Erano passati due mesi da quando Gabriel e Danny furono giustamente giustiziati dalle nostre mani, due mesi in cui avevamo seguito una sorta di automedicazione da tutto ciò che era successo.
Castiel aveva iniziato a non temere di aver degli effetti collaterali - se così si potevano chiamare - da parte mia se qualcosa non andava, e Chris aveva iniziato a sentirsi più tranquillo nel giocare per casa e non con il terrore di esser sgridato... o peggio. Avevo notato da parte di entrambi una lenta tranquillità che si stava insinuando nella vita di tutti noi, ma nonostante potessi constatare quelle migliorie gli incubi continuavano a farsi spazio nella mente di tutti noi.
La inconscia fobia di trovarci faccia a faccia con quei due si faceva strada anche nelle piccole attività quotidiane, quando dimenticandomi dell'accaduto correvo in piena notte nella camera del bambino per assicurarmi che ci fosse, che era presente nel suo letto e non trovassi la finestra aperta e le lenzuola ancora calde. In quei momenti mi veniva spontaneo avvicinarmi a lui e guardarlo per qualche minuto dormire, con il cavallo intagliato che più lo guardavo e più potevo notare deformazioni che mio nonno avrebbe criticato. In ogni caso, lo lasciavo dormire accarezzato dalla lieve luce della luna, e il mattino dopo - a detta di Castiel - lo guardavo con riguardo, probabilmente per assicurarmi che lui fosse veramente lì, come se non credessi ai miei stessi occhi.
In quei due mesi Carol celebrò le nozze di Greta e Tom. Non erano come avevano progettato e la mia migliore amica aveva abbandonato l'idea dell'abito bianco con uno sfarzoso velo per dar spazio a jeans usurati e strappati lungo le cosce e una maglia nera raggrinzita lungo le maniche e la parte bassa all'altezza dei fianchi. Tom di rimando non era stato tanto ben curante dei vestiti, le aveva detto "non mi importa cosa indossiamo, io vorrei sposarti comunque" e la risposta di Greta non venne mai capita da noi seduti al tavolo, durante una normale cena tra amici, dato che quest'ultima biascicò parole scommesse tra le lacrime non facendo altro che asciugarle con un tovagliolino. Di tanto in tanto capivamo che non doveva dire quelle cose mettendo in ballo la gravidanza e gli ormoni impazziti. Ricky rise a quella frase, forse sapeva fosse solo una scusa.
Dopo due mesi Chris imparò a leggere e a scrivere fluentemente. La maestra che avevamo ad Alexandria si complimentò degli ottimi risultati nonostante le avversità che c'erano state in quel periodo, e aggiunse anche di continuare a incoraggiare Chris a leggere perchè aveva una predisposizione nella lettura di fantasy e di romanzi storici. Mi chiesi come un bambino di otto anni si potesse appassionare a due cose così differenti e soprattutto come avesse scoperto i romanzi storici. Mi venne spontaneo domandarmi se Sam gli avesse letto qualcosa quando io non ero presente nella vita di entrambi.
Seki e io continuammo a lavorare insieme. Ci occupavamo delle macchine e rimase quasi scioccata e paralizzata dal mio amore per l'Impala che Negan aveva trovato nel bosco. Quasi litigai con quest'ultimo quando ci disse di volerla ridurre in pezzi di ricambio o demolirla definitivamente e arrivammo all'accordo che me ne sarei occupato io. Se occupato io significava rimetterla a nuovo e portala di fronte casa mia. Una bellezza di quel calibro non meritava la demolizione: quella era quasi blasfemia.
Tra le altre cose Ricky e Seki avevano iniziato a uscire insieme. Non capii perfettamente come tutto ebbe inizio, ma fui certo che si conobbero durante un esercitazione con Castiel, quando il batterista intervenne per i modi rudi che usava con la ragazza. L'aveva difesa perchè pensava che la sua disabilità potesse interferire con la difesa di sé stessa, eppure Seki lo guardò divertita, gli andò contro e lo gettò a terra senza titubare e senza dare il tempo all'altro di poter coordinare gli arti. A quella scena mi feci una grassa risata perchè ero a conoscenza delle doti della donna, soprattutto quando durante una discussione amichevole iniziammo a bisticciare come fratelli lanciandoci qualsiasi cosa sopra. L'ultima volta mi lanciò una chiave inglese sullo stinco e quasi non svenni per il dolore, per non parlare del livido che era grande quattro dita.
Quella volta si scusò così tanto che dovetti minacciarla di smetterla, e prestammo attenzione la volta seguente a usare cose meno dure da gettare.
"Pronti per Ocean' side?" Chiese Michonne con un sorriso.
Di fronte a lei c'erano diversi bambini di Alexandria. I più grandi e gestibili che andavano dagli otto ai dodici anni da una parte, mentre d'altra vi erano i carri e i genitori che mettevano varie cose da potare all'altra comunità. C'ero anche io che con Castiel guardavamo quel gruppo di piccoletti eccitati per la gita. Chris tra tutti saltellava con un suo amico di scuola: sembravano potessero esplodere dalla gioia.
A quanto avevo capito, Michonne organizzava quelle trasferte sia per educare i bambini sulla strada da percorrere per un futuro aiuto nelle varie collocazioni, sia per insegnargli a coltivare, pescare e cacciare in un luogo dove queste possibilità ne avevano a bizzeffe.
"Ripassiamo il piano!" Disse lei. "Se vediamo uno zombie, che facciamo?"
"Chiamiamo Daryl, Negan, Maggie o te!" Disse Bernie con la voce squillante.
"E se non ci siamo noi?" Domandò ancora. "Chi dovete chiamare?"
Bernie alzò la mano titubante, ma poi la abbassò insicuro. Chris ce lo descrisse come un eterno indeciso e quando ce lo disse, mi voltai verso Castiel come a dire "Ehy, mi ricorda qualcuno!".
"Chiamiamo chiunque ci possa aiutare oppure scappiamo e troviamo un rifugio!" Rispose Leo, un bambino dai capelli rossi in un mare di neri.
"E se sono troppo vicini?" Domandò Daryl.
"Gli portiamo ferite alle gambe e poi un colpo in testa!" rispose Judith.
Quest'ultima aveva la malsana abitudine di prendere quegli argomenti in modo fin troppo vivace, quasi fosse un gioco per lei o ne godesse, eppure non potevo dargli torto siccome quella vita era diventata fin troppo snervante per tutti noi. Ormai gli zombie avevano creato un attività che racchiudeva utile e dilettevole, dando sfogo a chi era arrabbiato per qualcosa e difendendo il luogo in cui si trovava uccidendoli.
"Esatto." Confermò Negan. "E se questo non bastasse, almeno assicuratevi che non si possa alzare e venite da noi."
Arrivati a quel punto i bambini annuirono seriamente, poi si spostarono nelle varie carrozze in base a dove i genitori li stavano aspettando. Chris ci venne incontro raggiante e sulle spalle teneva un ascia che poteva usare con l'unica mano che aveva, mentre gli altri coetanei - o quasi - avevano un arco e delle frecce. Orgogliosi lo guardammo salire e ci sedemmo al suo fianco. Sembravamo dei genitori che accompagnavano il proprio bambino alla prima recita o qualcosa di simile a un effettiva gita scolastica siccome, a un certo punto, l'avremmo dovuto lasciare nelle mani di altri adulti. Anche se, a dire la verità, a Castiel non piaceva come idea.
Riflettei per tutta la durata del viaggio sul perchè fosse strano per lui e non volli dare la colpa a ciò che aveva vissuto, all'eventualità che il bambino potesse vivere le stesse cose, perchè anche io stavo provando una sorta di ansia mista a disagio nel pensare che quell'ometto dovesse star via per un intero giorno. Non dissi nulla, ed anzi rassicurai Castiel dicendo che sarebbe andato tutto bene, pronunciando quelle parole anche per me stesso.
"Pensi che starà bene?" chiese.
"Si, mamma orso." Ironizzai. "Andrà ad allevare galline e probabilmente gli faranno spalare merda di mucca."
"Come farà con il braccio?" Domandò ancora, si era anche fermato dal sistemare lenza ed esca sull'amo. "Voglio dire, ci vuole agilità... Pensi che debba andare a parlare con qualcuno?"
"Mio Dio, Castiel!" Sbuffai. "Stai calmo, Chris sta bene! Non c'è nessun lupo cattivo pronto a sbranarlo."
"Ma-"
"Se non ti ammutolisci, ti tappo la bocca con altro." gli sussurrai all'orecchio.
Non mi voltai a guardarlo. Avevo già il sospetto che il suo viso, anzi l'intero suo corpo, stesse andando letteralmente a fuoco nelle fiamme dell'inferno, ed ebbi la conferma quando, imitandomi, lanciò la lenza nel lago e con la coda dell'occhio potei osservarlo. Per lo meno ora sembrava distratto dai pensieri da padre premuroso che gli tormentavano la mente.
"Ho sempre sognato di andare a pesca con mio padre." Dissi malinconico. "Sono quelle cose che senti in giro e che sogni nel profondo, eppure non ebbi mai il coraggio di chiederglielo. Da parte sua non potevo che aspettarmi urla e..."
Abbassai lo sguardo. I miei piedi erano immersi nell'acqua e dondolavano creando leggere onde che si andavano a scontrare contro i piedi di Castiel, i quali ricambiavano facendo lo stesso movimento. In lontananza si sentivano le urla gioiose dei bambini che giocavano, e altri che domandavano cose su quella particolare comunità immersa nel più disperso bosco. Ero curioso anche io di sapere come potessero difendersi da ogni cosa nonostante l'ampia zona da ricoprire e - come se mi leggesse nella mente - Negan mi indicò le vedette sugli alberi più alti, così come fili trasparenti legati con dei sonagli o addirittura pentole rotte che al minimo tocco risuonavano creando un allarme.
Le vedette, invece, erano giovani non più grandi di quindici anni che impilati sui rami come scimmie osservavano qualsiasi cosa potesse esser sospetta. Alcuni di questi brandivano persino arco e frecce per la caccia di animali vari. Pensai avessero una vista da falco per poter fare tutto ciò.
"James sarebbe stato felice di portarti a pesca." Sorrise Castiel guardandomi subito dopo aver detto quella frase. Mi sembrò una menzogna però. "Come hai detto tu, sono cose che si fanno in famiglia e desideri che chiunque li abbia."
"Tu sei mai andato a pesca con Jackson?" Chiesi spontaneamente.
Lui scosse la testa e dopo poco fermò i piedi dal dondolare. Pensai che logicamente dovevamo star fermi per attirare pesci, e non movimentare le acque con i nostri dondolii. Comunque, voltai lo sguardo e ripresi la lenza: i pesci avevano mangiato l'esca furtivamente prima di scappare via a pinne levate.
"No, a papà piaceva andare a caccia. Odiavo quel tipo di sport, ma una volta mi portò: prendemmo una quaglia e un coniglio... Piansi per un giorno intero per quelle bestioline." Disse con un viso che descriveva diverse emozioni tutte insieme.
Gli occhi velati di mestizia facevano anche trapelare un pò di felicità, come se nonostante tutto cercassi di trovare qualcosa di buono nel pessimismo.
"Mi dispiace dirtelo, ma ora non abbiamo scelta." Dissi. "Come io non ho scelta di fare una cosa."
L'uomo al mio fianco si voltò perplesso e con altrettanta insicurezza mi guardò prendere la sua canna e posarla sul piccolo ponte su cui eravamo seduti, dopo di chè lo avvicinai a me e gli diedi un bacio prima di spingerlo in acqua.
"Questa gita stava diventando troppo triste per entrambi!" ribattei.
Non feci in tempo ad alzarmi e scappare via dalle sue grinfie che mi fece cadere con le ginocchia sul legno e mi trascinò sott'acqua per qualche secondo, come quando Tom notava John guardare Greta o fargli complimenti. Sapeva che i suoi amici non avrebbero fatto nulla, non lo avrebbero tradito, ma ormai era abitudine che si vendicasse in quel modo.
"Voi due piccioncini, venite ad aiutarci con la cena." Disse Daryl dopo un pò che eravamo a nuotare.
La cena si organizzava vicino a un grande falò al centro della comunità. Ciò si creava in modo sicuro scavando una buca nel terreno e ricoprendo le pareti di rocce piatte, le quali a loro volta creavano calore una volta riscaldate a dovere dal fuoco. Di tanto in tanto qualcuno si alzava per aizzare il fuoco con dei legnetti, e se si doveva cuocere qualcosa si metteva un tronco un pò più grosso per avere una fiamma continua intorno la pentola in rame o qualsiasi cosa ci fosse al di sopra. Chris era affascinato dal cuocere in quel modo le pietanze. Si era offerto di cuocere un pollo e subito dopo - e con un pò di fatica a causa del calore - aveva distribuito le dosi.
"Grazie cameriere." Gli avevo detto quando toccò a noi, poi corse a servire gli altri cittadini con un sorriso sul volto.
Passarono diverse ore tra vari chiacchierii finchè la brace del falò non divenne cenere e il cielo non divenne del tutto buio. A quel punto ognuno si ritirò nelle proprie stanze per dormire e prepararsi all'alba. Le case erano disposte in una sorta di cerchio, quindi tutti eravamo vicini al pollaio e al gallo. Lo guardai prima di uscire, potevo scorgere il bianco delle piume ingrigito dalle ombre e il loro gonfiore stretto l'une alle altre; persino il gallo che era classicamente sulla staccionata ora sembrava calmo e esageratamente grosso tra quel suo rilassarsi aspettando di darci un sonoro buongiorno.
Entrammo in casa e Chris si gettò sul divano. Assomigliava a uno zombie per la stanchezza che si portava addosso, ma era certamente felice, tanto che il sorriso non sembrava svanire neanche quando ormai il sonno si era impossessato di lui. Misi una copertina sul suo corpo: né io né Castiel volevamo spostarlo.
"Dean... Possiamo parlare di una cosa?" chiese Castiel, si stava mettendo il pigiama intanto e pensieroso stava rischiando di cadere mentre parlava.
Lasciai cadere la maglietta che usavo per pigiama sul mio corpo fino ai fianchi che lasciava liberi e non rendeva il tessuto aderente, poi feci scendere i pantaloni fino al pavimento e lì li lasciai con poca cura. Non avevo gran voglia di metterli sulla sedia seppur questa si trovasse a poco da me, preferii stendermi sul letto e oscurare la visuale con il braccio per avere dei secondi di totale tranquillità, anche se quella domanda stuzzicava la mia curiosità rendendomi leggermente agitato. Mi voltai a guardarlo: stava accendendo un paio di candele per rendere quella stanza più luminosa e poterci guardare in faccia l'un l'altro. Io in risposta osservavo la sua schiena, le sue cicatrici e infine quel meraviglioso tatuaggio.
"Di cosa vuoi parlare?" gli chiesi.
Lui si irrigidì un pò sulla schiena, quasi non fosse del tutto pronto a rispondere a quella domanda, poi si voltò e si sedette al mio fianco a gambe incrociate. Mi alzai sui gomiti per guardarlo meglio nonostante quella penombra che le candele creavano.
"Bè... Pensavo a Tom." Ammise a occhi bassi.
"Qualcosa non va? Ti ha detto qualcosa che ti ha dato fastidio?" Feci ancora, non riuscivo a capire dove stesse andando a parare. "Oppure... Certo, come darti torto! È un bell'uomo, un pò troppo alto, ma è colpa del basket."
Mi lasciai cadere di nuovo sul cuscino: ero stanco come poche volte lo ero stato.
"Oh no, no, no!" Ripetè come in preda al panico di esser stato frainteso. "Pensavo a lui ai tempi della scuola."
Lo ignorai, ero intento a dargli un pò di fastidio quella sera solo per il puro scopo di vederlo incazzato e far di tutto per riconquistarlo.
"Ai tempi della scuola... Ci ho provato con Tom, il mio sogno erotico prima di conoscere Lucas era di farmi lui e Ricky insie-" Dissi con voce lenta, come quando si ricorda qualcosa. Venni interrotto da diverse cuscinate in faccia e una sul linguine che mi fece sobbalzare. "Castiel! Cazzo, mi hai fatto male... Merito un bacio... Proprio lì!"
Mi raggomitolai fingendo un dolore immenso, ma questo non sembrò rattristirlo e dopo poco smisi nel tentare di convincerlo del finto trauma che avevo subito alle parti basse. Lui sorrise alla mia sofferenza durata solo un minuto.
"Sai... Pensavo che..." iniziò.
Il suo nervosismo gli fece tremare le mani e per qualche istante i suoi occhi si chiusero mentre prendeva un grosso respiro e tentava di prender coraggio nel dirmi qualcosa che non sapevo cosa potesse essere, dato che - facendo un breve riassunto di ogni cosa - ora andava tutto bene, più o meno.
"Sputa il rospo, Cas!"
"Ho paura che con questo mondo, con gli zombie, con la morte che ogni giorno ci potrebbe prendere... è un inferno! E proprio per questo che ti voglio chiedere una cosa!" Disse di getto.
"Castiel, abbiamo vissuto una vita che era al limite dello schifo umano. Entrambi. E abbiamo gli zombie che ci vogliono mangiare come un bell'hamburger al sangue, ma noi troveremo la felicità all'inferno." Risposi di getto senza curarmi di quella voce che mi urlava che il mio orgoglio doveva rimanere integro, senza cedere alla debolezza dell'amore e di tutto ciò che James lo aveva educato a non avere. "Quindi... Dimmi che ti frulla per la testa e poi vieni qui, dobbiamo pur festeggiare questa gita."
Nonostante la semi oscurità potei quasi vedere la faccia di Castiel diventare di getto rossa e le sue labbra mordersi, poi mi venne vicino e potei vedere chiaramente - grazie anche a un raggio di luce fatto da una candela - il suo sguardo mentre mi guardava negli occhi: era diverso da qualunque altra volta.
"Dean Winchester" Mi chiamò. "Mi vuoi sposare?"
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We'll find the happiness in the hell.
RandomDean è un ragazzo problematico con alle spalle una famiglia di tossicodipendenti, questo lo porta a sfogare la sua rabbia repressa contro chiunque gli dia fastidio, in particolare con Castiel Novak. Dean, appassionato di musica, crea una band in cu...