Dissi quelle parole fissando Chris come se da un momento all'altro potesse sparire da quella stanza e finire in mano a persone poco propense alla sanità mentale. Pensare che quelle fecce potessero anche sol pensare di attuare un piano tanto macabro mi faceva ribollire il sangue nelle vene come poche cose lo avevano fatto nella mia breve vita; eppure ero bloccato dall'attuare la mia personale vendetta perché confidavo nella giustizia studiata da persone che sapevano come gestire una comunità come quella di Alexandria.
Mi voltai a guardare Castiel che ispirava velocemente assimilando ciò che gli avevo appena detto. Le sue mani erano leggermente tese verso di me, come se volesse toccarmi o qualcosa di simile, incontrollatamente tremanti. Ciò mi fece pensare che stesse avendo un attacco di panico, e quello che avvenne subito dopo mi diede la diagnosi del perché cercasse un appiglio per potersi mantenere in piedi. Lo vidi sbiancare di colpo, persino le labbra da rosate divennero così pallide da far ribrezzo, mentre gli occhi erano cerchiati di un leggero violetto chiaro.
Svenne lì di fronte ai miei occhi e potei prenderlo per un braccio pochi centimetri prima che toccasse terra, poi lo posai delicatamente sul pavimento e mi accorsi di esser bloccato in un limbo che mi obbligava a tener d'occhio Chris ma anche a prendermi cura dell'uomo al mio fianco.
Ora come ora non avrei mosso lo sguardo da nessuno dei due, quindi mi limitai a fare l'unica opzione plausibile in quel momento. Chiamai il bambino che appena vide il padre per terra, incosciente, si avvicinò e prese ad accarezzargli il viso come un piccolo infermiere alle prime armi. Questo mi diede giusto qualche secondo di triste tenerezza prima di guidarlo a prendere una bottiglia d'acqua per inumidire il viso di Castiel, il quale non ne voleva sapere di risvegliarsi. Forse era anche il fatto che entrambi eravamo un po' troppo agitati e che quindi i secondi ci sembrarono anni, ma impazienti accarezzammo viso e collo dell'uomo lì per terra, e quando Chris iniziò a piangere Castiel diede piccoli segni di ripresa.
Vidi i suoi occhi lentamente aprirsi e guardarmi confuso sul perché si trovasse sul pavimento. Tentò persino di alzarsi subito dopo ma lo bloccai immediatamente in modo che si riprendesse dallo shock di aver perso i sensi e dalla confusione di cui era attualmente testimone. In quel momento ricordai quando in una delle tante feste passate insieme al gruppo lo vedemmo svenire dopo l'ennesima volta in cui vomitò a causa della sbronza, e come ogni volta tutti noi fossimo preoccupati per un possibile coma etilico... Almeno quelli abbastanza coscienti per farlo.
"Buongiorno, principessa!" Ironizzai, divertito dal suo sguardo che fissava il mio volto. "Credo che il rum sia troppo per te."
"Devo ricordarti gli unicorni volanti?!" Borbottò con un filo di voce. "Che è successo?"
"Né Tom né Greta mi hanno mai fatto provare quella roba, quella festa fu la mia prima volta." Ribattei, trattenendo in mal modo le risate. "Comunque sei svenuto e il dottor Chris ti ha salvato."
Castiel voltò lentamente lo sguardo verso Chris che si asciugava le lacrime ai bordi della mascella, e alzò la mano per accarezzarne alcune di queste. Subito dopo si tirò lentamente in piedi e lo trascinò tra le sue braccia stringendolo forte, così tanto che agli occhi di un estraneo poteva sembrare l'ultimo che si sarebbero dati.
"Grazie, Chris." Gli sussurrò prima di dargli un bacio sulla fronte.
"Anche Dean ti ha aiutato." Disse, indicandomi con un sorriso.
Guardai il bambino ricambiare lo sguardo con un sorriso triste per poi venirmi vicino e abbracciarmi.
Non avrei mai creduto di poter esser un buon padre, di certo non lo ero e delle volte mi ero incazzato per nulla nei confronti di entrambi, ma mi ero stupito di come le mie teorie sul ricevere botte e di picchiare di conseguenza fossero state spezzate. Non avrei continuato questa inutile tradizione a cui ero abituato. Ora come ora pensarmi padre mi faceva strano, ma avere il bambino tra le mie braccia mi trasmetteva un qualcosa di strano che non capivo al cento per cento, ma che di certo avrei dovuto proteggere costi quel che costi.
Rimasi con gli occhi chiusi a riflettere su questo veloce pensiero e dovetti ammettere a me stesso di non capirne le origini, soprattutto in quel momento dove sia io che l'uomo seduto sul pavimento avevamo il terrore di perdere quella peste tra di noi.
"Ho avuto un idea, che ne dici se per un po' rimani nel lettone con noi?" Domandai e guardai Castiel velocemente per fargli capire il mio piano o almeno provarci. "Potremo fare un pigiama party, giocare a Monopoli e prima di andare a dormire accendiamo un po' di candele per tenere a bada i mostri."
Il bambino urlò di gioia e saltellò avanti e indietro prima di fuggire in salone dai suoi giocattoli. Potei sentirlo dalla cucina raccontare tutto ai pupazzi come se fosse la cosa più bella che potesse capitargli in vita. Entrambi scoppiammo a ridere.
"Che ne dici?" Domandai infine. "Sarà difficile per loro entrare in casa e prendere Chris se è nel letto con noi."
"Hai ragione." Confermò.
Aiutai Cas ad alzarsi e mi venne vicino per baciarmi con tenerezza prima di posare la fronte contro la mia. Inspirò profondamente, cercando di non sembrare troppo preoccupato dato che Chris non doveva capire cosa non andasse nella vita degli adulti. Anche io dovevo perfezionare il mio modo di nascondere l'angoscia di quello che stavamo affrontando, ma la maggior parte delle volte andava a finire che fissavo Chris con la mente totalmente vuota, così sotto stress da non riuscire neanche a pensare.
I giorni successivi li passammo a spiegare al resto dei nostri amici cosa fosse successo e perché non lasciavamo andare Chris a scuola e ci limitavamo a farlo giocare a pallone solo vicino casa nostra, dove potevamo tenerlo d'occhio. Alcune volte - eccessivamente nervosi dalla paura di perderlo - lo sgridavamo solo perché lo avevamo perso di vista per qualche secondo, e mi dispiaceva per lui dover subire tale trattamento. In quei momenti c'era zia Greta che man mano si stava riprendendo dal parto, consolava Chris quando assisteva a quegli eventi. Spesso potevi vederla sul portico di casa, seduta su una sedia a dondolo, a fingere di leggere un libro con affianco la carrozzina quando in realtà guardava sottecchi Chris mentre noi eravamo a lavoro.
Sia io che Castiel l'avevamo notata chiamare il bambino quando notava Danny uscire di casa, e con prontezza offriva dei piccoli dolci a lui e ai suoi amici. Era un ottima mamma sotto spia che proteggeva chiunque dovesse far del male a quei bambini.
La sera Ricky si faceva "aiutare" da Chris nel pulire il poliambulatorio. Gli aveva insegnato come disinfettare alcune attrezzature e quando tornava per la cena ci raccontò di uno strano arnese che gli aveva lasciato osservare. Quasi ci venne paura quando parlò di un bisturi, ma eravamo convinti che il batterista non avrebbe mai messo in pericolo quella peste.
In ogni caso, la sera, approfittavamo del tempo anche per andare alle riunioni e parlare, anzi discutere, di cosa farne di quegli stronzi. Carol sembrava la più inferocita di tutte, facendoci capire che non avrebbe mai lasciato vivere gente che avrebbe potuto far male a sua figlia, soprattutto in quel modo. Maggie era totalmente d'accordo con lei.
Arrivati al giorno prestabilito fingemmo di andare in una missione qualunque per poi far di tutto per far confessare quei pezzi di merda facendogli credere di non aver nessuno attorno. Se non fosse stato possibile li avremmo condotti direttamente verso il piano B costringendoli a dirlo pubblicamente, mettendoli alle strette.
La struttura in cui dovevamo dirigerci era un vecchio edificio in costruzione con massi e vari attrezzi in varie stanze che davano la perfetta copertura a chiunque volesse nascondersi. Il punto in cui dovevamo attirare quei due era una stanza quasi completa, interrotta solo nella tinteggiatura dei muri, e con dei teli a coprire diverse zone. Perfetta per mimetizzarsi facilmente.
Entrammo e ci dividemmo in varie zone dell'edificio. Daryl e Michonne furono i primi a entrare e aprirci la strada alle varie stanze. Tutti noi eravamo organizzati affinché potessimo chiudere le vie di fuga per Danny e Gabriel, eppure un velo di terrore e ansia elettrizzava la zona fino a renderla quasi palpabile.
"Come mai hai deciso di perlustrare con me?" Chiese Gabriel. "Pensavo scorresse dell'astio tra noi."
Mi accorsi che persino ascoltare la sua voce mi irritava così tanto da farmi stringere il calcio della pistola con forza, quasi a far scendere il dito sul grilletto per farla finita in quel momento stesso.
"Perdona il prossimo tuo... Sbaglio o è scritto da qualche parte?" Domandai. "Purtroppo la morte di Sam è stata un incidente senza fine e devi perdonarmi se ho inveito contro di te."
Alzai lo sguardo dalla valigetta degli attrezzi che stavo controllando. Avevo tra le mani un avvitatore ancora funzionante - anche se inceppava di tanto in tanto - e l'idea di ricoprirlo di sangue mi appariva davanti agli occhi chiaramente. Alzai lo sguardo per distrarmi da quell'immagine, ma una lamiera in ferro riflettente mi diede l'immagine di padre Gabriel che alle mie spalle muoveva il telo per controllare dietro di esso. Dovetti autocontrollarmi, mentire e recitare come il migliore degli attori di qualche anno fa; tutto per arrivare in quella maledetta stanza.
Non osai immaginare come se la passasse Castiel a perlustrare le zone con Danny. Non volli neanche immaginare le mani di quest'ultimo toccare il corpo dell'altro o sarebbe stata la fine.
"Hai ragione, Dean. E non c'è nessun problema per ciò che è successo... Avevi avuto una perdita più che importante e posso capire il dolore al quale sei stato sottoposto." Rispose con voce calma. Probabilmente anche lui stava pesando le parole che stava pronunciando. "In ogni caso, come sta Chris? Non lo vedo da un paio di giorni in parrocchia."
Lasciai cadere l'avvitatore con forza e mi passai una mano sul viso che in una smorfia di rabbia lo guardava dalle spalle.
"Bene." Conclusi. "Forse è meglio riunirci nella sala centrale dagli altri, qui non c'è un cazzo."
Gabriel annuì e andammo verso la sala centrale: vi era Daryl seduto per terra a limare le sue frecce con aria minacciosa e Michonne con la katana in mano, altrettanto terrificante, mentre si specchiava nel ferro osservandone i lineamenti quasi ammaliata. Entrammo e subito dopo arrivarono Danny e Castiel. Quest'ultimo mi venne incontro e da subito notai le sue mani strette in un pugno, i suoi occhi seri e la rabbia che trasudava da tutti i pori. In un secondo momento collegai anche il tirapugni che aveva nelle mani imbrattato di sangue con il labbro lacerato del biondino.
"Come mai queste facce serie?" Chiese Negan che essendo affianco alla porta da cui entrai non avevo notato prima. "Che è successo, Danny?"
Il suo tono di voce era canzonatorio. Rideva di gusto alla scena, e questo faceva innervosire anche me nonostante sapessi fosse dalla nostra parte. Non osavo immaginare che effetto potessero fare quelle parole al destinatario. La risposta arrivò subito dopo quando Danny voltò lo sguardo truce verso di lui. Sinceramente la trovai una mossa stupida provocare un uomo il doppio di te e con una mazza chiodata tra le mani.
"Domandalo a Gabriel perché siamo così seri, Negan." Disse Daryl con un tono molto simile a quello del collega. "Perché qualche giorno fa io e Dean abbiamo sentito di un discorso abbastanza particolare, ne volete parlare?"
"Di che state parlando?" Domandò Danny fingendo di essere ignaro dalla situazione.
"Dello storpio di Chris." Sbottai rabbioso. "Di quello che volevate fare a Sam."
Castiel strinse ancor di più i pugni e fece qualche passo lontano da me pur di distrarsi dalla furia rabbiosa che gli torceva lo stomaco. Lo vidi con la coda dell'occhio passarsi una mano sul volto e fissare lo sguardo su Danny, poi per qualche secondo su Gabriel, ma di cui mi accorsi non riusciva a mantenere il contatto visivo.
Entrambi mi guardarono come se stessi inventando il tutto, finché l'attenzione non si spostò su Negan che sbuffò una risata mal trattenuta, di quelle amare e tristi, demotivanti quasi.
"Noi non abbiamo mai detto nulla di tutto c-" Provò a dire Danny.
"Eppure Daryl lo ha sentito dire proprio da voi." Interruppe Michonne. "Daryl è ad Alexandria dal giorno in cui è nata. Mi fido ciecamente di lui. Anche Negan ha sentito che ci fossero dei problemi in corso con te, Danny, e nonostante i diverbi tra di noi mi fido delle sue parole..."
Calò il silenzio e quello stesso ci rese più tesi di quel che già eravamo. Dalla porta alle spalle di Michonne potevo vedere l'ombra di Carol che era pronta ad agire se fosse stato necessario. Nulla accadde in quei secondi ad assimilare le parole dette dalla donna che avevo di fronte, ma notai il viso di Gabriel cambiare in una smorfia divertita: stava trattenendo una risata.
"Bastardo." sussurrò a denti stretti Negan ora al mio fianco.
Io in risposta puntai la pistola dritta alla fronte del prete.
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We'll find the happiness in the hell.
RandomDean è un ragazzo problematico con alle spalle una famiglia di tossicodipendenti, questo lo porta a sfogare la sua rabbia repressa contro chiunque gli dia fastidio, in particolare con Castiel Novak. Dean, appassionato di musica, crea una band in cu...