I'm sorry.

142 7 28
                                    

La notte non dormii così tanto a causa del dolore alla spalla che mi causava un fastidio tremendo ad ogni movimento. Mi girai e rigirai sul letto, cercando una posizione ideale che - malgrado la comodità del materasso - non trovavo. Passai un paio di ore al cellulare; fino alle prime luci del mattino. Sentii in lontananza il cinguettio degli uccellini; che, sfortunatamente, mi ricordarono la notte in cui scappai di casa e mi risvegliai dolorante sotto ad un vecchio albero. Subito dopo ricevetti un messaggio da Tom che mi chiedeva perchè stessi sveglio a quell'ora.

Tom era un ragazzone alto 1.70 nonostante i suoi 17 anni. Anche se aveva un aspetto minaccioso, si preoccupava sempre per tutti; e rischiò più di una volta di esser rimandato a scuola, così come il sottoscritto d'altro canto. Riuscimmo a superare l'anno solo grazie all'aiuto di George, evitando così il rischio di dividerci: fu principalmente questo il motivo per cui iniziai ad essere più serio durante le lezioni, anche se di deficienti in classe ce n'erano.

Gli risposi che non riuscivo a dormire e lui mi invitò a casa sua, dicendo che ormai i suoi erano già andati a lavorare e che potevamo vedere un film o qualcosa se ne avessi avuto voglia. Mi alzai con svogliatezza dal letto, e misi dei vestiti puliti nello zaino.

Uscii di casa in pantaloncini e con una maglia bianca, ed aspettai pazientemente che Tom arrivasse a prendermi con la macchina.

Era strano che i miei amici venissero a trovarmi. Fin dall'inizio della nostra amicizia, trovai mille scuse per far in modo che loro stessero lontano da casa mia. Anche allora ero pienamente consapevole che se avessero visto quello che vedevo io ogni giorno avrebbero fatto di tutto per trascinarmi, o addirittura rapirmi, pur di non farmi vivere quelle situazioni; il che faceva alquanto ridere. Solo una volta Tom si permise di bussare alla mia porta: eravamo entrambi piccoli; e pensava scherzassi sulla mia famiglia. Quel giorno, quando aprii la porta, lo guardai con occhi sbarrati, colmi di paura e sorpresa. Ne susseguirono le urla di James, che mi intimò di tornare immediatamente indietro; mentre io, a stento, riuscivo a placare l'agitazione e il tremolio delle mie gambe a ogni suo urlo. Tom rimase quasi scioccato da ciò che ormai ritenevo la normalità. In quel momento, capì come mi procuravo quei lividi che tenevo ben nascosti da delle bandane o dai polsini; perchè odiavo i litigi e, principalmente, perché non volevo che nessuno venisse a casa mia.

Giorni dopo, quando fummo da soli, iniziò a pormi delle domande sul perchè, come e quando tutto accadde. Ero un po' titubante su come rispondergli, anche perché non sapevo proprio da dove iniziare a raccontare il mio tormento. Gli dissi perciò quello che sapevo e il motivo degli scatti di ira.

Era troppo per un bambino di 11 anni sapere tutte quelle cose. Mi sentii in colpa per giorni per quello che aveva visto; soprattutto quando smisi di parlare e scoppiò a piangere, sussurrando quanto gli dispiacesse, stringendomi forte in un abbraccio.

Tom era l'unico a potersi fermare di fronte casa mia.

Parcheggiò la macchina e mi sorrise.

"Quanto per il servizio?" chiese, vedendomi sul ciglio della strada.

"Solo perchè sei bello, facciamo 50 dollari, ok?" risposi a tono e scoppiai a ridere.

Mi accorsi di essere sul bordo del marciapiedi, e questo non fece altro che accentuare la sua domanda su quale lavoro stessi svolgendo.

Salii in macchina e subito dopo ci dirigemmo verso casa sua. Ci volle un pò prima che arrivassimo; e questo mi diede l'opportunità di scoprire il perchè fosse sveglio anche lui e come andasse la sua relazione con Greta.

"Aspetto una risposta." dissi.

"Se mi andasse bene il prezzo?" sorrise e mi guardò per un secondo. "Bè, diciamo che devi essere abbastanza esperto per chiedere 50 dollari."

We'll find the happiness in the hell.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora