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Si risvegliò imprecando, infastidito per il secondo svenimento nel giro di un paio d'ore, anche se questa volta il dolore era più intenso. Si toccò la nuca e, dato il gonfiore, ipotizzò che l'aggressore avesse usato un oggetto molto pesante, forse lo stesso calcio della pistola che aveva assaggiato nel suo appartamento. Anche la vista, offuscata dall'intontimento, tornò quasi nell'immediato e presto si accorse di essere seduto sull'erba, con la schiena appoggiata a un tronco d'albero. Eppure non era stato in alcun modo immobilizzato, ma era libero di alzarsi e muoversi.

Molto strano.

Una strana e forte luce alle sue spalle lo costrinse a socchiudere gli occhi. Si alzò e andò a controllare. Non aveva scordato il motivo per il quale si trovava lì e nemmeno tutti gli svenimenti del mondo avrebbero potuto farglielo dimenticare. Samantha. Poi, un terribile pensiero scattò nella sua mente. Poteva essere tardi, non sapeva da quanto tempo fosse rimasto a terra, svenuto.

Un rumore lo distrasse e in lontananza, al centro della radura, scorse alcune strane sagome. Si alzò, avvicinandosi a brevi falcate fino a quando l'immagine si fece più nitida e i suoi occhi poterono scrutare quattro persone vestite in modo non certo convenzionale, indossando lunghi abiti scuri dai colori più svariati. E Raffaele sapeva bene di chi si trattasse.

Avvolti nelle loro tuniche, messi in risalto da una pesante illuminazione, c'erano suo padre, Fausto, la zia Katia e i due cugini Nicholas e Gabriel. Gli ultimi quattro rimasti di una famiglia di mostri, decimati da una potente entità che ora si trovava bloccata nel suo appartamento da un potente Simbolo. Ma Raffaele non provava alcuna compassione per loro; avevano avuto ciò che meritavano.

E ciò che si chiedeva verso la fine di quella macabra storia era, tenuto conto del fatto che Maria fosse fuori gioco, se avesse avuto il coraggio di divenire un assassino ed eliminare i membri della propria famiglia per salvare Samantha. Ma in quel momento di agonia della mente promise a sé stesso di non avere alcuna esitazione; lo avrebbe fatto senza nemmeno pensarci.

Scrutò l'odiata famiglia celandosi dietro il massiccio tronco, seguendo ogni minimo movimento. Il loro comportamento non sembrava coincidere con il rituale a cui credeva di assistere, stando al racconto di Giorgio. C'erano le tuniche, che presagivano un cerimoniale, ma non c'era traccia dell'altare, così come dei tamburi e degli strumenti musicali che avrebbero dovuto essere usati nel rito.

Guardò alla sua sinistra, dove avevano sradicato gli arbusti trovando la gigantesca statua di Moloch, che però sembrava essere scomparsa. Forse era stata nascosta in attesa di terminare i preparativi, ma Raffaele non riteneva possibile che quattro esseri umani avessero potuto trasportarla in un altro luogo. Eppure non era la pesantezza della statua ad affliggerlo, quanto la domanda più ovvia.

Dov'era Samantha?

I suoi nemici gli davano le spalle e in linea teorica avrebbe potuto coglierli di sorpresa, ma il suo potenziale piano possedeva non trascurabili falle, prima tra tutte il fatto che loro fossero in quattro mentre lui era solo, senza armi o qualunque altro oggetto utile per poterli aggredire. Perciò rimase nascosto dietro il tronco, che però non l'avrebbe protetto troppo a lungo, quindi doveva pensare a una mossa intelligente, attendendo il momento giusto per agire, senza commettere azioni avventate. Ne andava della vita di Samantha.

"Ben svegliato!" esclamò la voce squillante di Fausto, senza nemmeno voltarsi. Raffaele trasalì. Non sapeva come fosse possibile, ma si erano accorti di lui o, più semplicemente, lo stavano attendendo al varco e ciò spiegava perché lo avessero lasciato libero. Ma c'era qualcos'altro che non tornava.

"Dov'è Samantha?" tagliò corto Raffaele, avvicinandosi con cautela

"Non si saluta più?" chiese sarcasticamente il padre.

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