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Quella sera, nella quiete della sua solitudine, Rogerio Pozzo passeggiava irrequieto per il salotto. Brandiva in mano un bicchiere di vino rosso che solo in parte aveva consumato, preso com'era dai pensieri di quel pomeriggio, al termine del quale era finito a terra con il naso sanguinante. Si toccò la ferita, notando tristemente che non gli doleva più di tanto e la cosa non era un sintomo positivo, dal momento che doveva dimostrare un'aggressione violenta e brutale, con una denuncia che avrebbe dovuto, nei suoi intenti, colpire colui che si era macchiato della più grave delle colpe.

Sottrargli la moglie.

D'altronde, Lucrezia aveva espresso la sua volontà di stare alla larga dalla casa coniugale e lo stesso Rogerio non aveva potuto obiettare alcunché, soprattutto davanti a un integerrimo agente di polizia come Mario, il quale al minimo cenno di reazione lo avrebbe sbattuto al fresco senza tanti complimenti. Dunque, non c'era voluta molta fantasia nel pensare di provocare Raffaele per spingerlo a ricorrere alle mani, ben sapendo la propensione del giovane alla vecchia mania del ricorso alle maniere forti.

In un eventuale interrogatorio, forse la sua abilità di manipolatore sarebbe stata sufficiente a spiegare le ragioni delle percosse alla moglie, anche se dubitava che un eventuale Giuria avrebbe compreso il ricorso a metodi correttivi. Dunque, l'unico modo che aveva per uscire da quella situazione era accanirsi contro Raffaele, sperando che la vicenda del pugno tenesse lontano dai riflettori gli episodi di violenza domestica.

Sono stato imprudente, pensò.

Sin dal momento in cui aveva conosciuto Lucrezia si era sempre convinto della sua servilità ed era convinto di poterla tranquillamente sottomettere ai suoi voleri e in un certo senso c'era riuscito in tutti quegli anni di schiaffi, calci e pugni. Mai avrebbe pensato a una ribellione da parte della moglie, non credendola nemmeno capace di contraddirlo, a causa del terrore che provava nei suoi confronti.

Per spegnere simbolicamente quei brutti pensieri, premette l'interruttore e rimase al buio nella stanza, avvicinandosi alla finestra dai cui vetri filtrava una fioca illuminazione. Nell'oscurità quasi totale rifletté sulla prossima mossa. Aveva già contattato il proprio avvocato, ma sapeva che la strada per la vittoria era ancora lunga. Altrettanto quanto la via per la vendetta, che avrebbe voluto servita su un piatto d'argento, veloce e soddisfacente.

Emise un verso gutturale di disappunto, si avvicinò al mobiletto e scelse la bottiglia con l'etichetta consumata, segno che l'aveva lasciata per un evento speciale, quale poteva essere il momento della progettazione di un piano vile.

Tornò alla finestra e fissò la strada con un pizzico di ottimismo in più. Il via vai di pensieri, tuttavia, gli impedì di accorgersi che, alle sue spalle, un'ombra si stava avvicinando.

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