Li feci entrare in casa, non perchè volessi quegli stronzi con me come una normale famiglia americana, ma perchè non mi andava che parlassimo sullo stipite della porta, sotto gli occhi curiosi dei vicini.
Entrarono e dovetti ammettere che non sembravano per niente invadenti, tanto che feci un gesto riluttante di benvenuto verso di loro per farli accomodare. Ci ritrovammo tutti insieme in quella stanza con i loro occhi addosso e quel filo di rabbia e impazienza che mi portava a continuare a tener i pugni chiusi lungo la poltrona, i denti stretti e lo sguardo che viaggiava ovunque tranne che su di loro.
Quasi mi venne spontaneo mettere le mani in tasca e accendere una sigaretta. Dovevo sfogare in qualche modo quel nervoso e se non sarebbe stato battendo i pugni contro qualsiasi cosa di abbastanza duro da farmi male sarebbe stato contro il mio corpo, nell'ennesimo tentativo di darmi la colpa per tutto quello che stava succedendo.
"Che ci fate qua?" sbottai irritato dopo qualche momento di completo silenzio. "E chi vi ha detto dove abito?"
Guardai Kate per un attimo. I suoi occhi mi studiavano come se fosse la prima volta che mi vedesse, fino a che non si fermarono sulle mie dita che abbracciavano quella sigaretta delicatamente. Scossi appena la testa, più per capire cosa ci fosse da guardare che per un vero interesse nel suo finto stupore di vedermi fumare; d'altronde, i figli imparano sempre dai genitori ed era già tanto se non ero finito nella morsa delle droghe pesanti.
Non potevano di certo farmi la morale per una sigaretta accesa.
"Oscar ci ha detto dove eri." rispose pacato James. "E siamo qui per raccontarti cosa è successo in questi mesi senza di te."
"Come se mi importasse..." replicai istintivamente.
"Penso che tu abbia notato il cambio repentino che abbiamo fatto, Dean." ammise Kate. "Ma hai il diritto di capirne le ragioni e cosa abbiamo rischiato per arrivare fin qui."
Distolsi lo sguardo da entrambi facendo una risata quasi grottesca e innaturale, cercando poi in tutti i modi di rilassare le mie mani che lentamente stavano iniziando a far male lungo i tendini e le nocche tese.
Una parte di me cercò di pensare ai ragazzi e a Castiel, eppure quello stesso pensiero mi portava ansia e ira, perchè nessuno di loro meritava di ritrovarsi di nuovo nel mio stesso Inferno, quello che le persone ora di fronte a me avevano creato.
Non lo meritava soprattutto Greta che quando si nominava o vedeva Oscar impallidiva e si bloccava dal parlare o scherzare per tutta la serata; ormai ne era terrorizzata.
"Non ci posso credere." sbuffai incredulo.
Portai la mano sul viso e presi un grosso tiro dalla sigaretta, per poi guardarli.
"Devi credere alle nostre parole, Dean." fece James. "Sei pur sempre nostro figlio e meritiamo un minimo di fiducia ora come ora!"
A quelle parole mi voltai di colpo per guardarlo con un occhiata che avrebbe fatto paura a chiunque. Ora si che non potevo pensare che avesse detto quelle parole, perchè era già assurdo che loro stessero in casa mia, seduti sul mio divano, a sputare roba a cui io avrei dovuto credere solo per il puro fatto che, si, obiettivamente erano cambiati - almeno nell'aspetto - e che fossero i miei genitori.
"Vostro figlio?" sussurrai con un sorriso tra il triste e il disperato. "Certo, ovviamente."
"Dean, lasciaci raccontare. Ti prego." fece Kate. "Starà a te poi prendere una decisione."
Kate era diversa da James ora: lui rimaneva sempre impulsivo con le parole, mentre la donna al suo fianco pesava e le usava con dedizione, capendone perfettamente il significato.
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We'll find the happiness in the hell.
RandomDean è un ragazzo problematico con alle spalle una famiglia di tossicodipendenti, questo lo porta a sfogare la sua rabbia repressa contro chiunque gli dia fastidio, in particolare con Castiel Novak. Dean, appassionato di musica, crea una band in cu...