Il litigio [2]

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Mentre ci pensava, Joy raggiunse la mensa. Le porte erano aperte, anche quelle sul retro della struttura, e la gente ci entrava e ne usciva facendo un gran fracasso. Quando provò a entrare, però, Jocelyn urtò qualcuno con una spalla e balzò indietro, pronta a chiedere scusa.

«Mi dispiace», disse all'unisono con un'altra persona.

Arrossì quando si ritrovò di fronte un ragazzo pallido, dal viso ovale e i capelli castano chiaro, quasi biondi, lisci e corti, sistemati ai lati del viso. I suoi occhi celesti incontrarono quelli ambrati di Jocelyn e il ragazzo sorrise, curvando le labbra sottili e rosee verso l'alto.

«Prima le signore», mormorò timidamente.

Jocelyn rimase imbambolata a guardarlo, poi annuì con un sorriso sghembo. «Gra... Grazie», rispose con una vocina acuta e se ne vergognò moltissimo. Fece tre passi e si ritrovò all'interno della mensa. Mentre stava per andarsene, il ragazzo alle sue spalle si schiarì la voce.

«Scusami se ti disturbo», la chiamò con una voce preoccupata. Temeva di certo di poter annoiare la ragazza e non voleva dare una cattiva impressione di sé.

«Sì?», rispose Joy. La sua voce fu appena percepibile, come un soffio nell'aria.

Il ragazzo dagli occhi celesti, che sembrava avere la sua stessa età, si massaggiò il collo e abbassò lo sguardo. «Ecco... io... sono dei Ghiaccionero e... ah, ma questo già lo sai. Ehm, volevo dire che...». Il giovanotto iniziò a balbettare qualche parola incomprensibile, poi alzò gli occhi e prese un lungo respiro. «Non so in quale tavolo io debba sedermi, questa mensa sembra così grande», disse tutto di un fiato.

Jocelyn lo trovò adorabile. Aveva una voce dolce e un viso da bambino, ma era alto e indossava la divisa con i colori del suo Branco: il nero e l'azzurro chiarissimo, appunto il colore del ghiaccio, lo stesso degli occhi del ragazzo. Sul petto, proprio nel punto in cui si trova il cuore, era ricamato lo stemma di un fiocco di neve a sei punte, ognuna con tre ramificazioni più piccole.

Quando si rese conto di star osservando il petto del ragazzo, il che la guardava abbastanza confuso, rialzò subito gli occhi e sorrise, rossa in viso. «Oh, ehm... puoi sederti accanto a me, se vuoi», rispose senza riflettere. In quel momento, avrebbe voluto che Alois fosse accanto a lei, così che le avesse tirato un ceffone giusto sul naso. «Intendevo dire, accanto a me e ai miei amici», si corresse, cercando di salvarsi all'ultimo secondo.

Si calmò quando sul viso del ragazzo sconosciuto spuntò un piccolo sorriso. «Grazie mille! Credi ci sia spazio anche per mia sorella?», domandò guardando i tavoli che iniziavano a riempirsi.

«Certamente, ma dobbiamo sbrigarci», rispose Joy indicando la sala con un gesto della testa. Si diresse verso il tavolo dei guerrieri senza parlare o voltarsi indietro. Quando lo raggiunse e si girò verso il ragazzo che la stava seguendo, lo trovò incantato, con lo sguardo rivolto al maestoso trono dell'Alpha. Era quello originale, una delle poche cose che erano state recuperate dal vecchio campo, poi distrutto dai draculiani. Le sue decorazioni e le pelli che lo ricoprivano davano l'impressione che fosse il trono di una vera e propria regina. I Lunapiena si erano presi la briga di crearne uno uguale, ma in pelle di lepri bianche, destinato a Leonel, che era stato sistemato temporaneamente accanto a quello di Dream, e uno più piccolo e interamente di legno, sul quale avrebbe preso posto Tatiana.

«Voi Lunapiena siete ottimi artigiani», si complimentò il ragazzo, staccando gli occhi dal trono.

Joy si morse un labbro. «Ti ringrazio, ma quel trono è stato costruito molti anni fa, prima che io diventassi una lycan», spiegò attentamente.

«Quindi non sei nata lycan?», domandò curioso lui.

Jocelyn scosse il capo, imbarazzata. «No... sono stata tramutata quando avevo circa quindici anni. E adesso, eccomi qua», sospirò.

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