C'era un padre benestante,
Che voleva con assolutezza,
Che il figlio conoscesse,
Come si viveva in povertà.Lo mandò per alcuni giorni,
Per tre soli e tre notti,
In una famiglia di contadini,
Che abitava nei campi.Il padre con egli di ritorno alla città,
Gli chiese quand'erano ancora in macchina,
Di raccontargli com'è stata la sua esperienza,
L'effimero "bene" del ragazzo provocò al padre l'insistenza,E stavolta gli domandò se ebbe appreso qualcosa.
Il figlio cominciò a rispondere,
Che i ricchi avevano un solo cane,
I poveri ne possedevano quattro.I ricchi avevano una piscina,
Con dentro acqua trattata,
Che arrivava dal fondo,
Del loro magnifico giardino.I poveri hanno un fiume,
La sua acqua è cristallina,
All'interno c'è ogni pesce,
Ed ogni altra bella cosa.I ricchi hanno la luce elettrica,
Nel loro magnifico giardino,
Ma i poveri hanno le stelle e la luna,
Per illuminarlo.Il giardino dei ricchi si ferma al muro,
Mentre quello dei poveri sgorga fino all'orizzonte,
I ricchi comprano qualsiasi cibo,
Un povero invece lo cucina, lo coltiva e lo raccoglie.I ricchi ascoltano i cd,
I poveri sono accompagnati dalla sinfonia,
Dei continui uccellini o dei grilli,
E qualche volta dal canto di un uomo che lavora la terra.I ricchi utilizzano il microonde,
I poveri hanno il sapore del fuoco lento,
I ricchi per proteggersi vivono nei recinti con l'allarme,
I poveri a porte aperte vivono protetti dall'amicizia di ogni vicino.I ricchi sono gli occhi connessi,
Ai cellulari, al computer ed alla televisione,
Invece gli occhi dei poveri,
Sono il cielo, la vita, l'acqua,
il sole, gli animali, la campagna
Le loro ombre e le loro famiglie.Il padre rimase stupefatto,
Dal figlio e dai suoi sentimenti,
"Grazie padre per avermi insegnato,
Quanto noi in realtà siamo poveri".Dio nel padre è una figura fissa,
Al figlio vuole dare una morale ben chiara,
Nella vita ci vuole riflessione ed approfondimento,
Si può essere ricchi ma non vantando il valore materiale,Quanto rimanere stabili nella dignità e nel buon senso,
Ogni giorno siamo più poveri perché non osserviamo la natura, opera dell'Onnipotente.Per questo testo, di autore anonimo, vorrei citare Cesare Pavese "O cara speranza, quel giorno sapremo anche noi che sei la vita e sei il nulla". Quel giorno è quando ricco e povero saranno uguali, avranno davanti solo l'anima, che non ha una povertà materiale ed interiore, ma solo una ricchezza interiore, neanche estetica. I poveri usano già l'anima, faticando come l'uomo fa stando sulla Terra, quindi innanzitutto curarla, coltivarla, e fare crescere da essa il continuo dei suoi giorni. Si è abbandonata abbastanza la campagna, poiché ora quasi tutti, almeno chi se lo può permettere, va al mare, va nei posti a lui dedicati, si dirige nel lusso, e facendo così va ad immischiarsi in ciò che l'anima si ritrova spaesata. Un uomo in un luogo non va mai senz'anima, quindi è normale che se ad un ricco viene una malattia o come il figlio va a visitare una famiglia ricca di umanità, si rende automaticamente conto del suo lato puro. La parola "magnifico" contiene un aggettivo superlativo abbastanza ingrossato, perché è una maschera, ingrandisce un sentimento che già nella sua base è ricco. La sua base è "bello". Una parola che dice tutto, una parola per i poveri, che dentro contiene il significato.