La corona spezzata [4]

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Dream si era trattenuta poco a cena, mangiando solo l'indispensabile, così come Leonel. Entrambi, seguiti da Tatiana e naturalmente dall'infante Viktor, erano dovuti correre via a causa di alcuni importantissimi impegni di lavoro. Nessuno sapeva di cosa stessero parlando, eccetto Joy.

Lei li vide allontanarsi ed uscire dalla sala prima ancora che fossero serviti i secondi piatti, come d'altronde si aspettava che facessero. La cena fu lunga e noiosa e molte persone si avvicinarono al tavolo del Re per complimentarsi con lui e con la sua promessa sposa per aver anticipato il matrimonio. Lei avrebbe voluto tornare ad essere una gigantesca lupa rossastra solo per poter strappare via quei luridi sorrisi dalla faccia di ogni ospite, un morso dopo l'altro, sfregiando volti e accecando chiunque le stringesse la mano e la strattonasse per farle le proprie congratulazioni.

Galtur, d'altro canto, era piuttosto felice e discorreva dei preparativi: aveva ordinato ai migliori sarti della città di confezionare l'abito per il matrimonio di Jocelyn, e informato i pasticceri di quale preziosa ricompensa avrebbero ricevuto se avessero creato la più sontuosa torta del Regno, con tanto di banchetto.

Continuò a chiacchierare con demoni che conosceva da una vita, ma Joy restava in silenzio, limitandosi ad annuire, a sussurrare qualche "grazie" e a fingere un sorriso dopo l'altro, neanche preoccupandosi di farli sembrare anche solo un poco reali e non palesemente costretti.

Al termine dell'ennesima cena, si alzò in un vortice di gonne, appartenenti al vestito senza maniche della ragazza con la scollatura a cuore, di un colore bianco con sopra tinti i simboli tipici del Regno Carminio in rosso e blu: una coppia di corna, una corona, la punta a freccia delle code dei demoni... il tutto si accompagnava ai lunghissimi guanti semitrasparenti di tessuto nero, che si era tirata fino a sopra il gomito subito dopo aver fatto un bagno veloce. Raggiunse di fretta il corridoio con la scusa di non voler consumare il suo dolce a causa di un dolore di stomaco improvviso, e si ritirò nelle sue stanze. I corridoi erano spettrali, vuoti e dalle torce spente.

Per circa due volte, in preda all'angoscia, smarrì la strada corretta e per due volte dovette ripercorrere la stessa rampa di scale che portava alla torre. Aveva con sé la chiave, per cui aprì la porta e si fiondò all'interno, chiudendosi nella camera da letto consapevole che per quella notte avrebbe dormito da sola. Accese il camino e prontamente si mise a cercare il foglietto che quella mattina l'Alpha le aveva lasciato. Ci volle almeno un quarto d'ora per trovarlo, ma lo vide accartocciato e gettato in un angolino vicino al bagno. Doveva trattarsi di sicuro dell'opera di una qualche cameriera mandata dal Re per servire come spia. Una spia poco furba, che non aveva pensato a sbarazzarsi del messaggio come invece lei stava facendo in quel momento. Senza riaprire il pezzo di carta, lo lanciò tra le fiamme e allungò le mani verso di esse per riscaldarsi. Sospirò di sollievo, finalmente capace di restare un po' da sola con se stessa. O almeno così credeva...

«Joy?». Il fuoco si ravvivò, ingrandendosi quasi di sua spontanea volontà. Da quel gesto, la ragazza capì chi si trovava nel corridoio ancor prima di udirne la voce.
Si alzò e andò ad aprire.

Jason sembrava provato dalla giornata lavorativa quasi quanto lei e aveva il fiatone.

«Che ci fai qui?», chiese lei, aggrottando le sopracciglia. Sapeva che mostrandosi sua amica lo avrebbe messo in pericolo e, anche se in quel momento erano da soli, aveva sempre l'impressione che Hope la stesse osservando, ovunque.

J poggiò amichevolmente una mano sulla maniglia della porta e un gomito alla parete. Le lingue di fuoco nel caminetto riflettevano nei suoi occhi, facendoli sembrare di un rosso accesso quasi malvagio, ma lui era il solito simpatico e testardo Jason White, il combinaguai, e di cattivo aveva poco e nulla.

«Perché credi che abbia fatto tutte quelle scale?», tossì frettoloso. «Volevo parlarti», rivelò dopo.

Joy barcollò. Non gli avrebbe parlato. Non dopo quello che le aveva detto Alois. Non dopo l'avvertimento lanciatole da Hope. Allungò un braccio, scostò la mano di J dalla maniglia e poi lo spinse indietro.

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