La regina [1]

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Dervyne aveva ricevuto diverse ferite in passato, di ogni tipo. Aveva sofferto per la morte di suo padre, durante la guerra contro i mannari, per il rifiuto di Jocelyn... e il dolore che provò in quel momento fu così accecante da sembrare un concentrato di ogni tormento trascorso.

Quando spostò gli occhi verso il suo braccio ebbe l'impressione di essere stato congelato. Un brivido lo percorse da capo a piedi, seguito da una paura sconfinata. La frattura era visibile a occhio nudo per quanto, fortunatamente, l'osso non avesse perforato la pelle. Quando il suo sguardo guizzò di nuovo verso Galtur, invece, provò solo impotenza.

Ancora prima che qualcuno dei suoi amici potesse muovere un muscolo in suo aiuto, il re lo colpì con un calcio dritto allo sterno. Ogni particella d'ossigeno restante nei polmoni dello sventurato guerriero Ghiaccionero abbandonò il suo corpo in un grido muto, una sorta di disperata ricerca di fiato che rassomigliò ad un cupo e triste rantolo.

Il ragazzo rotolò malamente su un fianco, finendo per schiacciarsi il braccio ferito, e poi cadde con la schiena attaccata al suolo e gli occhi opachi rivolti verso il cielo. Il suo viso era pallido e sporco, un rivolo di sangue sprizzò da un lato delle labbra con un debole colpo di tosse.

Jocelyn era voltata di spalle, ancora perduta nell'abbraccio di Jason, ma non appena percepì la presenza del re dei demoni si girò ad osservare la scena, troppo veloce per essere impedita. Priva di parole, si limitò solo a sussurrare un "No!" e strinse i pugni.

Mosse un passo verso l'amico colpito nel preciso istante in cui Selestial sfoderò la spada e Dream piegò la schiena per tramutarsi. Persino Jason, che aveva parecchie carenze di simpatia nei confronti di Vyn, chiuse le mani a pugno e lasciò che si trasformassero in solidi macigni di ghiaccio, pronti a infrangersi contro la pelle del nemico.

Ogni loro intenzione, però, venne vanificata da un semplice movimento del polso del grande demone rosso, il quale afferrò l'impugnatura dello spadone che aveva appeso alla cintura e fece vorticare pericolosamente la lama in direzione del ragazzo, troppo debole persino per poter battere ciglio e dimostrare la sua paura.

«Un altro passo», sentenziò con preoccupante determinazione, «Un solo altro passo e farò in modo che nessuna magia o composto alchemico possa più rimediare ai danni subiti da questo lupetto. Sapete benissimo che tendo a rispettare le mie promesse».

Ogni parte del corpo di Jocelyn s'irrigidì. Di fronte ad una tale scena avrebbe di certo perso il controllo, com'era accaduto quando Galtur aveva preso Jason come ostaggio, se non fosse stato per la sua forza prosciugata nei combattimenti precedenti e nello sfogo della rabbia istintiva. In quello stato, non avrebbe di certo potuto sconfiggere il re. Forse lo avrebbe ferito o costretto alla difesa ma, nel giro di qualche minuto, la sorte sarebbe girata a suo svantaggio e la sua audacia le sarebbe costata la vita.

"Non posso permetterlo", si disse, torturandosi con mille pensieri. "Dervyne è qui solo a causa mia. Se gli accadesse qualcosa..."

In quel momento, persino la sua mente tacque, rifiutandosi di immaginare le conseguenze di un tale avvenimento.

Dream raddrizzò la schiena, bloccandosi di colpo come le era stato intimato, mettendo da parte il suo stesso orgoglio pur di salvare la vita del ragazzo, nonostante non appartenesse al suo Branco.

«Dì quello che vuoi, Galtur, e facciamola finita. So perfettamente che non è semplice vendetta quello che cerchi», alzò la voce con tono severo e rabbioso.

«Ti sbagli». Il demone puntò l'indice in sua direzione, per poi spostarlo lentamente fino ad indicare Selestial. «Sono qui per vendicarmi di voi licantropi, per lo scompiglio causato nel Regno Carminio e per aver impedito il mio piano di grandezza. Inoltre, voglio ripagare il favore che i vostri antenati fecero ai miei, rinchiudendoli in una prigione rossa per secoli, spedendovi tutti all'altro mondo. Ma, più di ogni altra cosa, voglio perseguire il mio scopo e mettere una fine a ciò che ho iniziato tempo fa», rivelò iracondo.

Less si strinse nelle spalle. Non per la paura, ma per il disgusto provato nel guardare la follia nella quale era precipitato colui che un tempo le aveva giurato fedeltà e amore.

Joy osservò la regina, angosciata.

«Less, non fare pazzie!», la pregò.

«Taci», rispose subito lei, senza neppure osservarla.

Jocelyn non osò controbattere, sperando che la donna avesse un'idea e stesse semplicemente bluffando.

Galtur si lasciò sfuggire una risatina.

«Sei sempre la solita, cara moglie. Metti il bene degli altri prima del tuo, per questo tutti ti amano. Eppure, questa tua virtù ti ha portata ad una vita di menzogne, costringendoti a nasconderti e farti conoscere come una locandiera qualsiasi», la schernì, quasi ammettendo che la taverna fosse luogo adatto ad un tipo come lei.

La rabbia della regina in esilio fu percepibile tutt'intorno a lei. Trasudò dai suoi muscoli contratti e dalle zanne da vampiro che sporsero dalle sue labbra, lucide e assetate.

«Non osare chiamarmi moglie», lo mise in guardia. «L'unico ad avermi costretto a vivere come una sguattera sei stato tu, non dimenticarlo».

Galtur sollevò le spalle.

«Non mi avresti mai sostenuto, se ti avessi rivelato il mio piano. Ho dovuto metterti da parte, sperando di non riaverti più fra i piedi. L'amore è per i deboli ed io non voglio esserlo», sibilò. Le sue parole suonarono acide come il veleno e fredde come il ghiaccio, troppo crude e rudi per poter ottenere una risposta rapida.

Neppure Dream volle interrompere la conversazione, preferendo accertarsi che Dervyne, qualche metro più lontano da lei e in balia della spada del nemico, respirasse ancora.

Le dita di Less scricchiolarono quando si strinsero attorno all'elsa della spada lunga e sottile. Il suo sguardo si perse nel riflesso dell'acciaio, specchiandosi in esso e notando quale espressione incredula e ferita avesse assunto il suo viso. Ciò che notò fu solo altra sofferenza, accertata dalla lucidità dei suoi occhi e dal tremolio delle labbra scure. Quando sollevò di nuovo la testa, fece ruotare l'arma nella sua mano e la spinse nuovamente verso il basso, falciando alcuni ciuffi d'erba alta e facendo volare via le foglie cadute più vicine.

«Nelle profondità del mio cuore martoriato albergava ancora una tenue speranza. Ero sicura che dietro le tue azioni fosse nascosta una causa più grande, una giustificazione. Ho persino creduto di meritare il destino che avevi scelto per me. Solo perché, nella mia confusione e nel mio dolore, credevo che in te esistesse davvero qualcosa di buono», sussurrò appena.

Neppure un secondo dopo, la spada si mosse di nuovo, stavolta in direzione del re.

«Mi sbagliavo», sillabò atona la demone. Quella sua frase, oltre ad essere un'accettazione della realtà attuale, corrispondeva all'unica vera dichiarazione di guerra.

Galtur parò il fendente sollevando lo spadone appena in tempo ed indietreggiando, abbastanza per permettere ai lycan presenti di correre in soccorso di Vyn, che per fortuna uscì illeso dal movimento dell'arma del demone.

In quel modo, tra lo stupore del re e la rabbia della regina, cominciava la vera battaglia, una terribile e spaventosa danza ballata sulle note prodotte dal battito del cuore spezzato di Selestial.

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