The end of a chapter.

34 3 0
                                    

"C'è poco per cui ridere, Gabriel." Ringhiai dalla rabbia.
Strinsi il calcio della pistola e feci scivolare il dito sul grilletto. Mi tremava la mano dalla rabbia e dallo sforzo che stavo facendo nel non lasciar andare tutta quella frustrazione a colpi di proiettile contro il suo corpo. Gli altri componenti di quel piano mi stavano guardando, persino quelli nascosti e difficili da poter notare, persino Abram che era poco ben lontano da noi, su un uscita che portava a una sorta di balcone o qualcosa di molto simile. Nell'aria si poteva sentire solo il fruscio del vento sugli alberi, le foglie che cantavano con una melodia quasi impossibile da poter ricreare e infine si potevano anche sentire dei piccoli animali che camminavano intorno a quell'edificio. Alcuni dei quali si poteva capire chiaramente fossero dei serpenti troppo vicini a noi.
"Perchè non dovremmo ridere delle cazzate alle quali siete abboccati?" Disse Gabriel sbuffando una risata.
"Ragazzo, abbassa la pistola." Sussurrò Negan al mio orecchio. "Non vorrai ucciderlo così facilmente."
Quest'ultimo posò la mano sulla mia spalla, e quasi con un fare paterno la strinse con delicatezza. Questo mi fece un attimo allentare la presa e mi portò con calma - dopo aver guardato entrambi e aver studiato i loro volti - ad abbassare l'arma e a guardare quell'uomo al mio fianco sorridermi all'angolo della bocca tra la folta barba che nascondeva il tutto. Sembrava orgoglioso di esser stato ascoltato e di aver seguito il suo consiglio. Nonostante ciò, il nervoso e la rabbia erano ancora vivi in me tanto da rendermi conto che mi sarebbe bastato veramente poco a scattare e strozzarli con le mie stesse mani. In fin dei conti Negan aveva ragione: avrei dovuto ucciderli lentamente per tutto quello che avevano fatto a Castiel e chissà a chi altro.
"Perchè dici che sono cazzate?" Disse Daryl alle loro spalle. "Vi ho sentiti con le mie orecchie."
"Avrete frainteso ciò che volevamo dire. Suvvia era un pò di ironia ben costruita." Ribattè Danny che alzò le mani come a dire qualcosa di ovvio. "Certamente avete architettato tutto ciò per errore. Non avete le prove che io o Gabriel abbiamo mai fatto della viole-"
"Non abbiamo le prove?" Ripetè urlando Castiel. "Io sono la prova vivente di ciò che mi avete fatto!"
"Calma, pulcino!" Rispose Gabriel. "Quello che ti ho fatto io, l'ho fatto perchè tu lo hai voluto."
Voltai lo sguardo verso Castiel. Non lo avevo mai visto così incazzato, neanche nelle nostre peggiori litigate, e ciò mi portava a capire che se un tipo calmo e tranquillo come lui fosse arrivato a rivelarsi una bestia di quel genere era solo perchè quei due avevano superato ogni genere di sopportazione umana.
Non lo biasimai di certo dato che Gabriel stava usando la stessa tecnica di Kate nell'accusarlo di fatti che non erano da lui gestibili. Voleva che si sentisse in colpa e che si accusasse degli abusi che lui stesso aveva creato. Mi venne il voltastomaco e dovetti di nuovo controllarmi, anche quando Castiel avanzava verso di loro con cattive intezioni. Gli si leggeva in volto ciò che gli passava per la mente.
"L'ho voluto io!" Disse a denti stretti. "Non ho voluto io le cicatrici, non ho voluto io gli incubi! Sei solo uno sporco maniaco, un perdofilo che non merita di esistere!"
Castiel si era fermato a metà strada per dire ciò che gli si era fermato in gola per anni e nell'ascoltare quelle parole mi sorpresi nel rimanere impassibile, forse troppo abituato al pianto durante la notte, alla disperazione che si portava dentro e che ora stava sfogando con quanto più rimorso potesse produrre la sua mente.
In quel momento vidi Michonne barcollare di qualche passo e Carol fare un verso spaventato - trattenuto poi dalla mano sulla bocca - dal nascondiglio in cui si era rifugiata. Pensai che entrambe le donne stessero pensando ai loro figli nelle peggiori situazioni, e non potei che pensare a Chris che, ignaro di tutto, ora stava a casa di Greta e Tom a giocare a qualcosa o magari a sorprendersi dei giochi di magia di quest'ultimo. Immaginai - mio malgrado - il suo corpicino nelle stesse condizioni di quelle del padre. Al suo corpo pieno di lividi, al suo corpo violato...
Mi passai la mano sul viso, più per cancellare quella visione dalla mia mente che per un vero e proprio bisogno e subito dopo guardai Gabriel, il quale aveva un viso rilassato in un lieve sorriso, quasi stesse guardando la cosa più bella del mondo di fronte ai suoi occhi.
"Sei sempre stato un bambino perspicace." Disse Gabriel. "Marcus era un pò stupido, ma ha capito che doveva mettersi in riga. Tutti lo capiscono all'ennesima strigliata e certo anche Danny te lo ha fatto capire, vero?"
"Michonne, dammi il permesso di ammazzarlo." dissi e la guardai.
Non rispose, sembravano tutti impietriti dalle parole che uscivano fuori dalla bocca di quell'uomo e anche io lo ero: nonostante riuscissi a parlare, a voler ucciderli, non riuscivo a muovermi. Riuscivo solo a sentire la mano di Negan che cadeva dalla mia spalla e che con demotivazione pendeva lungo il lato del suo corpo.
"Io ti ammazzo." Ribattè Castiel. "Neanche in punto di morte ammetterai di aver sbagliato."
"Oh suvvia, chi non vuole un pò di carne fresca?!" Domandò, come se fosse la cosa più naturale del mondo. "Tutti la vorrebbero... E poi devi iniziare a pensare che se sei bravo con quel ragazzino è per merito mio! Ciò che ti ho insegnato l'ho fatto per te."
"Pensa a tutta la disciplina e quanto mi sono impegnato." Rincarò Danny che provò a passargli la mano sul fianco.
Daryl, quasi a svegliarsi da un brutto incubo, lanciò una freccia sulla sua mano, tra medio ed anulare, e all'urlo di Danny sorrise soddisfatto. L'uomo ferito cadde in ginocchiò: non faceva altro che guardarsi la mano trafitta da parte a parte e imprecare, mentre con l'altra si teneva il polso nel vano tentativo di fermare il dolore. A quel punto presi l'occasione e dopo aver guardato Negan passarmi la sua mazza chiodata guardai Michonne.
"Michonne." la chiamai, la presa stretta al legno.
"Si." una risposta secca alla domanda che avevo fatto qualche minuto prima.
Mi avvicinai a Castiel e lo tirai indietro per dare un colpo dritto in faccia a Gabriel, il quale sfortunatamente parò con il braccio. Fu il più forte colpo mai sferrato nella mia vita, strisciando poi sulla sua pelle la mazza in modo che il filo spinato e i chiodi creassero altre lacerazioni. Gli diedi un altro colpo al fianco fino a sentire un rumore sordo di ossa rotte all'altezza delle costole. Quello che venne dopo non lo capii perfettamente: diedero pieno sfogo a me e Castiel di poter ridurre quei due a un cumulo di ossa rotte, rendendoli incapaci di muoversi o persino di parlare. Volevamo solo vendetta, e nonostante fossimo coperti del loro sangue non eravamo ancora soddisfatti perchè niente avrebbe ridato a Castiel la pace che si meritava. Niente lo avrebbe calmato dalle notti di paura e persino pensare che fossero morti non avrebbe aiutato entrambi a sentirci meglio. Daryl aveva ragione alla fin fine: la vendetta non avrebbe alietato le nostre sofferenze.
"Ammettilo, dillo che è colpa tua." disse a denti stretti Cas.
Gabriel tossì sangue all'ennesimo calcio e gli sorrise.
"Eri così dannatamente bello..." Fece con un soffio di voce. "Non mi pento di nulla."
Il suo fiato era così debole che creava un fischio. Avevo ascoltato qualcosa a scuola in cui si diceva che questo tipo di suono si aveva quando i polmoni erano lacerati o avevano dei gravi problemi. Ciò mi fece sorridere perchè sarebbe morto presto.
"Castiel... Io ti amo." Ansimò debolmente Danny. "Salvami."
Rimasi un pò indietro a quella scena. Volevo che Cas affrontasse i suoi demoni da solo perchè ora aveva il controllo di entrambi. Poteva gestirli e poteva decidere se porre fine alle loro vite immediatamente o lasciarli trasformare in zombie fino all'eternità, con il tormento che loro meritavano.
"Pregherò per voi, pregherò affinchè il diavolo vi squoia vivi centimetro per centimetro." Disse Castiel sorridendo, poi uscii dalla stanza.
Percorse quel tratto di strada fuori dall'edificio senza neanche voltare lo sguardo né a me né a chiunque altro. Quello che avevo di fronte non era l'uomo che tutti conoscevamo, sembrava più qualcuno che tentava di non crollare in un momento del genere, che volesse rimanere forte fino all'ultimo per poi cadere in silenzio cosicchè nessuno potesse notarlo. Lo dicevo in continuazione che quell'uomo fosse fin troppo simile a me. Forse era per questo che riuscivamo a capirci l'un l'altro, eppure proprio perchè riuscivo a capirlo non sapevo che pesci prendere dato che se fossi stato io nella sua situazione avrei preso a pugni qualsiasi cosa mi potesse dare il pieno sfogo da ciò che mi tormentava.
"Dean..." implorò Danny.
Solo allora mi accorsi di esser rimasto solo io nella stanza. Probabilmente eravamo soli già da quando il combattimento era iniziato, quasi a creare una sorta di privacy tra noi e loro, ma data la foga non ci accorgemmo di ciò che stava succedendo. Mi voltai verso di lui e lo guardai negli occhi: uno di essi era rosso anche nella sclera, mentre il viso diventava sempre più pallido. Infine, in diversi punti del suo corpo, si era creata una piccola pozza di sangue.
Non risposi e continuai a pensare a Castiel. Instintivamente mi venne da passare le mani sulle nocche dure dalle ferite che mi ero autoinferto e che avevano creato ammassi di cicatrici bianche, poi - ignorando le loro urla - chiusi la porta della stanza alle mie spalle anche a simboleggiare la fine di un capitolo di un libro. Andai verso l'uscita dove mi aspettava solo Castiel seduto sul carro con le gambe a penzoloni.
Piangeva a dirotto, senza un minimo di controllo.
Per un attimo mi chiesi dove fossero gli altri, ma le urla che pronunciavano "libero" mi avvisarono che stavano controllando gli altri piani dell'edificio in cerca di qualcosa di utile, non trovando nulla di particolare.
"Ho ridato io Lucille a Negan." Disse singhiozzando. "Credo ci sia molto affezionato."
"Grazie." sussurrai.
Mi sedetti al suo fianco e lo guardai. Mi sentii a disagio nel vederlo così distrutto a non saper che fare. Avrei solo voluto che smettesse, ma non avevo idea di come fare, quindi optai per un piccolo contatto fisico posando la testa sulla sua spalla.
"Ora possiamo vivere tranquilli perchè sono morti, però... Dean, perchè mi sento così triste?" Domandò e si passò la manica della maglia sul viso per asciugarsi le lacrime. "Li odio così tanto, eppure non smetto di pensare a loro. Voglio liberarmi da tutto ciò. Ti prego, Dean, aiutami."
"Odio e amore fanno parte della stessa medaglia." Risposi come una litania. "George aveva tatuata questa frase sul petto, vicino al cuore... Fu il suo secondo tatuaggio dopo il nostro. Non ci spiegò mai perchè, ma è qualcosa che ricordo bene."
"Come posso amarli?" Domandò frustrato.
"Io... volevo bene ai miei genitori. È paradossale pensare che si vuole più bene a chi ti fa male che a chi ti sta vicino." Feci in un commento malinconico. "Però se ti può far sorridere un pò, George mi diceva quella frase anche quando dicevo di odiarti... Sai, a scuola, quando eri solo uno sfigatello depresso."
Castiel sbuffò una risatina triste e si voltò a darmi un bacio sulla testa, poi posò anche la sua sulla mia. Restammo in silenzio per un tempo indefinito, ognuno nei propri pensieri, e di tanto in tanto sentivo i sospiri, misti a singhiozzi, di Castiel che non riusciva a smetter di piangere. Mi resi conto che la sua dipendenza da quei due uomini appena uccisi era molto più forte della mia rispetto ai miei genitori; difatti pensai piangesse anche per il senso di disorientamente che sentiva in quel determinato momento e che lo portasse a pensare quale fosse il suo scopo ora come ora.
Tornammo a casa completamente distrutti, sia fisicamente che mentalmente, e quando sentimmo la carrozza fermarsi definitivamente e i cavalli sbuffare stanchi con un leggero nitrire scendemmo anche noi. Intorno a noi vi era ancora l'aria di tensione che avevamo lasciato qualche ora prima, a differenza del fatto che nonostante sentissimo le persone parlare, tutto sembrava così distante, quasi fossimo chiusi in una bolla che con fare apatico ci portava a sentire tutto ovattato.
Mi allontanai andando verso i cavalli, e quando alzai la mano per accarezzarli notai fossero intrise del sangue di Gabriel e Danny. In quel momento pensai che una parte di loro fosse ancora viva nella mia pelle e tentai di toglier via quello schifo sfregando il palmo della mano  destra contro il dorso dell'altra fallendo però miseramente dato che entrambe erano sporche in equal modo. Imprecai a denti stretti e alzai lo sguardo a guardare il cielo. Rimasi per qualche secondo con gli occhi chiusi nel vano tentativo di rilassarmi con il sole, e per qualche secondo funzionò.
"Dean." chiamò Daryl alle mie spalle.
La sua voce era dura come al solito, ma il tono basso la faceva sembrare meno minacciosa. Comunque non risposi.
"Credo che ora tu e i tuoi amici potrete star bene." Disse. "Volevo solo... Scusarmi... All'inizio ho dubitato su ciò che stavi dicendo riguardo Danny e Gabriel."
"Posso capirlo." Ammisi. "È difficile pensare che un essere umano possa far del male a un altro... In quel modo perlomeno."
Daryl non disse nient'altro, ma mi venne vicino e mi diede una pacca sulla spalla in segno di conforto, infine mi guardò e io ricambiai lo sguardo. Era come se potessi vedere chiaramente nei suoi occhi lo stesso dolore che avevo provato io con i miei genitori. C'era qualcosa che cambiava nello sguardo di chi viveva certe esperienze; una sfumatura diversa.
"Sai, sono vissuto anche io nella tua stessa merda-" iniziò, ma lo bloccai.
"Ricky o Castiel ti hanno raccontato di James e Kate, i miei genitori?" Domandai sbalordito.
Era strano che ciò mi sembrasse così assurdo, forse perchè ritenevo ancora un segreto quel trattamento che loro mi riservavano. Dopotutto, se passi anni della tua vita a nascondere quei lividi e quei pestaggio era ovvio che anche l'insinuazione di sapere faceva male... O paura.
"No, ma ho notato come cerchi di nascondere quelle cicatrici e come guardi o sfiori quella più grossa." Disse e con cura mi prese il braccio osservando il segno indelebile che Kate mi aveva lasciato. "In ogni caso, se vuoi un fratello con cui fumare in piazza, sai dove trovarmi."
Alzai lo sguardo di scatto e lo guardai sorridermi con fare tenero. Mi imposi di mettere quell'immagine nella lista di cose rare da conservare nella mia mente come eventi preziosi e subito dopo mi posò una sigaretta sull'orecchio.
Dopo quei gesti che mi lasciarono senza parole e con un incredulità disumana, lo guardai andar via e salutare Judith che tra le mani aveva un coniglio, probabilmente la cena di quella sera. Sembravano felici, ma io non riuscivo a esserlo del tutto.
Dovevo riabbracciare Cas, dovevo tener stretto Chris, dovevo convincermi che nulla avrebbe più fatto del male a entrambi.

We'll find the happiness in the hell.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora