La rivolta [2]

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Jocelyn riuscì a girare la testa e a guardare in direzione del gruppo, non senza sentire un terribile male al collo, che però tentò di reprimere o quantomeno ignorare.

A pochi metri di distanza avanzò una figura incappucciata. Un lungo mantello bordeaux ricadeva sulle sue spalle e corna da toro facevano capolino dalla testa, per metà coperte dalla stoffa. Al termine delle vaste maniche a imbuto, che insieme alla tunica facevano intendere che il demone nascosto sotto quegli abiti fosse un mago esperto, spuntavano grandi mani porpora, pesanti e rugose, segnate dall'età. Le unghia erano più lunghe persino di quelle di Alois, a stiletto, raccapriccianti e simili ad artigli di aquila. La coda, che tendeva ad una sfumatura color corallo, era visibile solo nella punta a freccia e si trascinava dietro il resto del corpo come se non vi appartenesse.

«Ne sei assolutamente sicuro, soldato Cariden?», domandò l'individuo misterioso.

Non v'era dubbio che fosse maschio, a giudicare dalle sue grandi corna e la stazza complessiva del busto, ma la sua voce lo tradiva rivelandosi stridula e ragliante, incrinata come se appartenesse ad una donna anziana. Incrociò le braccia, facendo sparire le mani nelle maniche opposte.

«Mi pare che qui non ci sia anima viva», contestò.

«Anche io ho sentito delle voci, comandante», giurò qualcun altro.

«Non mi importa assolutamente nulla di quello che credete di aver udito, razza di idioti!», li insultò il druido, sputando fuori tutta la sua rabbia, «Che sia vero oppure no, venire fin qui è stato uno spreco di tempo. Se qualcuno fino a qualche minuto fa era in strada adesso siamo sicuri che non lo è più», pretese blaterando. Nella fretta di aver ragione balbettò vocaboli semplici e scelse con poca cura i verbi. Dava esattamente l'impressione di essere in ritardo per qualcosa.

«Soldato Cariden, soldato Klut», apostrofò poi, «torniamo in marcia. Non posso permettermi di lasciare guardie in zona. Devo raggiungere il portale con tutte le forze che il Re mi ha messo a disposizione».

Finito di dire ciò voltò le spalle ai guerrieri e la poca luce di qualche torcia accesa gli illuminò il volto. Jocelyn sussultò in silenzio, riconoscendo in esso quello di Tredos, uno dei comandanti del Clan delle Ossa Rotte.

Tredos era un famoso mago, ma ancor più rinomato per la sua crudeltà. Certi cittadini bisbigliavano pettegolezzi nel regno, per cui era giunta voce ai Lunapiena che nelle sue pozioni alchemiche usasse sangue di demone e che addirittura, dopo averli catturati, torturasse reclute inadatte al Clan per ricavarne altri ingredienti come pelle e denti, ma anche per puro e semplice divertimento. Inutile dirlo, ma la maggior parte della popolazione lo temeva ed il resto lo odiava.

Le guardie lo seguirono a passo di marcia, pestando le suole contro il pietrisco a ritmi regolari.

Jocelyn dovette trattenere il respiro per fare in modo che il suo ventre, seppur magro e stretto, si appiattisse e lei riuscisse a trascinarsi fuori strisciando il meno possibile contro la maglietta dell'amico. Appena raggiunse nuovamente la strada riuscì a prendere una soddisfacente boccata d'aria ma i suoi polmoni si bloccarono un'altra volta quando rimuginò sulle parole di Tredos.

«Il portale!», fiatò mentre Jason la affiancava. Sembrava preoccupato tanto quanto lei. «Esattamente dove volevo recarmi io. Ma i lycan non fanno avvicinare nessun demone alla struttura, né tanto meno un piccolo esercito del Clan. Perché si stavano dirigendo là?», domandò osservando il cielo vuoto e completamente nero. «Qualcosa non va... dobbiamo andare lì anche noi. Se sta accadendo qualcosa Dream deve essere avvisata!».

«Ovvio che sta accadendo qualcosa», rispose a tono basso lui. «Sempre che non ne sia già al corrente... credo che lei e Leonel siano più in pericolo rispetto al portale, per il momento. L'Alpha avrà notato di sicuro quel gruppo tanto chiassoso». Di colpo assottigliò lo sguardo. «Quel maledetto è Tredos, se non sbaglio. Gli ho servito qualche piatto quando ero ancora obbligato a fare da cameriere. Non ha fatto che lamentarsi di me per tutto il tempo e quando Galtur mi ha preso dal collo l'ho quasi visto sorridere con la coda dell'occhio. Avrei dovuto avvelenare la sua carne...»

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