We are... What?

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Il primo che Ricky visitò fui io. Mi chiese diverse cose sulla nutrizione degli ultimi tempi e si conquistò pienamente la fiducia di tutti quando iniziò a parlare in termini tecnici di cui a stento ne capivamo il significato.

Negli occhi di quell'uomo ora vedevo la serietà di un adulto costretto ad abbandonare i sogni adolescenziali e persino il lavoro che avrebbe voluto fare per concentrarsi verso beni di prima necessità. Uno di questi, ora come ora, era avere un dottore in ogni piccola cittadina e lui lo era in Alexandria. In quella visita nominò anche un altro piccolo paese nelle vicinanze che lui chiamò Hilltop e di cui diceva poter recuperare alcuni farmaci con vitamine che ci avrebbero aiutato a riprendere peso ed energie nel più breve tempo possibile. Di tanto in tanto poi nominava anche George e di come il mio fisico - tristemente - somigliasse al suo nei suoi periodi bui.

Tom sospirò a quei ricordi. Lo sentii tirare su con il naso e potei giurare che stesse piangendo, o che per lo meno qualche lacrima stesse solcando il suo volto. Nonostante fosse due letti lontano da me potevo sentirlo chiaramente girarsi sul letto a molle e darci sicuramente le spalle con la paura di farsi vedere così debole e sofferente. Potevo solo intravedere Greta con lo sguardo volto in direzione del fidanzato, ma immobile sul letto e probabilmente incapace di muoversi data la stanchezza.

"Ricky, quando ci racconterai degli altri?" chiesi e lo guardai rovistare in una piccola valigetta. "Voglio incontrare John e George."

Lo vidi fermarsi da qualsiasi cosa stesse facendo: le sue spalle si rilassarono e le mani caddero lungo la borsa. Ci volle un attimo prima di vederlo voltarsi verso di me, o anzi verso di noi e guardarci con un piccolo sorriso.

"Appena vi rimetterete in sesto." disse. "Ora come ora non dovete subire qualsiasi tipo di shock... Che siano belli o brutti."

"Cosa intendi?" domandò Greta che a fatica si era alzata a sedere e lo guardava.

"Intendo che ora dovete solo riposarvi e pensare al vostro corpo, Greta. Soprattutto tu. Dovete rimettervi in sesto prima di ogni altra cosa al mondo!" spiegò con un sorriso.

Tornò da me con un piccolo batuffolo di ovatta e dell'igienizzante, poi prese dell'acqua in una bacinella e iniziò a lavare e curare ogni ferita si trovasse davanti. Gli dissi più di una volta che non ne valeva la pena farlo perchè erano ormai guarite da loro, ma neanche mi rispose, continuando il lavoro e scoprendo che in una di esse vi era una piccola infezione che dovette ripulire.

L'odore che ve ne uscì era vomitevole, ma il calore che provai lungo il polpaccio sparì quasi immediatamente così come quella sensazione di tenerlo sempre intorpidito.

"Quindi dobbiamo solo aspettare per avere notizie di tutti?" chiesi ancora una volta.

"Si, Dean." disse. "E vi prego, non domandatemi ancora di questa cosa. Ho una paura fottuta di farvi del male, di dirvi cose che potrebbero compromettere anche minimamente la vostra salute."

"Ok."

Mi voltai a fatica dando le spalle agli altri. Sentii il nastro che teneva la garza tirare leggermente e la ferita aperta e igienizzata far male come una piccola fitta ai nervi. Da quel lato dell'ambulatorio potevo vedere la gente passare di tanto in tanto.

Intravidi anche dei bambini correre ignari, magari, del pericolo là fuori, o forse consapevoli di esso e abbastanza saggi da godersi a pieno quei minuti di tranquillità. Tra di loro c'era un bambino piccolo di circa 6 o 7 anni che camminava poco più lento rispetto agli altri. Potevo presupporre che fosse piuttosto insicuro dato il suo sguardo basso e la mano a tenere il polso. Solo allora mi accorsi che quello stesso bambino aveva una particolarità: metà del suo braccio mancava e quello che a me sembrava il polso era solo una bozza di metà avambraccio tagliato.

We'll find the happiness in the hell.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora