La regina [5]

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L'amuleto arancione del portale continuava a brillare quasi ad intermittenza, come se egli stesso sussultasse ogni volta che dal campo di battaglia si levava un ululato dolorante.

Joy lo osservava con sguardo vacuo, persa nei suoi pensieri e nelle sue preoccupazioni.

Se Galtur fosse riuscito a vincere la battaglia, il bagliore magico dell'anello di pietra lo avrebbe attirato alla reggia dell'Alpha in un batter d'occhio. A quel punto, cosa avrebbe fatto lei? Non si sentiva sicura, affatto. Probabilmente non sarebbe riuscita a sfuggire grazie al portale, abbandonando i Branchi a loro stessi. Non era da lei. Avrebbe combattuto, perdendo il privilegio più prezioso mai donatole: la vita. Al solo pensiero, non poteva che sospirare e incrociare le dita.

«A cosa pensi?», le domandò Jason, dall'altro lato della stanza.

Jason. Ecco un altro dettaglio di cui preoccuparsi. Jason e il suo matto orgoglio da maghetto coraggioso. Il ragazzo aveva corso con lei fino alla reggia, giungendo fino alla stanza più alta del grande edificio per poi sprangare la porta, dalla quale non si era ancora mosso. Se ne stava lì, fermo di fronte all'uscio, in attesa di un semplice movimento. Poi avrebbe congelato la porta, o trovato un qualsiasi metodo per bloccare chiunque volesse entrare nella stanza senza permesso. E, infine, si sarebbe sacrificato per Joy. Era questo che la preoccupava oltre ogni immaginazione.

J era il suo punto debole, l'unico appiglio su cui contare davvero. Mai e poi mai Jocelyn l'avrebbe lasciato indietro, per mettere in salvo se stessa e il portale.

«A tante, troppe cose», gli rispose semplicemente, lasciando che le sue guance affondassero nei palmi aperti di entrambe le mani. Seduta sullo schienale posteriore di un divano imbottito di piume, dondolò le gambe avanti e indietro varie volte, sfiorando il terreno e osservandosi gli stivaletti allacciati appartenenti alla divisa dei Lunapiena.

Jason, che invece si era appostato scomodamente su una sedia proprio di fronte all'entrata, mugolò la sua concordanza.

«Capisco», mormorò poi. Trascorso qualche attimo, snervato dalla luce ipnotica dell'amuleto, si voltò in sua direzione. «Posso farti una domanda che di certo odierai?», domandò curiosamente.

Jocelyn fu stupita da quella richiesta, per cui decise di indagare.

«Sentiamo», lo spronò. Non si sarebbe aspettata una domanda del genere, probabilmente perché, tra le ostilità riservategli nei due anni di appartenenza al Branco, J aveva perso gran parte della sua gentilezza e della sua ben educazione. Eppure, quella volta, si era comportato come il vecchio Jason, arrivando persino a chiedere il permesso prima di formulare la domanda.

«Credi... che oggi moriremo?», chiese lui. Una domanda che Joy avrebbe odiato, a parer suo, ed aveva perfettamente ragione a pensarla così.

La ragazza percepì un brivido che la costrinse a stringersi nelle spalle. Non sapeva bene cosa rispondere. Pensò di stare semplicemente in silenzio e di far trascorrere del tempo, ma non le andava di ignorare l'amico. Sapeva perfettamente dell'esistenza di un valido motivo, dietro quella sua domanda.

«Non lo so, magari sì», rispose dunque, senza preoccuparsi di riflettere un po' più a lungo per generare una frase più speranzosa o incoraggiante. «Perché?», chiese poi, a sua volta.

Jason sembrò sentirsi a disagio. Si voltò nuovamente verso la porta. Nel silenzio che calò poco dopo, fu possibile notare la sincronia dei respiri ansiosi dei due ragazzi. J impiegò molto più tempo di Joy per trovare una risposta adatta, probabilmente anche qualche minuto, ma Joy rimase comunque in ascolto.

«Perché, se oggi devo morire, voglio togliermi un peso dalle spalle», rivelò, con voce tenue e insicura. Temeva di sbagliare, di essere fastidioso o ripetitivo, ma non lo era, non per lei. «Quindi, in questo caso, ho deciso che ti avrei detto tutta la verità. Riguardo alla promessa che ho fatto a Dream, la promessa che ti avrei sempre protetta da tutto e da tutti, a costo di perdere la mia stessa vita. E anche di ammettere ciò che forse ho tenuto nascosto per un po'».

Il respiro del ragazzo, a quel punto, superò di intensità quello di Joy, terminando quasi in uno sbuffo concentrato. Jason sudava freddo.

«È vero che detesto Dervyne, è vero che a causa sua provo un senso di gelosia inspiegabile ed è vero che ciò mi fa sentire... sbagliato. È vero che per te farei ogni cosa, uccidere o morire, soffrire o torturare. È vero che ti amo, Jocelyn Sunrise», riferì dunque.

Joy si morse le labbra. Fu grata di non dover guardare Jason negli occhi, in quel momento, perché non avrebbe saputo come reagire. Lo avrebbe abbracciato, colpito, baciato? Non ne aveva idea, perciò dondolò le gambe e tese le orecchie, senza interromperlo. E lui continuò.

«Forse tu non te ne accorgi, ma sei la cosa più importante che ho. Sei il sole che risplende nelle giornate più cupe, il battito irregolare del mio cuore, l'aria che respiro, la luna che genera le onde del mare e che brilla di notte. Hai scatenato in me una tempesta», si espresse per metafore, come un bambino inesperto.

Fu semplice capire che J non sarebbe stato capace di spiegarsi in una maniera simile anche ad altre persone. Si stava seriamente impegnando e aveva paura.

«Non importa che il mio sentimento venga ricambiato o meno, ciò che conta è che tu lo sappia. Meriti di sapere che qualcuno, anche se si tratta di una persona sgarbata e folle come me, tiene a te più che ad ogni altra cosa», terminò.

Era il suo desiderio: confessare ogni suo sentimento a Jocelyn, in caso quella fosse stata la sua ultima occasione, e ciò venne davvero apprezzato.

Dopo aver conosciuto la storia di Less e Galtur, Jocelyn aveva cominciato a temere che l'amore non esistesse. Jason le aveva fatto cambiare idea un'altra volta. Eppure lei non era ancora pronta a rispondere. Si trovavano nel mezzo di una battaglia, sospesi su un filo dondolante tra vittoria e baratro, ignari del loro destino. Troppe preoccupazioni per una persona sola.

Joy decise che sarebbe sopravvissuta per poter ribattere alla confessione un altro giorno, comunque in presenza di Jason. Per quella volta, si limitò a scegliere un banalissimo "Grazie".

Provò a sussurrare quell'unica parola, almeno per non far credere a J che non lo avesse ascoltato, voltata di spalle e distratta. Se lo meritava, ma qualcosa glielo impedì.

Un sinistro rumore cigolante, le grosse ante del portone ligneo principale, che si aprivano con uno scatto furioso.

«Sono qui», fu la risposta che, invece, si formò.

Jason non vi badò. Stava molto meglio, dopo aver svelato la verità a Jocelyn, pronto alla battaglia con carica tale che Joy temette di vederlo combattere in forma ferale, anziché da uomo.

«Restiamo in guardia», avvisò con coraggio.

Jocelyn saltò giù dal divano e inarcò la schiena, pronta a tramutarsi anche se in uno spazio tanto ristretto. Per l'adrenalina e il batticuore del momento arrivò persino a scoprire leggermente i denti in un ghigno disumano, durante il principio di trasformazione.

Pesanti passi zoppicanti risuonarono nelle scale di legno della reggia e si avvicinarono alla loro stanza. Come temuto, il portale aveva attirato l'attenzione di qualcuno.

Entrambi i ragazzi si prepararono ad accogliere Galtur con una raffica di morsi ed incantesimi furenti ma, quando la porta si spalancò e le braccia di Jason si incendiarono per colpire l'intruso, Selestial gridò:

«Fermi!»

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