Il patto [1]

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Re Galtur era affacciato alla finestra dal vetro colorato della sua camera e scrutava i giardini della fortezza con occhi vigili e accorti. Laggiù, Jocelyn passeggiava in compagnia dell'Alpha Dream. Non sapeva di cosa stessero parlando, ma avrebbe tanto voluto essere lì, per seguire le due donne durante la loro camminata, osservarle da vicino mentre accarezzavano i fiori scarlatti del giardino e soprattutto per udire le loro parole.

Dal giorno del loro arrivo, Galtur aveva odiato con tutto se stesso Dream, e ancor di più Jocelyn. L'idea di sposarla era stata sua, ma non avrebbe mai voluto farlo se non per raggiungere un unico, significante scopo.

"L'ultimo Zanna Rossa ci ha provato prima di me ed ha fallito, ma non commetterò i suoi errori. Questa... Anima di Lupo è forte, imbattibile, si dice. Ma per ferire una persona invincibile bisogna attaccarla dall'interno", pensò mentre sul suo viso si tingeva un ghigno preoccupante. Giusto la sera prima aveva notato come la ragazza avesse reagito di fronte al suo amico, Jason White, quasi morto di fronte ai suoi occhi. "Scatenare l'ira dell'Anima di Lupo", rifletté il Re, "la condurrebbe a rivoltarsi contro i suoi stessi alleati. E a quel punto, quando si ritroverà indifesa e sola, io farò la mia mossa". Si arruffò i capelli neri con una mano, seguendo la forma appuntita e ricurva delle corna e scuotendo la coda nel vuoto.

Quando allontanò la mano, la sventolò in aria mentre indossava una giacca chiara, che però lasciò aperta sul massiccio petto, i muscoli e gli addominali ben in vista. «Bulbar», chiamò il suo ambasciatore, che se ne stava in piedi di fronte alla porta della stanza con un taccuino in mano, a leggere gli eventi ai quali lui ed il Re avrebbero dovuto presenziare nel corso della settimana, «Tu conosci bene la storia. Dimmi, è mai esistito un demone in grado di uccidere un'Anima?», domandò a voce alta e scandendo bene ogni parola.

L'ambasciatore sobbalzò. Quella domanda lo aveva turbato e non poco, ma in fondo sapeva quali fossero le intenzioni del Re. «Beh... ecco...», balbettò un po'. «Durante il periodo in cui il demone Kuen fu Re, sua sorella Winia venne attaccata da un'Anima di Lupo. Se ben ricordo si trattava di un mannaro. Ma Winia era ben addestrata e uccise l'Anima colpendola con il suo martello da guerra. Si dice che quella sera abbia banchettato con la carne del licantropo», narrò vagamente.

Galtur borbottò. «Mi basta sapere che è possibile», esclamò finendo di abbottonare la giacca. «Credo che il futuro ci riservi grandi cose, mio caro Bulbar. Mia moglie riceverà un regalo di nozze molto particolare, ma da lei mi aspetto un dono ancor migliore», sentenziò. «I Ghiaccionero sono caduti dritti nel mio tranello. Hanno trascinato fin qui quel loro portale, e l'Alpha Leonel ora lo tiene sotto stretta sorveglianza. Quante guardie avrà posto a sua difesa? Dieci? Venti? Invieremo un gruppo di soldati di élite e ci sbarazzeremo di quei cagnoloni, dopodiché usciremo da questo maledetto Regno e troveremo nuovi alleati. Arcan aveva iniziato un cammino, noi lo concluderemo».

I baffi di Bulbar tremarono. «Ma, maestà, non credi sia una scelta troppo cruenta? Potresti semplicemente sposare Jocelyn e stipulare un'alleanza con i due Branchi, che poi ci condurranno sulla Terra. Voglio dire... cosa ne penserebbe la Regina Selestial se fosse qui?» ciangottò impaurito.

I muscoli di Galtur si tesero e lui mostrò il suo viso furioso all'ambasciatore. I suoi occhi ribollivano di furia ed in quel momento il suo corpo parve alto il doppio del normale.

«Selestial è morta, non penserà proprio niente. E ti ho più volte ordinato di non menzionare il suo nome!», urlò. Anche le pareti di pietra parvero rabbrividire al suono della sua voce.

Bulbar si sentì piccolo ed impotente. «Chiedo venia, maestà. Non accadrà un'altra volta».

«Sarà meglio per te. E non discutere i miei piani. Ho già preso una decisione», ribadì il sovrano severamente. Prima che potesse aggiungere altro, qualcuno bussò alla porta. Bulbar sobbalzò una seconda volta, ma il Re gli fece segno di aprirla, mentre si passava le mani sul torace per sistemare le pieghe della giacca.

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