La moglie [4]

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La mattina dopo il cielo era di nuovo rosso. Jason camminava per le strade di un quartiere povero del Regno, osservando tutto quel rosso con aria infastidita e schifata.

Procedeva con passo veloce, al fianco di Al e Silas, che come al solito avanzavano mano nella mano e si scambiavano tenere parole.

«Potrei comprarti una delle collane che abbiamo visto nella vetrina dell'orefice. Ti starebbe benissimo, soprattutto quella con il rubino rosso», propose il ragazzo, pacato e follemente innamorato. Gli occhi di Alois si spalancarono per la gioia.

"Rosso", pensò J nervoso. "Sempre e solo questo maledetto rosso!", si trattenne dall'imprecare. Un tempo era stato il suo colore preferito: indossava magliette rosse, le pareti della sua camera erano rosse, persino le sue torte di compleanno lo erano. Ma adesso quel dannato rosso era ovunque, impossibile da cancellare, caldo ed opprimente. Jason ora odiava il rosso. L'unico modo di non trovarsi più quel fastidioso cielo sulla testa era di trovarsi sotto a un tetto. Guardandosi attorno notò una piccola taverna. Aveva uno stile medievale, come il resto del Regno, e sopra un cartello davanti all'ingresso vi erano incise le parole "Il Rifugio del Fuggiasco", nome della locanda. «Vado a bere qualcosa, ragazzi, voi andate pure avanti. Ci rivedremo all'ora di pranzo», sorride e disse velocemente. Prima ancora di ricevere una risposta si catapultò all'interno del locale.

Una volta entrato capì di essere l'unico cliente lycan. Bulbar aveva distribuito un po' di monete del Regno Carminio ai Branchi, in modo che gli ospiti potessero fare acquisti quando e dove volessero, e ripensandoci Jason si decise a non uscire di lì. Qualche demone gli rivolse uno sguardo, ma nessuno di loro era un guerriero del Clan delle Ossa Rotte, e ciò non lo fece sentire a disagio. Procedette a passo svelto verso il bancone, cullato dalla bassa musica e dalle chiacchierate degli altri clienti. Si sedette proprio mentre una giovane locandiera serviva un bicchiere colmo di liquido chiaro ad un demone. «Estratto di rovospettro con un po' di miele. Non esagerare, Frodhi, questa è roba forte» ridacchiò pulendosi subito le mani con una tovaglia. L'uomo davanti a lei afferrò la bibita e se ne andò ringraziando.

«Rovospettro... ma che diamine è?» imprecò Jason sottovoce. La donna demone lo sentì e gli si avvicinò. Era giovane ma più grande di lui, dai lunghi capelli scuri e gli occhi brillanti. Era molto bella, ma ciò che sorprese J era la sua rara tonalità di pelle: un blu opaco, delicato e soffice.

«Tu devi essere uno dei Lunapiena» gli sorrise. «Ebbene, i rovospettri sono gli alberi che crescono oltre le mura del Regno. Di sicuro li avrai visti. Hanno le fronde rosse ed il tronco completamente bianco. Vengono anche chiamati fantasmi della foresta, o lacrime della Regina», spiegò in attesa della sua ordinazione.

Jason si interessò all'argomento. «Perché proprio lacrime della Regina?», chiese curioso.

La locandiera si bloccò di colpo. La tovaglia quasi le scivolò dalle mani e i suoi occhi si persero per qualche istante nel vuoto. «È un nome vago, dovuto alla Regina, prima moglie di Re Galtur. Il suo nome era Selestial, ed amava suo marito alla follia. Qualche mese fa si è ammalata gravemente ed è morta. Dicono che il suo corpo sia stato seppellito ai piedi di un rovospettro e che le sue lacrime lo abbiano innaffiato fino a farlo crescere prosperoso. Da qui deriva il nome», spiegò. «Una stupida storia, causata da una stupida Regina», commentò infastidita. «Comunque, dato che sembri un ragazzino curioso, ti porto un po' di estratto di rovospettro. Devi assaporarlo almeno una volta nella tua vita. Ha il sapore più dolce che esista. Offre la casa».

Jason annuì e ripensò alla storia di Selestial mentre attendeva il suo estratto. In silenzio, provò ad immaginare il volto della Regina Selestial ed il suo carattere. Era una brava sovrana? Oppure aveva gli stessi modi di suo marito Galtur? E per quale motivo il Re non parlava mai della moglie? Colto dalla curiosità, immaginò che indagare sulla situazione avrebbe potuto aiutarlo. Non sapeva come, ma venne spinto dalla pura e semplice sensazione positiva che il nome della Regina deceduta gli offriva.

Quando la locandiera poggiò il boccale di fronte a lui, l'odore del dolcissimo miele lo riportò alla realtà.

«Bevi», lo invitò lei con un sorriso. J afferrò il bicchiere e lo annusò a fondo. I suoi sensi da lycan gli permisero di trovarne la traccia della linfa di rovospettro, un odore delicato, simile a quello del cocco. Poggiò le labbra rosee sul boccale e sollevò il gomito, iniziando a bere. Il sapore era di una bontà divina, ma anche molto forte. Si sentì pizzicare la lingua e quasi risputò il liquido lì da dove aveva bevuto. Piegò la schiena appoggiando di nuovo i gomiti al tavolo e tossì, mentre l'inaspettato sapore alcolico gli pizzicava la gola e gli occhi.

La donna demone iniziò a ridere e si sedette lì di fronte. «Sei simpatico, ragazzino. Sai, a me fa piacere conoscere meglio i miei clienti. Qual è il tuo nome?», domandò mantenendo quella sua espressione giuliva. Eppure, nascosta sotto quel viso così perfettamente felice, J notò una terribile tristezza, corazzata come se si trattasse di un segreto. Lei, però, gli rifece la domanda notando che il ragazzo ci impiegava un po' a rispondere. Per fortuna, pensò si trattasse del colpo improvviso dell'alcol.

«Mi chiamo Jason White», sputacchiò il ragazzo finendo di tossire. Scosse il capo e sbatté le palpebre simultaneamente per riprendersi. «Posso sapere il tuo?», domandò poi. Non amava presentarsi agli estranei, ma sentiva che la presenza della locandiera aveva un'indefinita importanza.

«Io sono Less», disse alla svelta la donna. Afferrò il boccale vuoto e scomparve oltre il bancone per un attimo.

«Less e basta?», chiese il mago, non capendo.

Less tornò dopo aver servito l'ennesimo cliente. «I demoni non hanno secondi nomi. Il mio nome per intero sarebbe "Less del Regno Carminio", ma preferisco Less e basta», si spiegò in qualche secondo.

Jason, stavolta, annuì comprensivo. «E sentiamo... cosa altro sai dirmi riguardo la Regina Selestial?», domandò.

Less s'irrigidì di nuovo, quasi come un mattone di marmo. «Perché ti interessa così tanto una Regina morta?,» disse a sua volta.

Il lycan odiava quando qualcuno rispondeva ad una sua domanda con un'altra, ma provò a stare al gioco. «Sono sempre stato un ragazzo curioso. Sono nato umano ed una volta che sono stato tramutato in lycan ho conosciuto un lato di questa Terra che fino a due anni fa credevo fosse solo una favola», cominciò. «Ma ora che ho scoperto che tutto ciò è reale voglio conoscere ogni singolo dettaglio nascosto». Improvvisava alla perfezione.

Less si accomodò meglio sullo sgabello. «Come vuoi», mormorò acidamente. «Selestial, la Regina Selestial...», si corresse all'improvviso. «Credeva di essere una brava persona. Era convinta che grazie a lei il Regno Carminio si sarebbe sollevato dalla povertà. Voleva servirsi degli informatori al di fuori del Regno per stipulare una pace con qualcuno. Non le importava che si trattasse di un Branco di licantropi o una colonia di umani. Era pronta a tutto, e Re Galtur s'innamorò delle sue idee. Loro si conoscevano fin da ragazzi e la Regina Selestial lo ammaliò con la sua purezza e le sue idee di pace e libertà. Quello stupido uomo ci cascò come un mulo. Alla fine, la Regina si ammalò, non so bene di cosa, e morì prima di poter fare qualsiasi cosa avesse in mente. Era troppo occupata a credersi un angelo salvatore per pensare alla sua salute. Fine», concluse la donna. Buttò via la tovaglia che ancora stringeva tra le mani. «Come ho detto, una Regina stupida».

Jason piegò la testa. «Era molto diversa da Galtur, quindi. Il popolo la amava?»

«Solo gli sciocchi. Demoni dalla vista offuscata che credevano nelle sue inutili promesse. Credo proprio che se non fosse morta da sola, un giorno o l'altro sarebbe scoppiata una rivolta contro di lei. Non sarebbe mai riuscita a convincere qualcuno di esterno a salvarci da questa prigione rossa», commentò lei.

Il ragazzo capì come si potesse sentire: esattamente come lui. In trappola, circondati da una specie di gigantesca cupola rossa. Un mondo grande all'incirca come una città e nessuna speranza di salvezza. Mentre ci pensava, alzò gli occhi a guardare un curioso orologio a pendolo, che scoccò le undici di mattina. Jason era seduto al bancone da un bel po' di tempo, per cui si alzò di scatto e salutò Less, ripromettendosi di tornare alla locanda.

Quella donna lo incuriosiva, non tanto per il suo essere quanto per il suo lato nascosto. Era misteriosa e riservata, lo capì dal momento in cui si era quasi rifiutata di narrare la storia di Selestial. Eppure, Less sapeva molte cose su di lei. Che l'avesse conosciuta bene? Magari era una sua coetanea, o persino una sua vecchia amica. Per saperlo, però, Jason pensò fosse meglio chiedere prima l'aiuto di una speciale compagna di avventure.

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