La clessidra [2]

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Galtur la guardò interessato, quasi soddisfatto nel vederla bere così tanto, e pensò furbamente di iniziare a fare qualche domanda. «Ti dispiace se continuiamo la discussione che prima abbiamo lasciato a metà?», domandò. Alzò una mano e fece in modo che un cameriere gli portasse un cesto di pane.

Jocelyn poggiò il bicchiere sul tavolo e si pulì le labbra con il tovagliolo. «Stiamo mangiando», gli fece presente, abbastanza infastidita dalla sua richiesta.

«Lo so», fece il re. «Ma so anche che quando avrai finito di mangiare ti ritirerai nella tua stanza e non avremo più modo di parlarne».

Jocelyn pensò che, tuttavia, Galtur avesse un minimo di ragione. Non vedeva l'ora di andare a riposarsi e di certo non si sarebbe trattenuta per scambiare qualche chiacchiera con lui. «C'è qualcosa che devo sapere, dunque?», lo incoraggiò a parlare.

Il re masticò spudorato il pane che gli era stato servito. I suoi canini si conficcarono nella mollica e persino la parte esterna della fetta, quella più dura e croccante, si spezzò sotto la forza delle sue mascelle. Senza neanche aver inghiottito il boccone, riprese a parlare. «In effetti qualcosa c'è», confermò.

Jocelyn si spostò appena in tempo da evitare che un grumolo di pane, sputato per sbaglio del demone, le finisse sul vestito. Si appoggiò allo schienale della sedia e si coprì il volto con il fazzoletto di pizzo, cercando di coprire la sua espressione disgustata. «Parla dunque». Fece un gesto con la mano e si versò dell'altro estratto di rovospettro, che tracannò tranquillamente. Iniziò a sentirsi confusa e stordita e le tempie le pulsavano. Le sembrò che ad ogni sorso la bevanda diventasse sempre più forte, ma il sapore era talmente buono da impedirle di smettere di bere.

Galtur finalmente deglutì. «Ho saputo che alcuni lycan si sono tramutati in pubblico nelle strade del Regno Carminio. Molte persone sono corse a palazzo a lamentarsi, spaventati di fronte a delle bestie così... selvagge ai loro occhi», spiegò in poco tempo.

Jocelyn tese l'udito. La musica in sala non le impedì di capire alla perfezione ciò che le era stato detto. Seppur un po' scossa a causa dell'alcolico di cui aveva usufruito, scoppiò a ridere attirando su di sé l'attenzione di molti ospiti. «Selvagge... questa non l'avevo mai sentita», riuscì a dire dopo qualche secondo, picchiettando una mano sul tavolo.

Il re sollevò le spalle. «Non puoi negare che, agli occhi di un popolo che non è mai uscito al di fuori della dimensione nella quale è confinato, la vista di un licantropo sia alquanto preoccupante», ricorse alla difesa. «E per questo motivo devo chiederti di dire ai due capi dei Branchi, l'uomo-orso e la giovane guerriera bionda...», parlò di Leonel e Dream, «... di evitare qualsiasi trasformazione in forma da cane finché resterete qui», confessò alla fine.

E di nuovo Joy esplose a ridere. «Lupo», corresse.

«Lupo?», mormorò Galtur confuso.

«In forma ferale assumiamo le sembianze di un lupo, non di un cane», spiegò Jocelyn, anche se in un momento in cui fosse stata un tantino più sobria non le sarebbe importato proprio nulla di accrescere il sapere del re riguardante i licantropi.

«Quello che è». La mano del monarca si mosse manifestando disinteresse. «Fatto sta che non vi è più ammesso tramutarvi».

In risposta ricevette uno sguardo ostile. «Non è possibile, mi dispiace», brontolò lei.

Le venne servito un altro piatto, decisamente più dolce dei precedenti. Non lo guardò neanche e si ingozzò avidamente, in preda alla fame. Si sentii ancora più confusa di prima, poiché di sicuro la pietanza conteneva del liquore. Le dita le tremavano impercettibilmente ed il freddo parve insistere contro la sua pelle. La sala le parve più buia del momento in cui era arrivata, la fiamma di ogni torcia più flebile ed il canto risuonante più lontano.

Il re non mangiò il dolce. Schioccò le dita ed il cameriere che glielo aveva consegnato lo portò via senza rispondere. «Mi piacerebbe sapere per quale motivo dici così». La sua voce era curiosa e stranamente ingenua.

Joy, per un momento, s'illuse addirittura di star discutendo con Dervyne, o con un insolito Jason. Quando si riprese, ebbe il riflesso di tirarsi un pizzicotto, ma invece stropicciò gli occhi e si accorse di avere ancora tra le mani il bicchiere di rovospettro. Si maledisse per aver ceduto al suo sapore divino, volendolo gettare lontano e rompere contro le corna del demone al suo fianco. Si limitò però ad allontanarlo, promettendosi di non assaggiarne neppure un sorso di più. La domanda le arrivò comunque distante ed innocua.

«Noi licantropi non possiamo restare in forma umana o ferale troppo a lungo. Rischiamo di perdere il controllo», confessò. Ancora una volta non badò a misurare le parole, rivelando qualcosa di importante ad un misterioso nemico. «Inoltre, la forma ferale amplifica i nostri sensi, non possiamo farne a meno per motivi di sicurezza».

«Mi rifiuto di credere che questi sensi amplificati di cui parli siano davvero la vostra unica risorsa. Non può trattarsi di qualcosa di tanto importante da salvarvi la vita in caso di pericolo».

«Beh, non ho detto che sia la nostra unica risorsa. Anzi, in momenti di rischio rischiamo di distrarci e dobbiamo fare affidamento su altre abilità».

Galtur aveva approfittato del momento, cogliendo la ragazza in un attimo di confusione, ed agendo astutamente e secondo fini ignoti. «Interessante», bisbigliò, ma la musica coprì la sua esclamazione. Solo a quel punto sorseggiò un bicchiere di vino, beandosi della piccola vittoria e preparandosi a fare un discorso che di certo non sarebbe piaciuto alla sua futura moglie. Immaginò un modo teatrale di esporsi al pubblico, per poter scampare subito dopo e non doversi sorbire le critiche dell'Anima di Lupo e di quegli Alpha che tanto odiava.

Automaticamente gli tornò in testa una certa persona che si sarebbe rivelata molto utile per l'atto in corso. La cercò con lo sguardo, tra i tavoli, nascosta dietro le pareti, negli angoli più oscuri della zona. E fu in mezzo ad un gruppo di demoni ubriachi che la trovò, già con il vino versato ed il braccio alzato e pronto al brindisi.

Galtur guardò Hope non più con riluttanza, ma con velata ammirazione. Sollevò a sua volta il gomito, ed il recipiente a mezz'aria contenne il liquido violaceo che quasi schizzò via.

Un vampiro ed un licantropo, l'alleanza più strana e sbagliata che entrambi potessero scegliere di fare, era anche quella che li stava conducendo alla gloria e alla sconfitta dei loro nemici. Nemici dai quali erano stati derisi, abbattuti, umiliati e calpestati. Ma loro avrebbero fatto girare la ruota a loro vantaggio, prendendo il loro posto e concludendo la partita con successo.

Fu con questo pensiero che brindarono, sorridendo ed aspettando una nuova vita che finalmente li avrebbe soddisfatti.

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