La clessidra [1]

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Dream era ancora impegnata ad incantare i due vestiti che le cameriere avevano consegnato alla loro camera quella sera. Questi erano più lunghi rispetto a quelli dedicati alla prima cena, e l'Alpha non era affatto contenta del suo. Le era stato riservato un abito talmente lungo che, quando lo provò, quasi cadde inciampando. Era di stoffa rossa e bianca, dalla gonna striata verticalmente ed i colori che seguivano le piegature del vestito, alternandosi.

«Ho visitato la città, qualche volta», si lamentò ad un certo punto. «Potrei giurare di aver visto un cartellone pubblicitario di un circo con su l'immagine di un pagliaccio con indosso questo stesso abito».

Jocelyn aveva riso e si era provato il suo, nero ed aderente, non in sintonia con l'aspetto antico della fortezza. Un vestito di quelli sarebbe andato a ruba tra le ragazze della sua città, per quanto era bello. Le maniche erano trasparenti e lunghe fino al polso, mentre sotto la lunga gonna andavano abbinate delle scarpe scure dal tacco molto alto. La giovane pregò di non cadere davanti a tutti nella sala grande. Tornò davanti ai letti e sistemò meglio il fiocco intrecciato posto sulla parte bassa della schiena.

Dream la guardò quasi irritata. «Non capirò mai perché i tuoi vestiti debbano essere sempre più belli dei miei», sbuffò. Joy si fece un'altra risata.

«Una volta mia madre me ne comprò uno simile per un ballo scolastico», le raccontò quindi, camminando con difficoltà fino allo specchio. Si riflesse e si stirò le maniche con le dita lunghe e bianche. «Con quello addosso mi sentivo la regina della festa... poi caddi su un ragazzo mentre danzavamo, e lui diede accidentalmente una gomitata ad un signore che trasportava un vassoio di bibite gassate. Da quel giorno decisi che non avrei mai più partecipato ad un ballo». Le sue guance assunsero un colorito più scuro ed un sorriso comparve sul suo bel viso.

Dream balzò in piedi incespicando nella gonna. Si tenne alla testata del letto per non finire a terra. «Sei fortunata, ragazza. Al Campo Lunapiena non hai mai dovuto partecipare ad alcun ballo».

L'altra le rivolse uno sguardo rapido. «Eravamo troppo impegnati a combattere i draculiani per danzare», la giustificò. Provò ad immaginare la sua Alpha come una normale studentessa universitaria: ad un ballo scolastico avrebbe di certo indossato un abito corto ed aderente, e sarebbe stata la più bella di tutte le alunne. Avrebbe avuto un fidanzato alto e robusto, con il quale avrebbe ballato al centro della pista. Probabilmente sarebbe anche stata incoronata come vincitrice. Il suo corpo snello e sinuoso assomigliava a quello di una splendida ed elegante ballerina francese

Tra una battuta e l'altra si ritrovarono ben presto alla sala della cena. Galtur camminava sui tavoli e sembrava più felice del solito. Quando notò Jocelyn si scusò con i capi dell'esercito, con i quali stava discutendo, e si avviò verso di lei. Dream non aveva alcuna voglia di parlare con lui, per cui diede una pacca amichevole sulla spalla della sua allieva, la salutò e andò via, cercando Leonel al loro solito tavolo.

Il Re prese a braccetto l'Anima di Lupo prima ancora che lei potesse girarsi in sua direzione. Jocelyn sussultò, ma fece appello alla sua calma per non spintonare via il demone.

«Jocelyn, stasera sei più bella del solito. Vedo che ti stai riprendendo dal viaggio», si complimentò lui, praticamente trascinandola verso i loro posti a sedere.

Joy usò la mano libera per sollevare il vestito dal suolo ed evitare di inciampare. «Ti ringrazio», disse forse troppo acidamente. Il Re, però, non vi badò. Entrambi sapevano che le occhiaie e l'improvvisa perdita di peso di Jocelyn non erano assolutamente dovute ad un malore seguito al passaggio nel portale, ma ad uno stato di depressione nella quale era caduta subito dopo aver ricevuto la notizia della partenza e dell'obbligo del matrimonio. Preferì comunque restare in silenzio per evitare di peggiorare la situazione.

«Ad ogni modo», la voce del Re la risvegliò dai suoi pensieri, «ti chiedo scusa per questo pomeriggio. Non ho potuto escluderti da quell'infantile scenata degli Alpha cocciuti», rise buttando indietro la testa. «Sai che non credo ad una singola parola di ciò che hai detto. Non importa quanto io possa conoscerti, so che non hai ferito proprio nessuno questa mattina». Jocelyn venne percossa da un brivido di freddo. Galtur era furbo quanto crudele. «Ma so che lo hai fatto per essere solidale con i tuoi amici, che, concedimi di dire, sono davvero dei bambini per aver fatto scoppiare una lite del genere».

La prima parte della frase rassicurò temporaneamente Joy, mentre l'altra la fece infuriare non di poco. «I miei amici sono maturi, ottimi lycan e soprattutto delle persone gentili e simpatiche», li difese prontamente. «E di certo la mia Alpha non è cocciuta».

La determinazione della voce della giovane fece divertire Galtur, che le lasciò il braccio e la invitò a sedersi, essendo ormai arrivati. Jocelyn non si aspettava di certo che il suo futuro marito spostasse la sedia per permetterle di accomodarsi come facevano i galantuomini in televisione, per cui ritirò bruscamente il braccio e trascino la sedia verso di sé. Le gambe lignee strisciarono sul pavimento provocando un suono stridulo e fastidioso, ma poi Joy si sedette e usò mani e piedi per avvicinarsi al tavolo, cercando comunque di rimanere composta. I segni del nervosismo iniziavano però a manifestarsi: alcuni ciuffi di capelli le erano sfuggiti dall'acconciatura alta che Alois le aveva preparato quel pomeriggio, e le nocche sembravano sempre più pallide, mentre le dita si stringevano intorno al coltello posto sul tovagliolo di pizzo nero.

Galtur non le badò minimamente, prese posto e scoccò le dita in direzione di uno dei camerieri. Il demone in questione si voltò verso altri addetti, che servirono i primi piatti in fretta e furia. Lo stesso cameriere che era stato chiamato dal Re si sbracciò per farsi vedere da una cantante dall'altro lato della sala, una demone dal lungo vestito rosso e attillato e un'acconciatura riccia e dorata.

Lei afferrò una specie di megafono, ma più piccolo, ed in mancanza di un microfono utilizzò quello per cantare e far giungere le note in tutta la sala. Cantava a voce talmente alta che era effettivamente impossibile capire cosa stesse dicendo, ma entrarono in scena delle ballerine coperte da veli semitrasparenti che danzarono a ritmo, freneticamente e scuotendo i fianchi e gli arti. Alle spalle della cantante, tre uomini demoni suonavano strumenti convenzionali: un tamburo, un liuto ed un flauto.

La sinfonia assomigliava ad un canto di guerra, e Joy osservò rapita le danze aspettando che le giungesse il piatto. Quando questo le venne sistemato davanti, non si soffermò neanche a guardare cosa fosse, ma afferrò la forchetta con la mano destra e addentò un boccone. Il sapore le si sciolse in gola e riconobbe la freschezza del pesce cotto sul fuoco, un pasto tipico al Branco Lunapiena, ma che era stato servito su un letto d'insalata di erbe vermiglie del Regno Carminio e circondato da boccioli ripieni di mollica e spezie. Aveva saltato il pranzo a causa del contrattempo avuto con i suoi amici ed il suo stomaco si contorceva per la fame, reclamando sempre più cibo. Joy fu contenta di nutrirsi dopo un'intera giornata, e non rifiutò lo stufato di patate che le venne portato subito dopo.

Quando alzò gli occhi notò che un cameriere le aveva versato un liquido chiaro nel bicchiere, per poi chiudere la bottiglia e riposarla sul tavolo. Dopo che si fu allontanato, lei guardò la bottiglia e lesse il nome della bevanda sull'etichetta incollata al vetro spesso.

"Estratto di rovospettro", lesse mandando giù un altro boccone di stufato. "Dovrò rimanere qui per molto tempo, meglio assaggiare questo famoso estratto e scoprire che forse qualcosa di buono esiste, in questo Regno...", rifletté portandosi il bicchiere alla bocca.

Ne bevve un sorso e le parve di non aver mai assaggiato nulla di più buono in tutta la sua vita. Non si rese neanche conto di quanto forte fosse la bevanda finché la gola non prese a bruciarle e pizzicarle, ma lei aveva già versato altro liquido nel recipiente. Alla terza portata, una zuppa speziata con riso, continuò a dissetarsi con il rovospettro.

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