Il ritorno [5]

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Jocelyn atterrò sulla dura terra colpendola con entrambi i palmi delle mani. La testa le girava mostruosamente e non riuscì a trattenere un violento conato di vomito. Attorno a lei sembrava non esserci nessuno,solo alberi dalle chiome verdi, rovi ed infine il portale, che in un'esplosione di luce comparve nella radura. La ragazza alzò lo sguardo su di esso, percependo quasi un'aura di stanchezza attorno al cerchio di pietra.

Il cielo sopra di lei era plumbeo, le nuvole erano accatastate l'una sull'altra come se lo spazio disponibile nella volta celeste non fosse sufficiente per ospitarle tutte, mentre in lontananza il rombo dei tuoni riecheggiava a seguito della comparsa di invisibili saette. Gli uccelli volavano bassi, spostandosi dalle fronde di un albero all'altro, riparandosi nei nidi incastrati con tanta fatica trai rami bruni. I passeri cinguettavano spaventati, chiamando a raccolta la parte restante delle loro famiglie per invitarli a proteggersi, e quelli planavano trasversalmente dal cielo per rispondere al richiamo, impauriti dal vento che soffiava con forza.

Il tempo, tutto sommato, non era affatto sereno e allegro, ma mai Jocelyn fu più felice di premere le dita tra i fili d'erba verdi e di osservare la luce del sole, annebbiata dalle nuvole che gli impedivano di accecarla.

Qualcosa era andato sicuramente storto con il portale, in quanto non v'era assolutamente nessun lycan attorno a lei e la destinazione non era stata quella pensata, ovvero la reggia dell'Alpha, ma quella radura non le era affatto nuova.

Probabilmente si trattava dello stesso luogo nel quale aveva affrontato per la prima volta due forti draculiani spediti in esplorazione, il giorno in cui Dream, per difenderla, era stata morsa e aveva rischiato di perdere la vita. Tuttavia poco le importava dei tristi ricordi legati al quel posto, infatti sapeva benissimo come orientarsi per tornare al Branco. Ancor meglio, avrebbe atteso qualche minuto, per riprendersi dalla nausea che l'aveva colta in seguito al salto nello spazio, e poi avrebbe usato di nuovo il portale, questa volta con le idee chiare e molta calma, in modo da fare ancora più in fretta.

Drizzò la schiena, mettendosi sulle ginocchia e muovendo la testa per regolare la pressione e la circolazione del sangue e, per ultimo, decise di tornare in piedi.

Purtroppo non ci riuscì. Qualcosa la colpì dritto in mezzo alle scapole, facendola finire con il viso contro il terriccio. L'orrido sapore dell'humus le invase la bocca e lei si ritrovò a sputare zollette di terra. Non capì cosa l'avesse attaccata ma non ebbe il tempo di controllare per porre fine ai suoi dubbi.

Un secondo colpo le piombò dritto sul collo, il quale si inarcò per il dolore, poi sentì una stretta micidiale attorno alla gola e degli artigli che scavavano nella pelle.

Fu vedendo mani e braccia che riconobbe il suo aggressore: a giudicare dalla pelle squamosa color grigio asparago dalle sembianze rettiliane e le affilate unghie nere, non poteva che trattarsi di un demone. Non uno che lei conoscesse, probabilmente, solo un guerriero più coraggioso degli altri che, come ricordò solo in quel momento, l'aveva afferrata dalla divisa Lunapiena ed era stato quindi teletrasportato con lei.

Nel libro delle tre specie, che Jocelyn aveva letto per essere sicura di conoscere a memoria ogni caratteristica utile, aveva trovato una curiosità secondo la quale un demone solitario non era pericoloso come invece avrebbero potuto rivelarsi dei gruppi da tre o anche sei membri, ma il problema sopraggiungeva quando a compiere la prima mossa era lui.

I possenti muscoli del guerriero avrebbero impiegato poco tempo a strangolare o rompere il collo dell'Anima di Lupo, che tentava invano di chiamare aiuto.

Le sue labbra si muovevano con fatica, ma nessun suono proveniva dalle corde vocali e nessun fiato dai polmoni vuoti.

Il demone le rise in faccia, insultandola in qualche strano dialetto del Regno Carminio e poi prendendosi gioco di lei e della sua morte.

Joy era convinta che non sarebbe scampata al fato anche quella volta, ma non si arrese. Trovandosi in ginocchio tentò una capriola in avanti, facendo leva con i piedi contro quelli del nemico e costringendolo a rotolare con lei.

L'avversario finì così con lo stomaco rivolto verso l'alto e Joy si liberò dalla sua presa, assestandogli una gomitata sul naso per prendere qualche secondo di vantaggio mentre lui urlava e si rialzava.

Con tre falcate cercò di allontanarsi dal portale per non attirarvi sopra l'attenzione in quanto, se il demone fosse stato più furbo, avrebbe potuto essere rubato anziché conquistato tramite una lotta.

Joy sentì lo scricchiolio delle proprie ossa doloranti ma fu lieta di scoprire di non essersi rotta nulla. Si preparò al secondo round in posizione difensiva. Appoggiò le mani a terra e cercò di assumere le sembianze della forma ferale. Non accadde nulla. Riprovò, e questa volta sentì a stento i capelli crescerle, ma ritornare subito dopo alla loro lunghezza naturale, a circa metà della schiena. Tentò altre tre volte, senza esiti positivi. L'ululato, la fuga, la rabbia e il trauma di così tanta morte l'avevano scossa al punto di prosciugarla delle sue energie. Tutto ciò che poteva fare era affidarsi alla forza dei suoi bicipiti, che di muscoloso avevano poco e nulla in forma umana.

Recitò le ultime preghiere, poi si preparò al peggio mentre il demone disarmato si rialzava e le caricava contro spingendo in avanti le sue grossa corna da toro. L'impatto era inevitabile, a meno che Joy non si fosse spostata verso sinistra, dove avrebbe potuto infilarsi in una breccia da tre alberi alti e stretti, magari arrampicandosi sui rami più bassi.

Infatti, quando il nemico cornuto fu ad una distanza quasi inesistente da lei, agì come pensato e si strinse al tronco.

Il demone non se ne accorse e continuò a rigare dritto ma di fronte a lui si accesero due luci azzurre.

Gli occhi cobalto chiaro della leader si aprirono di scatto e l'enorme lycan corvina saltò alle spalle dell'intruso, che non ebbe tempo di contrattaccare. Dream lo afferrò dalle spalle serrando le fauci. Lo trascinò verso il centro della radura mentre Jocelyn, ringraziando mentalmente la sua mentore, che per l'ennesima volta le aveva salvato la vita, usciva dalla macchia erbosa per assistere alla disfatta dell'aggressore.

Questo venne sballottato a destra e a manca ed infine Dream roteò su se stessa lasciandolo andare una volta raggiunta una velocità abbastanza elevata.

Il demone, adesso ancor più verde del normale a causa della nausea, colpì un tronco d'albero in pieno viso.

L'Alpha ignorò la testa che le girava e si avvicinò lentamente al nemico, che tra un insulto e l'altro aveva anche cominciato ad invocare la misericordia della donna.

"Mi spiace per lui", rifletté Joy, "ma Dream non può provare pietà per nessuno, non adesso soprattutto".

Infatti pochi secondi dopo il corpo del demone ormai morto toccò il terreno mentre un intero fiume di sangue, avvelenato dall'odore insostenibile per il quale erano note le tossine vampiriche, scorreva rapido lungo la sua gola.

Dream si trasformò in umana e raggiunse Joy.

«Stai bene?», le domandò con completa assenza di una qualsiasi emozione o segno di stanchezza.

«Più o meno...», rispose insicura Jocelyn. «Di certo starò meglio quando attraverseremo l'arco di entrata con sopra le nostre bandiere e quando potrò rilassarmi nell'acqua del fiume e poi tra le mie pellicce, al dormitorio», sospirò nostalgica.

L'Alpha aggrottò la fronte. «Rischiavi di non arrivarci viva, al campo. Per fortuna ero nei paraggi».

«Già. A proposito, come hai fatto ad arrivare qui tanto velocemente, se posso chiedere?», volle sapere la ragazza più giovane.

La leader alzò il viso. «Non sono ancora tornata al Branco. Ero sicura che qualcuno si sarebbe disperso qui fuori, e ovviamente avevo ragione...», sbuffò. «Ad ogni modo, in sostanza ho scelto di teletrasportarmi alla radura più ad est di questa, quella vicina allo stagno delle rane», spiegò in breve, «Non vedo perché ti debba interessare ormai. Il demone che ha cercato di ucciderti è morto e adesso dobbiamo tornare al Branco, se a breve non vorremmo esserlo anche noi», consigliò.

Joy annuì ubbidiente. «Fai strada», le chiese con gentilezza.

Dream non se lo fece ripetere due volte. Filò dritta in mezzo agli arbusti, a cercare il portale con Joy a seguito, correndo verso una sola direzione: quella di casa.

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