Death and life.

32 2 0
                                    

Mi svegliai da un sonno profondo con ogni parte del mio corpo dolorante. Mi sentivo come se mi avessero preso a calci per ore e diedi la colpa a quei mesi di totale fermo a dormire su un letto fatto di legno. Ora che ero invece su un vero materasso il mio corpo non era più abituato, e rilassare i muscoli intorpiditi non aveva fatto altro che indolenzirli paradossalmente. Aprendo gli occhi vidi una ragazza dai capelli lunghi fino al sedere, e un sorriso splendente, che ci sorrise dandoci il benvenuto con una voce acuta e solare, mentre per le mani teneva un piccolo carrello con dei vassoi blu.

Ci venne vicino posando quei vassoi su quelle sedie che fungevano da comodino, per poi servirci ogni cosa come se fossimo nel miglior ristorante di tutta la Georgia. Mi limitai a guardarla per qualche minuto e richiusi gli occhi, ma quella testarda ragazzina mi scosse la spalla e mi forzò a mangiare in quel momento insieme agli altri. Forse aveva capito la mia intenzione di digiunare a causa del mio mal umore per la morte di Castiel, ma ovviamente questo non era consentito in quella cittadina e ne potei capire il perchè siccome il cibo non era facile trovarlo, quindi rifiutarlo sarebbe stato maleducato e irresponsible.

Mi misi a sedere. Sentivo tutto così distaccato da me che quasi mi chiesi perchè mi stessi nutrendo. Avrei voluto semplicemente mettermi da parte e osservare il mondo scorrere davanti ai miei occhi cercando un vano appiglio per rialzarmi. Era tutto tornato indietro a quando avevo perso Lucas, e le stesse identiche sensazioni si stavano impossessando del mio corpo così come la mia voglia di finirla ora che niente era come prima e che non avevo un obiettivo per cui andare avanti.

Presi un grosso respiro e ingurgitai delle patate e un pezzo di carne, poi lasciai il vassoio non toccando altro per qualche minuto.

Mi sentivo stupido a non mangiare, ma semplicemente assaporavo piccole parti senza un vero interesse, come quando George viveva quei momenti bui in cui la malattia prendeva possesso del suo corpo portandolo a vomitare anche la bile pur di non assimilare piccole calorie. Ricordai quando lo scoprii vomitare in bagno a casa di John e mi chiese scusa piangendo come un bambino tra le mie braccia. Si sentiva dannatamente in colpa quando compieva quegli atti e si, potevo capirne il perchè, anche se non capivo come quella malattia potesse essere così forte da creare una schifosa dipendenza, così tanto forte da non riuscire a smettere.

Presi un cucchiaio di zuppa: la mia mano tremò e gli occhi diventarono di nuovo vitrei, ma nonostante tutto la mangiai di getto e cercai di fare piccoli bocconi - come consigliato da Lydia - per non forzare lo stomaco che ora come ora non era abituato al troppo cibo. Questo fu provato da Tom che a causa di una fame fin troppo evidente mangiò tutto con troppa foga causando dei crampi addominali e conati di vomito.

"Tom, ora stai bene?" chiesi.

Lo potevo capire, vedere quel ben di Dio aveva fatto piacere a ognuno di noi.

"Si." disse solamente. "Ma fa male lo stomaco."

Mi alzai a fatica e andai da lui. Aveva una mano sullo stomaco e il viso che di tanto in tanto si contraeva in una smorfia di dolore.

"Pensi che staremo bene qui?" domandò dopo un' altra fitta. "Voglio dire, potremmo mai vivere una vita normale?"

"Lo spero, cazzo!" sbottai. "Anche se non penso di voler rimanere..."

"Perchè?" si allarmò Greta.

"È complicato..."

Una settimana dopo esser stati salvati da Alexandria, Ricky ci diede delle buone notizie dandoci le chiavi delle nostre due nuove case - ovviamente la coppietta di sposini viveva insieme e io da solo nell'altra - e ci disse di poter tornare a casa. Poi ci diede un altro appuntamento per vedere se stessimo continuando a prender peso e se le vitamine stessero facendo effetto. Difatti sia quelle di Greta che le mie, arrivate da Hilltop da una missione di scambio approvvigionamenti, stavano risultando parecchio utili.

We'll find the happiness in the hell.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora