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Anche uno sciocco avrebbe intuito che Padre Giorgio sapesse qualcosa, leggendo la teatralità della reazione che non era riuscito a controllare. Però bisognava farlo parlare, cosa che non appariva per nulla facile. Raffaele espresse questi dubbi a Lucrezia, nel ristorante in cui l'aveva portata nella speranza di trascorrere una serata diversa dal solito. Il giovane operaio le raccontò per filo e per segno i dettagli dell'incontro con il Parroco, dall'inizio promettente al finale inatteso. Lucrezia suggerì di attendere con pazienza e senza compiere azioni avventate, altrimenti avrebbero perso ogni possibilità di far cantare Padre Giorgio.

Erano giunti a Sondrio, il capoluogo della Provincia, scegliendo a caso il punto di ristoro, dopo aver costeggiato in auto le vie della città. Avevano scelto di spostarsi dall'Alta Valle per godersi la serata lontani da occhi indiscreti, oppure da conoscenti che avrebbero potuto borbottare e riferire a Fausto e allora sarebbero stati seri problemi. Dopotutto, facevano i salti mortali per evitare di far scoprire ai compaesani la loro convivenza, cosa che in un paesino come Tovo di Sant'Agata era molto difficile. Alla fine si erano decisi a chiamare Daria, la quale aveva acconsentito di buon grado a badare a Samantha, lasciando loro la possibilità di staccarsi qualche ora.

"Cambiamo discorso." propose Raffaele, dopo aver addentato un grissino. "In fondo siamo usciti per allontanarci dai problemi."

"Hai ragione."

"Forse avremmo dovuto portare Samantha con noi."

"Sono sicura che ha ben compreso la situazione." lo rassicurà Lucrezia, adocchiando il menù. "È una bambina molto intelligente."

"Lo so, ma non vorrei che si sentisse trascurata. Sai, negli ultimi tempi sono stato spesso fuori casa."

"Di questo non devi temere. Sei un padre perfetto."

"Grazie..." biascicò Raffaele, colpito dal complimento. Dalla morte di Lucia aveva sempre e solo pensato al meglio per la figlia, cercando di offrirle la migliore educazione possibile, non preoccupandosi di apparire come un papà modello degno di stima da parte degli altri genitori.

"Dico davvero." replicò la donna. "Ti osservo ogni giorno, vedo come ti muovi. Dai il massimo per lei, in ogni momento."

A quel punto, Raffaele smise di ascoltarla, limitandosi a notare quanto bella fosse quella sera. Aveva i capelli raccolti e indossava un elegante vestito rosso, sotto un volto sobriamente truccato, dal quale ogni livido sembrava sparito. Si chiese se anche lei in quel momento stesse pensando lo stesso, forse spinto dai complimenti appena ricevuti. Eppure, il fatto che fosse vedova da poco, lo bloccava.

"Sai che presto dovrò tornare a casa." lo informò Lucrezia, facendosi seria in volto.

"Perché dovresti?" chiese Raffaele, provando un tuffo al cuore nell'udire quelle parole, quasi Lucrezia gli avesse letto nella mente, mettendo in chiaro che da parte sua non c'erano gli stessi sentimenti.

"Dobbiamo riprendere in mano le nostre vite una volta che questa brutta storia sarà finita."

Raffaele avrebbe voluto replicare, magari confessare quello che provava per lei, ma non lo fece. Sentiva che non sarebbe stato giusto e la stessa Lucrezia glielo stava confermando, a modo suo. Rassegnarsi era un dolore insopportabile ma, se davvero non poteva esserci alcun futuro per loro, allora lasciarla andare era davvero il miglior modo per dimenticarla.

Nel frattempo, Samantha sedeva sul divano in compagnia di Daria, con le luci soffuse che illuminavano il libro che la gioovane teneva in mano. La bambina era accucciata alle spalla della baby-sitter, intenta a leggere per l'ennesima volta La regina delle nevi, fiaba che un recente adattamento cinematografico aveva riportato in voga. Raffaele era un appassionato di fiabe e teneva in casa ogni genere di raccolta, tanto di Andersen quanto dei fratelli Grimm, dalle leggende nordiche e le favole lapponi, passione che, forse per timidezza, teneva segreta.

"La renna era felicissima di tornare a casa sua e corse via per brughiere e paludi." recitò Daria, cercando di cadenzare le proprie parole in base spirito della novella. Samantha seguiva la storia lanciando fugaci immagini alle belle immagini stampate sulla pagina, che tante volte aveva ammirato e che per molto tempo avrebbe fatto. D'altro canto, Daria accettava sempre di buon grado di afferrare dallo scaffale un volume per raccontarle una storia, unico modo per impedire a Samantha di guardare la televisione, cosa che l'avrebbe incollata allo schermo fino a tarda ora.

"Dimmi la verità." chiese Samantha, al termine della lettura. "Nella vita non è sempre così, vero?".

"Cosa intendi?"

"Nella vita le rose del giardino non fioriscono sempre."

Daria rimase stupita dalla sottile ma originale similitudine tratta dal finale della fiaba e le accarezzo i capelli. "Più o meno."

"Secondo te mio padre sarà mai felice?" chiese la bimba con un filo di malinconia.

"Perché me lo chiedi?".

"Vedo quanto è triste. Che sente la mancanza della mamma ogni giorno."

"Certo, è normale. Si sono amati per tanti anni e un sentimento del genere è difficile da cancellare."

"Forse Lucrezia è quella giusta!" ipotizzò la piccola.

Daria sorrise nervosamente. Era l'unica oltre a sapere della convivenza di Lucrezia con Raffaele, oltre a Samantha, la quale aveva promesso di mantenere il segreto."Se sono destinati a stare insieme, così sarà. Non possiamo farci niente." disse Daria, che poi guardò l'orologio e si accorse che si era fatto tardi. "Ora però è il tempo della nanna."

"Non ho voglia." sbuffò la bambina, staccandosi dalla spalla della ragazza. "Leggimi ancora qualcosa, per favore!".

"Ehi, signorina! Avevamo un patto noi due, ricordi? Ti permetto di stare alzata un'ora in più ma poi devi andare a letto senza fare storie. Vuoi che annulliamo il nostro accordo?".

Sconfitta, Samantha chinò il capo. "No..."

"Ora vai a prepararti per dormire."

La bambina obbedì e corse a lavarsi a i denti, dopodiché, si infilò il pigiama e aiutò Daria ad aprire il divano-letto. Lasciò che la piccola si infilasse sotto le coperte e poi le diede un bacio sulla fronte. Spense le luci e fece per andarsene nella stanza che solo poche settimane prima era appartenuta a Samantha, laddove avrebbe potuto studiare.

"La luce." la bloccò la bambina. "Non scordare la luce."

Daria rammentò che, poco prima di uscire, Raffaele le aveva dato il permesso di lasciare la luce accesa, in modo che la piccola non soffrisse la paura del buio, almeno fino al momento in cui il padre fosse tornato. Dunque, Daria accese l'abat-jour e rinnovò la buonanotte, prima di scomparire dietro la porta scorrevole.

Sola nel proprio letto, Samantha ripensò all'ombra che aveva visto nella propria stanza, visione che per nottate intere l'aveva inquietata a tal punto da costringerla a dividere il letto con il proprio padre. Eppure, dopo diversi giorni di tranquillità, sentiva di non avere più così paura, certa che l'orrore che aveva percepito attorno a sé stava svanendo velocemente, lasciando il posto alla serenità.

Con tali certezze, si addormentò.

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