La corona spezzata [3]

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Passò un minuto, in completo silenzio. Jason fu il primo ad avvicinarsi. «Che diamine è successo?», domandò confuso.

Dervyne si limitò a guardare, fermo al suo posto.

La ragazza era mortificata e pallida come un cadavere. «È tutta colpa mia...», si rese conto.

Vyn fece rimbalzare delle monete nel palmo della sua mano. «Non disperarti, cara Joy. Ci avrà anche lanciato contro un dolcetto, ma almeno ci ha pagati», rilevò cercando di tirarla su di morale. Poggiò i soldi nella cassa e continuò a guardare la scena.

«Non importa», lo ammutolì J. La sua mano si strinse attorno a quella dell'amica. I suoi occhi sinceri si socchiusero e le sopracciglia si alzarono insieme agli zigomi, con l'ombra di un sorriso sul volto ovale del ragazzo. «Era terribilmente insopportabile. Se avesse chiesto il bis, le avrei servito personalmente un bicchiere intero di linfa cruda», scherzò.

Joy non lo guardò neanche. Tirò via la mano dalla sua e afferrò un panno dallo scaffale. Corse subito a pulire il tavolo e poi tornò dietro il bancone. Jason perse tutta la sua allegria. Si sentiva come se Jocelyn non volesse più vederlo. Decise che le avrebbe parlato quel giorno stesso oppure mai.

Quando Less tornò al piano di sotto indossava nuovi abiti e ordinò a Joy di aiutare come cameriera e di non maneggiare più le bevande. Come aveva promesso, la giornata fu piena di clienti anche se, a sua detta, erano molti in meno rispetto a quelli che sperava di ricevere, poiché sapeva che l'influenza di Miss Betz li aveva condotti ad evitare la taverna.

Fu comunque molto impegnativo. Tutti i tavoli erano pieni e la locanda non era esattamente piccola. Vyn si sbracciò per raccogliere più monete che poteva, e Joy rischiò di cadere mentre portava un calice di vino ad un cliente. A salvare lei e la portata fu Jason, che prese al volo l'una e l'altra.

«Ti sei fatta male?», le aveva domandato.

Jocelyn era arrossita per la vergogna e aveva fatto un passo indietro. «No, sto bene». E con questo si era congedata, tornando a servire le ordinazioni.

J si sentiva il cuore a pezzi. Aveva deciso di ignorare il dolore che la terribile situazione nella quale erano finiti i Branchi stava causando a lui e a chi lo circondava e proprio quando ci era riuscito, la sofferenza più grande gli era stata inferta da lei, la sua migliore amica, la persona più importante per lui: Jocelyn. Lo respingeva, evitava di guardarlo, gli stava lontana e gli parlava a fatica. Il motivo di ciò, però, era ancora del tutto ignoto.

La mattinata passò in fretta. La musica della festa per il compleanno della giovane Layna giungeva assillante fin dalla piazza del mercato. Tutti avevano pensato che forse le celebrazioni fossero un po' esagerate per una semplice ragazzina di undici anni, ma nessuno aveva osato aprire bocca per commentare.

Era quasi ora di cena quando l'ultimo cliente se ne andò. L'aria si era fatta più fredda e il terriccio emanava odore di umido. Joy aveva la schiena a pezzi e Jason stava sudando per lo sforzo. Dervyne contò il denaro nell'arco della giornata.

«Wow», enfatizzò, «sono un bel po' di soldi», fece timidamente notare a Less.

Lei si avvicinò a guardarli. «Le nostre monete sono diverse dalle vostre», disse atona. Passò una mano nel mucchietto di danari proprio sotto il suo naso. «In realtà non sono molti. Ma sono sufficienti per pagare le spese della locanda per circa una settimana e per permettermi di mangiare», sorrise. Sollevò una pila da cinque monete. «La giornata non è iniziata bene, ma è progressivamente migliorata. Devo farvi i miei complimenti».

Spostò lo sguardo da J a Vyn e viceversa. Non badò però a Joy, alla sua sinistra, che rimase silente e dispiaciuta per l'accaduto. Prima che potesse dire qualcosa, qualcuno bussò alla porta. Furono tre colpi secchi e frettolosi.

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