La rivalsa [2]

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Jocelyn non scappò. Rimase a osservare Jason lottare per poter avere un po' di ossigeno, mentre i suoi polmoni bruciavano, le sue gambe dondolavano nel vuoto sollevate dal terreno e il suo viso assumeva uno strano colorito livido.

Galtur stringeva saldamente la sua gola e, nel caso non fosse riuscito a soffocarlo, gli sarebbe bastata una leggera pressione del polso per spezzare le vertebre cervicali nel collo del ragazzo e mettere così fine alla sua vita in modo tragico e crudele.

Quella scena da brivido portò alla mente della ragazza infausti ricordi, risalenti alla sua prima sera nel Regno Carminio, prima della rivolta dei lycan, prima della morte di Leonel e del bacio scoccato tra lei e J.

Quella sera, il re aveva sfidato l'ira di ben due Branchi arrivando quasi ad uccidere l'innocente ragazzo. Di certo, questa volta l'aveva catturato prima che Jocelyn potesse rendersene conto, senza l'aiuto del suo ambasciatore, lasciato al di fuori della battaglia, o di qualsiasi altro rinforzo, comandanti del Clan compresi.

«Non vieni a prendere il tuo amichetto?», provocò il monarca, divertendosi a scuotere il braccio facendo ciondolare per aria l'ostaggio. Sul suo viso era tinta una smorfia di follia e divertimento. Tutta la sua ira si stava riversando in quella vendetta e lui stava rendendo ogni dettaglio più drammatico e teatrale, in modo che tutto risultasse perfetto e che le sue gesta potessero essere cantate e narrate nei secoli a venire, in ogni angolo del mondo conosciuto dalle specie nascoste agli occhi degli umani.

«Voglio avvisarti», esordì dopo aver emesso una nervosa risatina, «che per ogni passo che farai in questa direzione io stringerò la presa sulla sua pallida gola. La sua vita dipende solo da te...»

Galtur, ovviamente, stava mentendo. Non avrebbe comunque accettato una resa da parte di Jocelyn, ormai l'Anima di Lupo non poteva più servirlo. Indipendentemente da come sarebbero andate le cose, avrebbe ucciso Jason di fronte allo sguardo attonito della ragazza, per poi riservare a lei la stessa fine. In seguito, avrebbe conquistato il campo Lunapiena, distrutto le loro armate e ucciso medici e feriti, cancellando qualsiasi traccia dell'esistenza dei due branchi lycan.

Jocelyn stava appunto per avanzare ma decise di non rischiare comunque. Si fermò, con le gambe a debita distanza l'una dall'altra, i gomiti piegati verso l'alto e le mani strette a pugno, mentre l'istinto del lupo combatteva per prendere il sopravvento sul suo corpo.

«Lascialo andare, altrimenti...», cominciò una frase che non poteva terminare.

«Altrimenti cosa?», ghignò il sovrano, senza ridurre la pressione della stretta. «Ho trafitto Leonel con la mia lancia e Dream è lontana, non può sentirti. Gli Alpha sono gli unici in grado di competere con me, ma adesso non possono più difenderti».

Joy fu costretta a realizzare la verità. Le intimidazioni non avrebbero funzionato contro di lui.

«Hai già il portale, cos'altro vuoi da noi? Dimmelo e ti accontenterò. Sei qui per me? Ottimo. Ti seguirò, come avevo promesso di fare, diverrò anche tua moglie se davvero lo desideri. Puoi uccidere me se questo ti aggrada ma, per l'amor del Cielo... non fare del male al mio popolo, alla mia famiglia... a Jason!»

Lacrime salate cominciarono a scorrere lungo le sue guance, tuffandosi tra le sue labbra e offuscandole la vista. Avrebbe sopportato qualsiasi dolore, qualsiasi tortura e qualunque tormento, ma non quello di aver perso il suo più caro amico. Si sentì debole ed impotente. Non poteva sconfiggere Galtur da lontano o a mani nude e, se il nemico l'avesse vista tramutarsi in forma ferale, avrebbe colto il momento giusto per uccidere J prima che lei potesse anche solo intervenire.

Tutto ciò non fece che compiacere il demone, il quale si ricoprì di gloria e potere. Stava per vincere contro i suoi nemici e una volta terminata la guerra sarebbe stato libero di vagare nel mondo comune e non in una dimensione ridotta, una gabbia coperta da una cupola rossa o nera e senza via di fuga.

«Non voglio più nulla da te, mia cara, piccola Jocelyn. Non lo capisci? Fin dal giorno in cui i miei inviati cominciarono a spiarti io sapevo che ti avrei usata come un mezzo per raggiungere il mio scopo finale. Tu non hai idea di cosa significhi essere il re di una prigione e vivere anno dopo anno all'ombra di un cielo rosso creato da una razza che ha osato definirsi superiore ai tuoi avi. Tu abiti qui, in un mondo vasto, ricco di opportunità e luoghi da esplorare, la tua gente è libera, lo sei anche tu, ma ti lamenti perché non sei grado di vivere vicina alla tua famiglia», quasi volle sgridarla, «Sono qui solo per prendermi la vendetta che mi spetta. Dopo aver finito con te e il tuo misero Branco, viaggerò per il mondo e darò il via ad una vera e propria rivoluzione. Il mondo sarà scosso da una nuova Guerra delle Specie, farò strage di umani, vampiri e licantropi ogni volta che uno di loro oserà intralciare il mio cammino. Ripensandoci bene, inizierò con il dirigermi nella città ai piedi di questa montagna, così potrò far visita alla tua amata famiglia. Osserva bene cosa sto per fare al tuo amico qui presente, perché la stessa sorte toccherà alla tua piccola e innocua sorellina...»

Joy pensò di colpo alla scena. La gola di Britney stretta nella mano del demone, i corpi dei suoi genitori che giacevano sul pavimento del salone di casa sua. Questo avrebbe riservato il futuro, se Galtur avesse vinto. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.

L'istinto ebbe la meglio sul buonsenso di Jocelyn. I suoi occhi fiammeggiarono di ira nera e il suo corpo si inarcò fino a toccare il suolo con i palmi delle mani mentre la ragazza lanciava un urlo raccapricciante colmo di rabbia e dolore.

Galtur non riuscì a muovere un muscolo e constatò quanto forte si stesse rivelando la giovane solo quando vide il terreno attorno a lei sgretolarsi e gli alberi tutt'attorno inclinarsi per l'impatto del suo urlo.

In meno di un secondo, Joy fu in forma ferale e si scagliò contro Galtur, persino incurante di Jason.

«Ma... cosa...», provò a dire il monarca, ma venne di colpo travolto e scagliato al suolo.

Le zanne affilate della lycan si conficcarono nelle sue braccia e i suoi artigli gli graffiarono il petto e le spalle.

Galtur provò a morderla più volte nel tentativo di avvelenarla ma Joy parve essere, come di fatti era, immune alla sua arma.

Jason cadde al suolo qualche metro più a sinistra nel momento dell'impatto. Fu sul punto di perdere i sensi e a stento riuscì a prendere fiato, preparandosi a colpire il terreno e svenire, ma ad accoglierlo trovò delle braccia forti e la caduta non gli fece troppo male.

«Jason, mi senti? Riesci a sentire la mia voce? Concentrati su quella!», lo chiamò qualcuno.

J aprì gli occhi in una minuscola fessura e osservò il volto della persona che lo aveva preso al volo. Non badò a rispondere, così si occupò delle domande più urgenti.

«Silas?», chiese, «Silas? Sil?», continuò a ripetere come in una cantilena.

«Lui sta bene. Lo hanno portato alla sala di ritrovo e Blake è riuscito a somministrargli l'antidoto appena in tempo. Ora sta riposando e Alois tornerà a breve a combattere», fece il resoconto l'altra voce. «Adesso però dobbiamo occuparci di te. Dovrò trasportarti lì urgentemente. Hai finito di lottare, per oggi».

Le braccia cominciarono a sollevarlo dal suolo, ma Jason si aggrappò con tutte le sue forze al colletto della divisa della persona che lo aveva soccorso.

«No!», lo strattonò, fino a farsi ricadere a terra. Il secondo impatto non fu doloroso come il primo ma lo stordì ancor di più. «Aiuta Joy», pronunciò prima ancora di lamentarsi per la sofferenza. I suoi occhi si chiusero e il suo respiro si fece regolare. «Aiutala... o ti uccido», lo minacciò. Subito dopo lasciò ricadere la testa all'indietro e perse i sensi.

Ad accogliere le sue parole vi fu un sorriso.

«Non preoccuparti... lo farò».

L'individuo sollevò gli occhi celesti verso il demone e la lycan che combattevano. Lo scontro tra il re e l'Anima di Lupo aveva avuto inizio.

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