You can't escape from past.

68 2 14
                                    

I giorni seguenti al mio compleanno li passammo a sviluppare il progetto del nostro gruppo. Tutti noi dei The Creatures ci impegnammo, infatti, a fare del nostro meglio nell'ascoltare il risultato di duri giorni passati tra i banchi di quel mixer a cantare e produrre musica, modificando e arrangiando alcune parti quando serviva.

Il prodotto finale era a una canzone del tutto completa, con tutti i cambiamenti opportuni che ci avevano consigliato. Il mastering quindi era completo, e la nostra canzone era stata salvata sul Drive condiviso dal gruppo. Di tanto in tanto la ascoltavamo per puro egocentrismo, fino a che non arrivò il giorno in cui - approfittando di uno sciopero - chiedemmo al preside Ketch se per lui andasse bene la ripresa di alcuni corridoi della scuola per lo sviluppo di questo progetto. Rimanemmo abbastanza sorpresi quando, in risposta, ci confessò del suo amore per la musica rock; soprattutto per il Rockabilly. Me lo immaginavo già a ballare come se fosse in una pista anni '50, e ciò mi fece per poco ridere lì di fronte a lui.

Nonostante fossimo per ovvie ragioni molto impegnati, nulla mi tolse dalla mente la domanda su chi avesse scritto quel biglietto e la paranoia di vedere Oscar sbucare all'improvviso. La sua presenza era diventata abbastanza opprimente, e ciò aveva iniziato a irritarmi. Come quella volta in cui eravamo tranquilli a parlare sul divanetto di un pub e vidi quest'ultimo avvicinarsi senza preavviso verso di noi chiedendoci poi se andasse tutto bene.

Si era comportato come se fosse stato un nostro amico solo per ricordarci per l'ennesima volta che lui ci osservava e, personalmente, odiavo quando si comportava in quel modo. Mi incitava ad attaccare pur sapendo che non potevo mettermi contro di lui per nessun motivo. Era pura sottomissione la sua e io mi incazzavo così tanto da aver i pugni chiusi fino a tremare, finendo poi per sbattere la prima cosa che avessi davanti pur di sfogarmi. Tiravo pugni così forti contro quei piccoli tavoli in legno che più di una volta ebbi paura di romperli, ma non me ne fregava un cazzo.

Lo osservai poi mentre andò via mescolandosi tra folla, consapevole del fatto che non sarebbe mai andato via dalla mia mente; un po' come mio padre, il quale non era altro che l'ombra oscura che mi diceva di non fare determinate cose o si sarebbe incazzato. Ero di nuovo in catene a muovermi come una lepre pur di non far rumore e svegliare il cane che dormiva.

Stavo iniziando persino a essere malato. Tornavo a casa e controllavo ogni minimo dettaglio pur di esser sicuro che nessuno fosse entrato. Stavo sull'attenti ogni qualvolta sentissi i mobili scricchiolare e dormivo con la pistola sotto al cuscino. Castiel una volta disse che gli faceva paura il mio comportmento e lo capivo perfettamente purtroppo.

Cercavo di non farlo notare ai ragazzi quanto questo mi opprimesse e come fossi tornato indietro, come se tutti i cambiamenti apportati da Cas nella mia vita fossero stati in qualche modo vanificati dalla presenza passiva di quell'uomo. Alcune volte pensavo a quanto sarebbe stato facile ficcargli un coltello in gola e scappare via, dandomi poi latitante finchè quello che gestiva il giro non mi avesse trovato. Non sarei durato un giorno, non con il dark web alle costole.

"Dean?" mi chiamò Ricky. "Sei sveglio? Stai fissando un punto da dieci minuti."

Scossi la testa e mi tirai su. Poco prima ero posato con la schiena sugli armadietti della scuola.

"Ci sono." risposi. "Stavo solo pensando ad una cosa."

"Non pensare a Cas mentre sei a scuola!" fece Tom con tono divertito. "Ora pensiamo al video."

"Giusto!" disse Tanya. "Ho sistemato la videocamera quindi faremo diverse riprese. Preparatevi perché sicuramente le gireremo più di una volta!

"Cas, ricordati chi hai davanti: Non è il tuo Dean, ma quello stronzo che ti ha fatto del male."

We'll find the happiness in the hell.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora