

Poi fu un attimo.

Il fumo prese nuovamente a espandersi, avvolgendo poco a poco il corpo di Raffaele, fino a coprire il volto e impedendogli la visuale. Poco dopo una strana sostanza invase i suoi polmoni, ostruendo ogni via respiratoria e di lì a poco si sentì soffocare. Cadde a terra, impotente. Pochi secondo e sarebbe morto asfissiato. Azzardò un ultimo disperato tentativo di salvezza, cercando di allontanarsi dalla parete, rantolando gli unici biascichi che le sue corde vocali emettevano.

Strisciò lontano, anche se la nebbia cercava di stringerlo nella propria morsa. Alla fine però la tenacia di Raffaele venne ripagato e poco dopo la coltre iniziò a diradarsi, dando modo alla scampata vittima di riprendere finalmente fiato.

Si alzò in piedi, inferocito. La barriera sembrava impossibile da superare. Prese a inalare lenti e decisi sospiri, ancora con la mente ai terribili momenti passati senza possibilità di respirare. Chissà se il suo corpo stese manifestando gli stessi sintomi anche al di fuori della sua mente, si chiese Raffaele, il quale sperava vivamente che così non fosse, altrimenti il sensitivo che si era preso la responsabilità di portarlo fin lì avrebbe interrotto l'ipnosi, come aveva promesso. No, non doveva succedere. Doveva sapere cosa si celasse al di là della parente, convinto potesse servire non solo per risolvere i suoi dubbi sul passato, ma anche per trovare un modo di salvare Samantha. Aveva però poco tempo e nessuna idea su come agire.

Senza fare affidamento sugli insegnamenti precedenti, la sua cocciutaggine lo spinse nuovamente ad avventarsi contro il muro pieno di rabbia e, com'era prevedibile, prima di entrare in contatto con il fumo questo lo avvolse nuovamente nel suo oscuro abbraccio. Eppure non gli importava. Sarebbe riuscito ad attraversare la barriera, in un modo o nell'altro. Il fumo invase nuovamente le vie aeree ma questa volta sembrò non subire la mancanza del respiro e riuscì ad avanzare di qualche passo. Stava riuscendo a penetrare la parete, che a sua volta si impegnava negli ultimi disperati tentativi di fermarlo.

"Ridammi i miei ricordi!" sbraitò Raffaele e quelle parole lo liberarono del parassita immateriale che lo stava violando. Riuscì ad avanzare, ritrovandosi in un enorme vortice grigio, all'interno del quale regnava un gelo atroce, con un forte vento che cercava di ricacciarlo indietro. Proprio in quel momento, percepì un dolore lancinante al capo, che lo portò a gridare dalla disperazione.

Si accasciò a terra, nuovamente. Strinse i denti, anche se la forza che martellava dentro il suo cranio era insostenibile.Era come se la sua testa fosse diventata più pesante, quasi che qualcosa gli fosse stato inserito forzatamente, come in un operazione senza anestesia. Di quale orribile sortilegio era stato vittima tanti anni prima, si chiese.

Tuttavia, non molto tempo dopo il dolore svanì del tutto. Si alzò, come se nulla fosse accaduto, notando che qualcosa era cambiato in quel misterioso luogo. Il fumo era sparito e con esso la parete. C'era solo la stanza in cui era stato catapultato, avvolta da una lieve nebbia viola. Guardò di fronte a sé; la nebbiolina disegnava chiaramente un uscio ad arco. Sorrise e si avvicinò speranzoso; sentiva di essere vicino alle risposte che cercava. Ne era certo.

Aveva finalmente ottenuto l'agognato accesso al luogo dove erano custoditi i propri ricordi.

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