Who are them?

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Rimasi confuso da quel biglietto e per un attimo non seppi che fare. Guardai di nuovo fuori dalla porta nella speranza che ci fosse qualcuno a darmi risposte, ma a mio malgrado l'unica cosa presente in quella strada era l'oscurità della California e le auto che ora sfrecciavano lungo essa, godendosi quella che era una vita senza pensieri.

Richiusi la porta e andai a posare la crostata nel frigo, poi guardai quel bigliettino in carta ruvida che era tra le mie mani: la scrittura pareva essere femminile, ma non rigida e sicura, tanto che alcune lettere erano quasi impossibili da riconoscere, mentre il colore era un nero sbavato dallo stesso inchiostro; il che mi fece pensare che quella persona fosse mancina e che la sbavatura fosse stata fatta dalla stessa mano che, passando sul foglio, aveva portato via l'inchiostro per poi sporcarlo.

Posai il biglietto sul tavolo. Non avevo la minima idea di chi fosse, né perchè avesse bussato per poi scappare. Forse la tarda ora ne era complice e la stanchezza non mi portava a ragionare chiaramente. Però, perchè una donna avrebbe fatto questo? E soprattutto, come faceva a sapere che questa casa fosse ora abitata?

Rilessi quella frase notando il plurale in essa: non era una donna, ma due o più persone a cui mancavo. Iniziai a pensare che fosse uno scherzo dei ragazzi e che Tanya - lei era mancina - avesse scritto frettolosamente quel biglietto prima di andare via.

Ricky era anche a conoscenza del mio amore incondizionato per le crostate, quindi non era difficile pensare che avessero creato quella piccola chicca in onore al fatto che ora eravamo tornati a vivere ognuno nella propria casa. Con io non più coinquilino di quel pazzo emo del mio amico. Questo pensiero mi vorticò nella mente fino a sembrare del tutto sensato e a quel punto decisi di tornare a letto da Castiel, il quale trovai raggomitolato tra le coperte che sussurrava frasi sconnesse nel sonno.

Mi avvicinai per studiarlo meglio: avevo capito che quando si comportava in quel modo non era mai un buon segno e che non era sempre una buona idea svegliarlo. Questo me lo spiegò Jackson in uno dei tanti episodi - mi ricordo che stavano riparando una moto quella domenica mattina - simili a qualcosa tra padre e figlio.

Mi avvicinai al bordo del letto e mi inginocchiai per osservare il suo viso contratto in una morsa di dolore. Sembrava stesse facendo uno sforzo sovrumano e le lacrime agli occhi ne erano la conferma insieme a quei versi striduli che uscivano dalla bocca serrata.

Lo vidi girarsi di colpo dall'altro lato, cosa che mi diede la possibilità di sedermi sul materasso, non troppo vicino al suo corpo. Sapevo cosa stesse sognando dato che avevo visto fin troppi di quegli episodi turbolenti in cui la sua mente non faceva altro che ricordargli cosa fosse accaduto, ma seguii il consiglio del padre e cercai di calmarlo facendogli delle dolci carezze sul viso. Solo ed unicamente lì però, dovevo evitare di "stimolare" e accentuare quei sogni fino a renderli qualcosa di vero. Dovevo quindi farlo svegliare con quelle piccole premure e nient'altro.

"Marcus!" disse Castiel, prima sussurrandolo e poi urlando.

"Castiel, svegliati. È tutto finito..." gli dissi con una calma disumana. "Ci sono io qui."

"No." rispose, tremando in quella posizione fetale.

Mi stesi al suo fianco e gli coprii la schiena con il lenzuolo per farlo sentire ancora più protetto, fino alle spalle. Le sue mani erano strette l'una con l'altra a creare un pugno e una specie di preghiera vicino alle sue labbra. Forse una parte inconscia di lui cercava di bloccare le urla che quello schifo gli aveva fatto fare, oppure cercavano di bloccare Padre Gabriel nel fargli qualsiasi cosa, quasi pregando quel Dio senza volto che gli era di fronte.

"Ti pre-" implorò il ragazzo di fronte a me singhiozzando nel sonno. Sembrava facesse fatica persino a respirare e a muoversi.

In ogni caso, vederlo in quello stato era disarmante e non mi importava se non avrei dovuto creare dei risvegli traumatici: non avrei lasciato che quel mostro continuasse a toccarlo e continuasse a fargli quel male in continuazione nella sua testa.

We'll find the happiness in the hell.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora