Rimasi lì ad accarezzare i cavalli per un tempo che non capii potesse esser così lungo. Inconsciamente sapevo che erano passati solo pochi minuti da quando Daryl si era avvicinato offrendomi il suo aiuto, eppure a causa della pressione alla quale eravamo stati sottoposti ora tutto sembrava svolgersi con una lentezza quasi inumana. Dovetti quasi sforzarmi di tornare alla realtà e smetterla di pensare a Danny che implorante mi chiamava con un barlume di speranza di esser salvato. Mi chiesi da cosa volesse esser salvato siccome il pestaggio aveva fatto si che i suoi organi si riducessero a un cumulo di purea putrida, eppure entrambi ci chiamavano con l'angoscia di esser tramutati in zombie. Forse avevo frainteso la preghiera nascosta dietro il chiamare i nostri nomi, forse stavano solo implorando di esser uccisi e non tramutati in bestie.
Prima di partire io e Castiel discutemmo di questo. Ne parlammo fissando la porta dalla quale eravamo usciti, riflettendo se fosse stato giusto renderli qualcosa di così inumano. Nessuno dei due provava un briciolo di compassione; anzi, una parte di noi - la più orgogliosa - non faceva altro che dire "ma loro ci hanno fatto del male" abbattendo ogni qualsiasi possibilità di perdono. Potevo leggere negli occhi di Castiel come questo ragionamento si fosse creato e ricreato nella sua mente, quasi volesse trovare una via di fuga da quel tormento che si portava dietro fin da quando aveva solo 8 anni; la stessa età di Chris.
Potevo solo dedurre che quest'ultimo fosse una delle cause che lo avevano portato a dare per scontato che quelle due persone, ora diventate zombie, dovevano rimanerci in quello stato; e patire, sopratutto, per l'eternità perchè era quello che meritavano fin da quando lo avevano abusato per la prima volta. A quei pensieri mi venne spontaneo voltarmi. Lo vidi affaticato come non mai, posato contro la carrozza che veniva svuotata dai vari oggetti trovati in quell'edificio, il piede posato contro una ruota e le mani che grattavano via il sangue incrostato sulle unghie. Era difficile vederlo in quello stato e lo era ancor di più rendersi conto che tra noi due si fosse creata una sorta di distanza a causa degli eventi appena successi. Darci tempo era la sola soluzione sia a livello di coppia che a livello sociale.
L'unica obiezione a tutto ciò erano i nostri amici che ci aspettavano in attesa di avere spiegazioni che tardavano ad arrivare. Alla fine li vidimo arrivare - Ricky correre - verso di noi e guardarci con fare scioccato. Molto probabilmente il nostro volto e umore non era dei migliori, ma per lo meno questo ci riavvicinò fisicamente per unirci al gruppo. Castiel mi prese la mano stringendo le dita tra le mie e io lo guardai, quasi non capendo perchè si comportasse in quel modo così strano, insicuro.
"State bene?" Chiese Ricky. "Cos'è tutto questo sangue?!"
"Dean, Castiel!" Urlò Greta che lasciò la carrozzina al nostro fianco per abbracciarci.
Non rispondemmo e Castiel abbassò lo sguardo per non farsi vedere piangere a dirotto, di nuovo, per i ricordi che sfortunatamente ritornavano a galla come palle spinte con forza sott'acqua, poi voltò lo sguardo verso un punto indefinito in fondo alla piazza. Odiavo vederlo in quello stato, e odiavo sentirmi nello stesso modo in cui si sentiva lui senza poter far nulla per aiutarlo; per poter dire che in fondo qualcosa di positivo c'era. Potevamo vivere al sicuro e non perseguitati dalla paura, ma nessuno dei due riusciva a capirlo in quel momento. Nessuno in quel piccolo angolo di paradiso avrebbe capito il perchè stessimo piangendo. Probabilmente neanche i nostri amici avrebbero capito a pieno la frustrazione, la rabbia e lo stupore creatosi quando nel sentire quelle parole qualcosa lungo la schiena si gelò creando una disgustosa pelle d'oca.
"Stiamo bene." Dissi con voce debole. "È andato tutto secondo i piani. Dov'è Chris?"
Le parole uscivano dalla mia bocca come se fossero state pronunciate da un robot e meccanicamente chiesi dove fosse il bambino per il quale ci fossimo sporcati le mani, certo con piacere se questo significava farlo vivere tranquillo e sano. Guardai tutti negli occhi. Non riuscivo a raffigurare il mio sguardo in quel momento, ma era certo che non fosse qualcosa di piacevole dato che a primo impatto il loro volto si rabbuiò per qualche secondo, mentre quello Greta risplendeva con un sorriso: sembrava così dannatamente bella dopo il parto della bambina.
"Ho pensato di mandarlo a scuola, era al sicuro ora che entrambi i pericoli erano fuori da Alexandria." Disse con voce allegra. "Non vedeva l'ora di imparare cose nuove!"
"Grazie, Greta. Sei stata di grande aiuto in questi giorni." Ringraziò Castiel debolmente. "Tra l'altro avete il diritto di sapere come sono andate le cose e Ricky, dovresti curarmi queste ferite, per favore."
Ricky annuii e prima di ritrovarci tutti a casa nostra chiedemmo un pò di tempo per cambiarci e darci una lavata dal sangue che avevamo addosso. In verità era solo una scusa che avevo creato sul momento, anche perché volevo un attimo tutto nostro per poterci dare un minimo di aiuto reciproco per quello che di lì a poco avremmo dovuto raccontare. In silenzio andammo in camera da letto a prendere degli indumenti puliti e diedi la precedenza a Cas nel lavarsi.
Non volevo approfittarne in un momento così delicato, anche se del buon sesso avrebbe potuto aiutare entrambi a pensare a cose più piacevoli, soprattutto dopo che si era stati stresssati tanto da non volerne sapere neanche dei semplici baci. Nonostante ciò scacciai quei pensieri dalla mente e quando lo vidi uscire dal bagno entrai io e inizia a lavarmi, accorgendomi del fatto che l'acqua fredda sulla pelle calda dava quel senso di bruciore paradossale che ti portava subito a cambiare temperatura quasi spontaneamente a causa del fastidio.
Rimasi qualche secondo con il viso contro il getto proveniente dal soffione prima di iniziare a insaponarmi. Dalla cucina potevo sentire il rumore del bollitore fischiare per avvertire che l'acqua fosse arrivata alla temperatura massima, poi subito dopo sentii Castiel imprecare a causa di uno scatolo caduto a terra: pensai fosse della tisana andando a deduzione. Non era così frequente sentirlo così nervoso da sbottare in quel modo, anche perchè era un tipo abbastanza religioso e non era un caso che ogni volta io imprecassi lui mi tirasse uno scappellotto dietro la nuca. Da qui potevo capire quanto i suoi nervi fossero tesi e mi appuntai mentalmente di provare a fargli un massaggio alla schiena quella sera stessa.
Uscii dal bagno e una volta finito di vestirmi andai in cucina con un asciugamano sulle spalle, giusto per trattenere le gocce di acqua dei capelli bagnati che scendevano lungo il collo. Trovai Castiel fissare una sedia con le mani a cingere la tazza fumante, lo abbracciai dalla schiena e gli diedi un casto bacio sul collo.
"Ehy..." Sussurrai. "Odori di buono."
Quelle parole lo fecero sorridere. In realtà quella era una frase che gli piaceva ascoltare e lo avevo appurato nelle innumerevoli volte in cui, dopo aver fatto la doccia, glielo dicevo nello stesso modo in cui lo avevo fatto in quel momento. L'uomo tra le mie braccia, in risposta, prese un sorso di quella tisana che stava inondando la cucina con il profumo di mandarino e arancia, trasportandoti immediatamente in un posto fresco e soleggiato, in una campagna isolata con una sedia a dondolo e una visuale di campi pieni di fiori di ogni colore: un paradiso.
"Anche tu." Rispose poi.
Restammo per qualche secondo in quella posizione. Le gocce d'acqua dei miei capelli umidi cadevano sul tavolo o sulle braccia di quest'ultimo, ma non disse nulla, né io mi mossi da quella posizione.
Di lì a poco sarebbero arrivati i nostri amici e nessuno dei due aveva voglia di muoversi o far qualsiasi altra cosa. In ogni caso, quando provai a scostarmi e rimettermi dritto la mano di Castiel mi trattenne per qualche secondo, per poi lasciarmi andare subito dopo. Mi rimisi dritto sulla schiena sentendo una piccola fitta a metà di essa che mi fece portare la mano sul fianco e curvarmi quel poco per farla scattare, poi mi sedetti al suo fianco e presi l'asciugamano che avevo in spalla per iniziare a strofinare i capelli.
"Dean..." Mi chiamò, la voce insicura e timida.
"Uhm?"
Mi voltai a guardarlo e lo vidi sorseggiare ancora la sua tisana, gli occhi bassi.
"Baciami." Disse infine in un sussurro.
"Perchè me lo chiedi?" Domandai perplesso. "Non c'è bisogno che tu me lo chieda."
"Dopo quello che è successo ho bisogno di capire che c'è qualcosa di positivo per cui vale la pena vivere." Mi rispose malinconico, demotivato e cupo. "Ho passato un intera vita terrorizzato da ciò che mi era successo, da ciò che Danny mi stava facendo, ma ora che non ho questi appigli..."
Di colpo si interruppe e il suo sguardò sembrò quasi esser stato ipnotizzato dal cucchiaino da tè che girava intorno alla tazza dal color ocra. Sembrava stesse pensando a qualcosa che lo estraniava totalmente dalla realtà e lo portava a formulare pensieri misteriosi che io non sapevo come interpretare. Non feci nulla in quei secondi e mi limitai a continuare a strofinare svogliatamente l'asciugamano sui capelli ormai umidi, quasi a trovare un pretesto per non dover parlare o dover spezzare quell'angoscia che era calata sulle spalle di entrambi, infine lasciai cadere quel tessuto ormai bagnato e mi avvicinai a lui.
Le mie mani accarezzarono lentamente la sua guancia, studiandone i nei che ormai conoscevo a memoria e la leggera barba che cresceva sul viso in alcuni punti sfregiato da qualche piccola cicatrice.
Tante cose erano cambiate da due anni prima e tante altre sarebbero potute cambiare, come quella leggera increspatura che sfoggiava agli angoli degli occhi e che non mi ero mai prestato a guardare con più attenzione, oppure come quella piccola bruciatura tra collo e spalla che gli aveva lasciato una cicatrice liscia e rossa, certo del fatto che quel regalo era stato fatto durante un allenamento contro gli zombie. Danny non sarebbe stato così tanto stupido da lasciare quei lividi così in bella vista, non da quando vi ero io a osservarlo, e sicuramente era una delle cose che lo mandava in bestia.
"Non hai bisogno di appigli, non di quel genere." Dissi. "Purtroppo non puoi affidarti in questo modo alle persone, Castiel. Devi essere la vela della tua stessa barca."
Cas sbuffò una risata e si voltò a guardarmi con un sorriso che sembrava aver scacciato quella tristezza che fino a poco fa lo stava stringendo in una morsa quasi odiosa.
"Dean, sei in te?!" Domandò con un tono di voce che variava da perplesso a incredulo. "Sei tu o il mio ragazzo è stato posseduto da un poeta colto e maturo?"
Lo guardai con un sopracciglio alzato e lo spinsi un pò più forte del normale, tanto che lo sgabello sul quale era seduto vacillò con il rischio di farlo cadere a terra. La tazza che aveva tra le mani si mosse di qualche centimetro dato lo scossone e il liquido all'interno venne balzato fuori bagnando la mano di Castiel che si lamentò a causa dell'alta temperatura di essa.
"Scusa." Dissi ridendo. "Non pensavo di averti spinto così forte."
Con l'asciugamano bagnato gli rinfrescai la mano e massaggiai le dita tra le mie. Lui sembrò apprezzare dato che abbassò gli occhi su entrambe le nostre mani e accennò un sorriso.
"Hai ragione, Dean... Su quello che hai detto prima." Ammise.
Non ricambiava lo sguardo, sembrava ancora pensieroso e non mi intromisi tra lui e ciò su cui stava riflettendo, quindi impiegai un tempo esagerato ad asciugare la mano che avevo avvolto nell'asciugamano e subito dopo la lasciai con lentezza. Restammo in silenzio dopo quel gesto: lui ancora immerso nei suoi pensieri a sorseggiare la tisana e io a osservarlo da lontano, con la coda dell'occhio, per poi andare ad asciugare i capelli.
"Castiel." Lo chiamai quando notai che quel silenzio fosse diventato insopportabile. Sentii i suoi passi avvicinarsi e fermarsi di fronte la porta chiusa. "Entra, vorrei parlarti."
"In bagno?" Domandò lui ancor più stranito.
"Non è né la prima né l'ultima volta che parliamo in bagno, Cas." Affermai accennando un sorriso divertito. "E tranquillo, non sono nudo e non è un agguato per-"
Mi sorprese vederlo aprire di getto la porta e quasi avendo già calcolato le varie possibilità su dove e come trovarmi mi venne incontro e mi abbracciò dalle spalle. Ispirò profondamente prima di stringere il mio corpo con una leggera forza aggiuntiva. Sembrava un cucciolo di koala avvinghiato al corpo della madre, e lo amavo proprio perchè potevo constatare quando lui avesse bisogno di me e io di lui.
"Ma cosa?! Come facevi a sapere che mi stavo lavando i denti?" Domandai. "Maniaco, mi spii dalla fessura!"
"Come il compagno di mia madre?!" Domandò ancora con ironia. "Che volevi dirmi?"
"Non voglio che tu ti masturbi guardandomi... O forse si... Comunque ho dimenticato di fare una cosa."
"Cosa?"
Mi voltai e con ancora lo spazzolino stretto nella mano e le labbra leggermente umide dell'acqua che avevo appena sputato, lo baciai. Lui sorrise in quel bacio ma ci pensò due volte prima di staccarsi nonostante sentissimo bussare alla porta e i nostri amici ci chiamassero. Lo avevo detto che del buon sesso avrebbe aiutato entrambi, eppure quella decisione era stata ponderata troppo allungo e l'occasione era volata via in maniera irreparable.
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We'll find the happiness in the hell.
AléatoireDean è un ragazzo problematico con alle spalle una famiglia di tossicodipendenti, questo lo porta a sfogare la sua rabbia repressa contro chiunque gli dia fastidio, in particolare con Castiel Novak. Dean, appassionato di musica, crea una band in cu...