Quella sera non dormii molto. Difatti rimasi steso a guardare il telefono mentre, di tanto in tanto, scrivevo qualche messaggio a Castiel. Si vedeva che le nostre conversazioni erano decisamente cambiate: prima non potevo far a meno di strappargli una risata, ricevendo in cambio una delle sue tante foto nelle quali potevo vedere solo gli occhi dato che il resto era coperto dal plaid celeste. Notai con rammarico come, invece, tutto questo si fosse trasformato in qualcosa di freddo; distaccato. Ciò mi fece rimuginare sulla decisione che avevo ormai preso, e del messaggio che il giorno dopo gli avrei mandato invitandolo a bere qualcosa insieme. Magari, potevamo vederci anche per un caffè sul pomeriggio da Starbucks o, almeno, in un posto simile, così da potergli spiegare con tranquillità tutte le cose che erano successe e come - dopotutto - erano andate a finire.
Quel pensiero balenò nella mia mente a causa del fatto che insieme alla mia vita, sarebbe cambiato anche il nostro rapporto; sia scolastico che sociale. Se fosse andata bene, il massimo che avrei ricevuto sarebbero state urla di primo impatto, ma se fosse andata male, avrei perso anche lui.
Mi chiesi se tutto fosse veramente finito, o se ci fosse ancora qualcosa che avrebbe potuto rovinare per sempre tutto quello che, a poco a poco, stavo cercando di creare o di mettere in sesto. Mi sentivo chiuso in una gabbia da cui non riuscivo a uscire completamente, con dei genitori che mi facevano da padroni forzandomi a fare cose che non volevo sentire o vedere. Se quei giorni fossero ritornati avrei messo in pericolo sia i ragazzi che Greta o Castiel, se non anche me stesso. Valeva davvero la pena lottare così tanto per una tranquillità che andava e veniva? Oppure confessare tutto a Castiel? Introdurlo in un lato della città che speravo per lui non conoscesse mai?
Quelle domande erano piuttosto lecite, e non potevo che tormentarmi su quello che sarebbe potuto accadere. Quei pensieri mi frullavano nella testa come se non ci fosse una fine a quel circolo vizioso di dubbi ed insicurezze. Probabilmente una delle cause a tutto quel no stop di paranoie era dovuto alla giornata pesante che avevo avuto, e alle troppe bottiglie di birra che mi ero scolate per dimenticarla. Così decisi di fumare una sigaretta e andare subito a dormire, sperando che i sogni fossero certamente più piacevoli della realtà che stavo vivendo.
Mi stesi sul letto e guardai il soffitto per qualche secondo, prima di rendermi conto che una persona normale, al mio posto, si sarebbe sentita sollevata una volta che quel peso fosse stato tolto; soprattutto per chi aveva passato una vita a pensare a quanto bello fosse stato vivere senza quelle bestie di James e Kate. Eppure una parte di me - forse la stessa alla quale mancava quella casa - si sentiva a disagio nel pensare che ora si era più soli di quanto non lo si era qualche giorno prima, come se gli amici non fossero abbastanza e si volesse qualcosa di più: è come se per lungo tempo fossi stato dipendente da quell'angoscia, da quelle ombre alle mie spalle che mi guardavano, ed ora che non c'erano più ed ero libero, non potevo far altro che cercarle.
O forse avevo solo bisogno di dormire, facendo così tacere quei pensieri insensati nella mia testa.
Mi svegliai il giorno dopo in tarda mattinata. Non avevo voglia di andare a scuola, né tanto meno di star attento a quello che i professori chiedevano. Mi misi a scrivere qualche testo per poi sbuffare e passare da una stanza all'altra, pensando a quali parole sarebbero potute essere perfette per quel determinato testo. Certo, il mal di testa lancinante alle tempie non era ovviamente d'aiuto, ma quel piccolo dettaglio lo evitai come la peste, facendo colazione con uova e pancetta nel vano tentativo di alleviarlo.
"I found a reason and it was in..." dissi, mentre imboccavo un pezzo di pancetta abbrustolita "Bacon!"
Ridacchiai alla mia stessa battuta come un idiota e subito dopo continuai a scrivere come se si fosse illuminata la lampadina dell'ispirazione; nello stesso momento, Castiel mi inviò un messaggio.
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We'll find the happiness in the hell.
RandomDean è un ragazzo problematico con alle spalle una famiglia di tossicodipendenti, questo lo porta a sfogare la sua rabbia repressa contro chiunque gli dia fastidio, in particolare con Castiel Novak. Dean, appassionato di musica, crea una band in cu...