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Dopo averle consigliato di godersi una doccia calda, Raffaele le passò alcuni degli indumenti notturni appartenuti alla defunta moglie e la invitò ad accomodarsi sul divano, laddove medicò le sue ferite, dedicandosi specialmente a quelle sul volto, in modo che non restassero visibili troppo a lungo anche se, a ben pensare, i veri segni non erano sul corpo ma erano da rintracciare più in profondità, nel cuore spezzato di una donna maltrattata.

Utilizzando le nozioni e le conoscenze dei corsi di pronto soccorso lasciati a metà, Raffaele seguitò a passare un batuffolo di cotone imbevuto sotto l'occhio sinistro, l'ultimo e il più vistoso livido marchiato sul volto. Lucrezia, nell'ammirare la delicatezza e la dolcezza con la quale si stava prendendo cura di lei, non poté nascondere un sorriso, un piccolo bagliore di sole tra le nuvole. Il giovane operaio se ne accorse.

"Che c'è?"

"Nulla. Sei una brava persona, lo sai?".

Raffaele sorrise. "Non esagerare. Ho fatto un sacco di stupidate nella mia vita. Non mi sento esattamente una brava persona."

"E invece si. Hai avuto un passato burrascoso, certo, ma hai trovato la forza per uscire dal tunnel. E guardati oggi. Sei un padre esemplare e fidati, non è cosa da tutti, specie..."

"Specie per un uomo vedovo?" aggiunse il giovane operaio.

"Scusami, sono stata inopportuna." si scusò Lucrezia, chinando il capo.

"Non devi preoccuparti, anzi hai ragione. Non idea di quanto sia stato difficile imparare a fare il padre. Con Lucia era tutto facile, a me bastava seguire i suoi consigli. Ma credo che quando ti ritrovi solo con una bambina da crescere, certe forze di crescono dentro, è inevitabile."

Raffaele si limitò ad annuire e un silenzio imbarazzante calò nella stanza. Fu proprio il padrone di casa a romperlo. "Bene, direi che è giunta l'ora di andare a letto. Dormirai in camera mia, mentre io mi sistemerò sul divano letto."

"No, Raffaele, non voglio crearti disturbo. Sul divano ci dormo io."

"Non insistere. Sai bene che con me è una battaglia persa."

"Certo che lo so, signor Pozzo." commentò sarcasticamente Lucrezia. "Sei davvero un grande zuccone!"

"Vieni." la invitò Raffaele, prendendole la mano per aiutarla ad alzarsi. La donna accolse le dita nella sua mano e le strinse, guardando colui che con tanta dolcezza la stava aiutando.

Che provasse una certa attrazione per lei era appurato e non c'era bisogno di attaccarsi a quell'improvviso gioco di sguardi per capirlo ma, a giudicare dal modo in cui lei ricambiava l'occhiata colma di sentimenti misti, che poteva concludersi in vari modi tra cui quello di lasciarsi andare incondizionatamente a un istante di passione. Lungi dall'essere convinto che Lucrezia provasse lo stesso, le lasciò la mano e indietreggiò di qualche passo.

"Andiamo a dormire." affermò il giovane operaio, dandole le spalle. La donna, quasi delusa, annuì con un cenno del capo. Si alzò e si diresse verso la propria stanza, poi oltrepassò la porta, non prima di aver ringraziato ancora Raffale, il quale rimase solo in soggiorno, pronto a una notte senza sogni.

Preparò il divano letto e si infilò sotto una leggera coperta, rivolgendo lo sguardo al soffitto. Ricordava in modo limpido il giorno in cui aveva visto Lucrezia per la prima volta. Giovane segretaria, bella e appariscente, aveva avuto la terribile sfortuna di imbattersi in un mostro che di lì a poco sarebbe diventato suo marito. Lei sosteneva che inizialmente non fosse l'orribile aguzzino che si era dimostrato e in fondo Raffaele non aveva motivo per non crederci, dal momento che, per quel poco che lo conosceva, aveva notato le abili doti da manipolatore.

E c'era di peggio. Rogerio l'avrebbe cercata e non ci avrebbe messo molto a capire dove si era nascosta. E una volta saltata fuori la verità, Fausto ne sarebbe stato immediatamente avvertito, creando un conflitto familiare senza precedenti. Ma a Raffaele la sua famiglia, a esclusione di Samantha e Lucia, non era mai importata granché e dunque non gli importava l'eventualità di uno scontro con il padre.

Avrebbe protetto Lucrezia.

A qualsiasi costo.

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