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Raffaele osservò i periodici riferiti alle stesse date del giornale appena consultato, scoprendo di avere fatto centro. Trovò una perfetta combinazione tra i nomi e le date fino al 1940, con tanto di articolo su sparizioni di bambini che portavano il cognome dei Pozzo. Venticinque anni dopo non c'era alcuna notizia riguardo ai rapimenti e così nei decenni successivi. Era ovvio che, con il passare del tempo, avevano trovato il modo di nascondere le proprie malefatte, forse con metodi non proprio ortodossi. Ma il suo compito ora come ora, era solo una: impedire che Samantha fosse la prossima vittima.

Uscito dalla biblioteca provò a chiamare Mario, per informarlo subito sulle nuove scoperte. Dopo pochi squilli la segreteria telefonica lo avvisò che non era disponibile e così per le chiamate successive. Raffaele imprecò, indispettito dalla impossibilità di contattare l'amico, anche per avvertirlo che era impellente rinnovare la scorta per Samantha, che il mattino seguente avrebbe sciolto la guardia.

"Appena senti il mio messaggio richiamami subito." gli disse Raffaele. "Si tratta di una questione della massima urgenza."

Ripose il telefono in tasca e tornò a casa. Una volta giunto nel piazzale, adocchiò una volante costeggiare l'edificio, pronta a intervenire nel caso qualcosa di sospetto dovesse verificarsi. Il giovane operaio fermò gli agenti, ringraziandoli per lo splendido lavoro che stavano facendo. Prima di andarsene strinse loro mano, felice della loro presenza. In fondo, aveva bisogno di sapere che Samantha era al sicuro.

Quella notte, dopo essersi svegliato in seguito a un sogno che non ricordava ma che, a causa del tremore in cui versava, doveva essere un incubo, si strinse a Samantha, che riposava di fianco. Sperava di non svegliarla, anche perché dal giorno del tentato rapimento era stato arduo per lei riuscire ad addormentarsi, dopo che al risveglio si era trovata davanti Patrizio in veste di carnefice. Non voleva che le accadesse nulla di male, non lo avrebbe sopportato. Promise a sé stesso che l'avrebbe protetta da ogni pericolo, in ogni modo, anche a costo di distruggere la sua stessa famiglia.

Poco dopo udì un rumore.

Si staccò dalla figlia e si alzò dal letto, cercando di non fare baccano. L'appartamento era piccolo e lo conosceva a menadito, dunque non era necessario accendere la luce. Pensò che i propri sospetti fossero fondati e che i propri parenti stessero tentando un nuovo assalto, anche se appariva azzardato compierlo nello stesso luogo e con poliziotti che ogni mezz'ora circa controllavano l'edificio. Percepì chiaramente un fragore provenire dal bagno anche se l'ipotesi che l'ipotetico rapitore – forse Nicholas? - si stesse arrampicando fino al primo piano sembrava inverosimile.

Il rumore fece la sua ricomparsa.

Prese l'attizzatoio ed entrò nella stanza, con assoluta circospezione. Si fece coraggio e, una volta sentito di nuovo un rumore, accese la luce. Fece per sferrare un colpo non appena avesse visto qualcosa muoversi, ma si bloccò. Nel locale non c'era nessuno. Poco dopo, lo stesso fragore che lo aveva destato lo fece sobbalzare ma subito intuì di cosa si trattava. La fonte di esso era di fronte a lui.

Un anta cozzava ripetutamente contro la finestra a causa del forte vento che tirava quella notte. Si era dimenticato di chiuderla, a causa dei pensieri che gli impedivano di ricordare le mansioni più ovvie. Prese uno sgabello e si arrampicò per chiudere le persiane, necessitando dell'uso di una sedia per arrivare fino alla finestra, imputando all'architetto un difetto di costruzione.

Tornò a letto, ma l'aver appurato che nessuno aveva tentato di entrare in casa non lo quietò. La paranoia si era insinuata in lui da quella terribile notte e non l'avrebbe abbandonato fino a che quella terribile vicenda non avesse abbandonato la sua vita. Si rimise sotto le coperte e poco dopo Samantha si svegliò e si girò verso di lei. "Va tutto bene, papà?".

Raffaele le sorrise, accarezzandole i capelli. "Va tutto bene, tesoro. Torno a dormire."

Sentì una ventata d'aria accarezzargli una spalla. Quella sensazione gli fece ricordare che, con tutta probabilità, in quella stanza non erano soli, in quanto un'entità con le fattezze di una bionda fanciulla vegliava su di loro. "Grazie." disse a bassa voce Raffaele, socchiudendo gli occhi. "Chiunque tu sia."

Dopo aver accompagnato Samantha a scuola, propose a Lucrezia di fare colazione fuori casa. Approfittò dell'occasione per raccontarle per filo e per segno l'incredibile risultato delle proprie ricerche, mostrandole alcune fotocopie delle prime pagine dei giornali che aveva consultato. La sera prima, anche per via della presenza di Samantha, le aveva solo accennato qualcosa, promettendole ragguagli il più presto possibile. Quando Lucrezia cominciò a consumare la propria colazione, Raffaele provò nuovamente a chiamare Mario.

Ancora una volta, rispose la segreteria telefonica.

"Niente?" domandò Lucrezia, addentando la propria brioche.

"Già. Sarà sicuramente in trasferta." le disse lui, appoggiando sul tavolino il cellulare.

"Trasferta?".

"Già. Mario vive per il lavoro ed è solito spostarsi fuori paese per condurre le proprie indagini. A volte credo trascuri un pò troppo la propria famiglia."

"Trovi? Mi auguro di no, Mario è un brav'uomo e spero che il suo attaccamento al lavoro non leda il legame con i suoi cari."

Raffaele scrollò le spalle. "Fa quello che può. In fondo, il suo lavoro è un po' come una missione. E lui, in un certo senso, un eroe lo è per davvero."

"Spero possa aiutarti."

Calò il silenzio. Lucrezia lo ruppe dopo qualche istante. "Sai, ho una buona notizia."

"Quale?"

"Prima di uscire di casa mi hanno chiamato da quell'azienda in cui ho fatto il colloquio qualche giorno fa. Sono seriamente intenzionati ad assumermi."

"Sono felice per te. Potrebbe essere 'un nuovo inizio."

"Il nuovo iniziò ci sarà solo quando questa storia sarà finita." sentenziò la donna.

"Rapimenti, morti. In che razza di famiglia siamo finiti?".

"Beh, tu non hai avuto scelta, ma io avrei potuto salvarmi se non fossi stata così stupida da farmi ingannare da Rogerio."

Risero entrambi, nervosamente. "Spero che Samantha stia bene." si augurò Raffaele, picchettando le dita sul tavolo.

"Non preoccuparti, hai già parlato con le sue maestre. Ti hanno assicurato che non la perderanno di vista."

"Sono molto apprensivo, eh?".

"Credo sia normale, sopratutto dopo tutto quello che è successo."

Poco dopo, il cellulare di Raffaele prese a squillare. Il giovane guardò il display e sgranò gli occhi. "Non è possibile."

"Chi è?".

"Mio padre."

"Che pensi di fare?" gli chiese Lucrezia. "Rispondi?".

Il giovane sospirò, riflettendo sul da farsi. Poi si convinse e rispose. "Pronto?".

"Raffaele." - risuonò la voce decisa di Fausto Pozzo. "Dobbiamo parlare."

"E di cosa?".

"Di tutto ciò che è successo ultimamente. Vorrei invitarti a casa mia, dove potremo chiarire faccia a faccia."

Raffaele trasalì. Quella proposta suonava come una trappola. "E quando dovrebbe svolgersi questo incontro?"

"Anche stamattina, se per te non è un problema."

"Non lo so, ci devo pensare..."

"Non pensarci troppo." gli suggerì il padre. "Ti aspetto."

Dopo quelle due parole che echeggiavano come una minaccia, attaccò. "Vuole che vada a casa sua per parlare."

"Pensi che sia una trappola?".

"Già. Sa che io ho dei sospetti su di loro e non mi stupirei se fosse anche a conoscenza del fatto che sto indagando. Poi, dopo aver scoperto che Patrizio ha cercato di rapire Samantha, hanno perso la loro credibilità."

"Dunque." chiese Lucrezia. "Che intendi fare?".

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