Le sorelle [3]

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Jocelyn gli rivolse la sua attenzione.

«Ne sei sicuro? Per quale motivo un Re si lascerebbe dipingere insieme ad una comune locandiera? Devi esserti sbagliato», ipotizzò.

«Guarda tu stessa», la spronò lui. Alzò il quadro tra le mani, fino a raggiungere gli occhi di Joy. Lei studiò attentamente la figura e notò che J non si sbagliava. Conosceva bene i lineamenti del viso di Galtur, non li avrebbe confusi con nessun altro, così come quelli di Less. Il suo dito si poggiò sulla tela nel punto in cui era stata raffigurata la testa della locandiera.

«Indossa... una corona?», domandò aggrottando le sopracciglia. «Che diamine ci fa una corona sulla sua testa?».

«Ehm... Joy?», la chiamò J, che si era allontanato di qualche passo. Quando lei lo guardò lo vide inginocchiarsi di nuovo a terra, sollevare ancora il telo e prendere qualcosa da sotto di esso. Quando tornò in piedi e si girò in sua direzione, stringeva tra le mani un diadema argenteo con pietre preziose incastonate sui bordi delle punte, di colore rosa acceso. «Parli forse di questa?».

Quella corona era la stessa che Joy aveva visto nel quadro. All'improvviso, capì.

«J... noi non abbiamo mai lavorato per alcuna Less», sussurrò incredula. «Lei in realtà è Selestial! La Regina Selestial!». Stando a palazzo aveva sentito la sua storia e credeva che la conoscesse anche lui.

«Lo era», la corresse lui rigirandosi la corona tra le dita. I suoi sospetti, infine, si erano mostrati fondati ed esatti. «Ma se tutti dicono che la Regina morì mesi fa... come sono andate realmente le cose?». Le sue dita si strinsero attorno alla cornice, percorrendo le decorazioni incavate nel'oro.

Joy non sapeva cosa rispondere. «Dev'esserci un motivo se Less... Selestial, si è rintanata qui». E questo spiegava anche il nome della locanda, "il Rifugio del Fuggiasco", e il simbolo della corona spezzata sul cartello all'ingresso. «Adesso posa quell'affare, rischiamo di finire nei guai!».

Un secco colpo di legno e metallo li fece tremare e balzare in piedi. Entrambi nascosero i cimeli dietro la schiena. I barattoli erano ai loro piedi. Less era in piedi, all'ingresso della dispensa, la porta era spalancata e la sua mano ancora poggiata sulla maniglia fredda e ricurva. Jason era scosso: era convinto di aver chiuso bene a chiave ma probabilmente la serratura era rotta e smussata, così come qualsiasi altra cosa in quella porta eccetto i ganci di ferro portanti.

«Si può sapere quanto diamine ci mettete?», sbuffò picchiettando la punta di uno dei piedi a terra. «E chi di voi ha cercato di chiudere la porta? Inutile chiedere il perché, credo di averlo già capito, ma ricordatevi che state lavorando».

«N-non è affatto come pensi tu», si affrettò a dire Jocelyn.

«Già», Jason le resse il gioco, sperando che grazie alla penombra il rossore sulle sue guance non si notasse. «Sono scivolato mentre scendevo, devo aver girato la chiave nel tentativo di reggermi in piedi».

Less alzò un sopracciglio. «Ah davvero? Sentite, ragazzi, a dire la verità non m'importa proprio nulla di quello che state facendo. Quel vostro amico al piano di sopra ha detto che gli sembrava strano non vedervi fare ritorno e allora ho deciso di venirvi a cercare», spiegò. «Dimenticavo, un tale di nome Leonel si è presentato alla porta. Fuori piove da un po' e ha deciso di riportarvi al castello, credo sia uno degli Alpha e si è messo a parlare una lingua strana con il giovanotto in divisa, non posso trattenervi qui oltre, i temporali del Regno Carminio sanno essere spaventosi e non vorrei mai che la futura moglie del Re si bagnasse i capelli...», disse con evidente astio.

I due lycan si scambiarono delle occhiate sfuggenti. Non potevano muoversi, né piegarsi a prendere il miele. Erano in trappola.

«Ci vuole molto? E poi che avete lì dietro la schiena? Accidenti, vi avevo detto di non mettervi a...», si fermò quando vide il riflesso argenteo di una delle punte del diadema brillare alla luce del fuoco, «...curiosare», terminò incredula.

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