La serata dopo il concerto fu fantastica. Fu come festeggiare un secondo Capodanno in balia della notte, con festeggiamenti e intrusioni in feste a cui non eravamo invitati per poi scappare via quando venivamo scoperti o quando diventava tutto troppo pericoloso. Per esempio, nella seconda casa in cui andammo ci furono varie liti tra ubriachi, e conoscendo quanto tutto ciò potesse degenerare ci spostammo in altri luoghi tra cui quel parco abbandonato che scoprii con Greta; quello fin troppo vicino al covo di Oscar.
Pensai fosse azzardato trovarci da quelle parti, ma in fin dei conti tutta Los Angeles era in mano a quello stronzo: ovunque andassi era pericoloso per me e per i miei amici. Avevo ormai accettato l'idea di venire osservato dato che, di tanto in tanto, mi mettevo a ricambiare i saluti di quegli scagnozzi come se fossero parte della mia famiglia o fossero miei amici. Avevo perfino accettato quella costante angoscia di dovermi guardare le spalle in continuazione e anche quella paura di metter nei guai la mia cerchia di amici.
Alcune volte mi consideravano come una madre preoccupata a causa delle mie domande sul perchè stessero tardando o simili, ma avevo una rabbia fottuta che fremeva nelle mie mani al sol pensiero che Oscar o altri potessero fargli del male, soprattutto a Castiel.
Lui non conosceva perfettamente in cosa si sarebbe potuto cacciare se solo avesse provato a rispondergli male o se solo avesse provato a picchiare quel criminale.
Sospirai e mi stiracchiai su quel pavimento in cemento che era la terrazza della scuola in cui andavo. Castiel era poco più in là a fumare con John e a chiacchierare di qualcosa, mentre Tom era in disparte a parlare al telefono con Greta - avrei giurato che se fossero stati da soli avrebbero fatto molto più che parlare normalmente, conoscevo bene quanto perverso fosse il mio amico - e infine George e Ricky erano al mio fianco, seduti a ripassare la prossima materia; nonché quella di chimica con la professoressa Cornoval.
"Ragazzi, Castiel approva l'idea!" disse John, euforico.
Lo guardai perplesso e rigirai il telefono tra le mani.
"Sul serio?" Domandò George, altrettanto allegro.
"Si, perchè no? Può essere una buona idea!" fece Castiel. "Potrebbe piacergli!"
"Fate come se non ci fossi." ribattei ironico, siccome nessuno notava la mia confusione nel guardarli.
"Infatti, Dean." disse George. "È una sorpresa!"
"Non dirmi che è per il mio compleanno, ti prego." gli risposi visibilmente annoiato dalla cosa.
Tutti e quattro i ragazzi vicino a me mi guardarono con sorriso che non poteva che confermare i miei timori. Ciò mi infastidii tanto dato che oggi anno non facevo che ripetere quanto odiassi festeggiare il mio compleanno.
Quel giorno era il peggiore di tutti in casa di Kate e James. Non faceva che ricordarmi quanto io poco contassi, tanto da dimenticare o non considerare più quella data. Spesso da piccolo piangevo settimane prima nel pensare che di lì a poco sarebbe stato il mio compleanno e che loro non mi avrebbero cantato la solita canzoncina di auguri. In ogni caso, crescendo, capii che festeggiarlo non era così importante; era solo un giorno come un altro.
Alcuni anni, invece, "festeggiavo" a casa di Tom con un pranzo coi fiocchi e la tranquillità di una vita normale. Quelle volte non c'era neanche la torta o la canzone, ma il semplice passare del tempo insieme a loro mi faceva sentire apprezzato, tanto da riempire quel vuoto che il mancato compleanno creava.
"Sapete quello che penso a riguardo!" sbottai. "E non me ne fotte un cazzo se avete già organizzato tutto."
"Dai, Dean." disse Ricky. "Sarà divertente, sono i tuoi 18 anni!"
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We'll find the happiness in the hell.
De TodoDean è un ragazzo problematico con alle spalle una famiglia di tossicodipendenti, questo lo porta a sfogare la sua rabbia repressa contro chiunque gli dia fastidio, in particolare con Castiel Novak. Dean, appassionato di musica, crea una band in cu...